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- 27 - La Confessione - Episodio 0: Così la Chiesa italiana insabbia gli abusi
l 5 marzo 2024 don Giuseppe Rugolo è stato condannato a 4 anni e 6 mesi in primo grado, dal tribunale di Enna. Da quasi due anni, con i miei colleghi Giorgio Meletti e Federica Tourn, seguiamo questa storia solo all’apprenza periferica. La consideriamo così importante da averci dedicato un podcast in sette puntate, La Confessione, di cui qui potete sentire un teaser, che inquadra la vicenda e presenta i fatti. Perché quella singola vicenda è come un frattale, replica in piccolo tutto il sistema di coperture e insabbiamenti che ha finora impedito che in Italia scoppiasse lo scandalo degli abusi nella Chiesa. Perché soltanto in Italia non è ancora scoppiato il caso degli abusi nella Chiesa cattolica? Perché il sistema di copertura degli abusatori è ancora in piedi ed efficace, coinvolge decine e decine di preti e vescovi ed è tacitamente approvato da papa Francesco. Il podcast La Confessione ricostruisce come la Chiesa italiana silenzia le denunce delle vittime, copre i preti sotto accusa e nasconde lo scandalo. E sono loro, i preti, a raccontarlo. “Ho insabbiato questa storia”, dice il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, intercettato al telefono mentre parla con don Giuseppe Rugolo, condannato a 4 anni e 6 mesi per violenza sessuale in primo grado a Enna martedì 5 marzo. Per la prima volta possiamo ascoltare direttamente i protagonisti di una vicenda di abusi spiegare come funziona il sistema per insabbiare e depistare, come si usano le risorse della Chiesa per tacitare le vittime e lasciare gli abusatori impuniti. Secondo Gisana, le accuse di violenza sessuale per Rugolo sono un dono di Dio, “per diventare santo”. Antonio Messina è un ragazzo di Enna che per anni è stato abusato da don Rugolo, fin da quando era minorenne. Nel 2014 inizia a chiedere giustizia alle strutture ecclesiastiche, dieci anni dopo arriva la sentenza della magistratura ordinaria. Grazie alla sua denuncia, sono emersi i documenti audio su cui si basa questo podcast: intercettazioni telefoniche e dialoghi registrati dai protagonisti all’insaputa l’uno dell’altro. Sulla newsletter Appunti troverete approfondimenti e commenti ai temi trattati nel podcast. Per sostenere il progetto della Confessione, seguite il podcast e cliccate sulla campanella, per essere informati sui prossimi episodi. La Confessione è un podcast di giornalismo investigativo in 7 puntate disponibile su Spotify e tutte le principali piattaforme Autori: Stefano Feltri Giorgio Meletti Federica Tourn Con la collaborazione di Carmelo Rosa Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati Produzione: Il podcast La Confessione è possibile grazie al sostegno degli abbonati alla newsletter Appunti Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Tue, 12 Mar 2024 - 26 - Appunti di Geopolitica: Dopo l'egemonia americana
In questo quarto episodio degli Appunti di Geopolitica con Manlio Graziano arriviamo all’attualità, dopo essere partiti da lontano, dalla pace di Vestfalia nel 1648. Abbiamo raccontato come si muova il pendolo dall’ordine al disordine mondiale, come lo sviluppo ineguale dei paesi e delle aree generi tensioni che mettono in discussione le egemonie consolidate. Mentre qualcuno declina, qualcun’altro ascende e ambisce a prenderne il posto. E questo succede sempre, non c’è alcun momento che possiamo classificare come stasi. E quindi è ora di discutere della crisi dell’egemonia americana, di come questo percorso sia avviato su una traiettoria ben riconoscibile e senza ritorno, ma non lineare. Se la crisi in Medio Oriente rende evidente il caos seguito al progressivo ritiro di Washington dall’area, la guerra in Ucraina ha dato l’illusione che i pilastri dell’ordine mondiale americano fossero ancora in piedi - la garanzia di sicurezza all’Europa, la contrapposizione con la Russia - ma gli Stati Uniti non riescono più a reggere il loro ruolo. E dopo la fine dell’egemonia Usa, che cosa ci aspetta? Per saperne di più c'è la newsletter Appunti e il libro di Manlio Graziano Disordine mondiale (Mondadori) Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Wed, 14 Feb 2024 - 25 - Appunti di Geopolitica: Come spartirsi il mondo
L’ordine di Yalta è la sanzione della vittoria assoluta degli Stati Uniti sui suoi competitori. È un passaggio storico fondamentale.La Seconda guerra mondiale per gli Stati Uniti è stata in realtà composta da due guerre mondiali, con alleati diversi.C’è una guerra in Europa in cui l’Unione sovietica è alleata e cobelligerante, e c’è una guerra in Asia in cui l’Unione Sovietica non è cobelligerante.Quello che è successo nella Seconda guerra mondiale è un inedito assoluto nel corso della storia: si è affermato un paese in grado di sconfiggere tutti i suoi competitori, e quando dico tutti i suoi competitori non mi riferisco soltanto alla Germania e al Giappone, ma anche alla Gran Bretagna, che era il competitore principale.Nel terzo episodio di questo ciclo di Appunti di geopolitica, con Manlio Graziano approfondiamo l'interpretazione degli eventi seguiti alla Seconda guerra mondiale. La spartizione del mondo tra Stati Uniti e Russia e la costruzione dell'ideologia della Guerra fredda. Per saperne di più c'è la newsletter Appunti e il libro di Manlio Graziano Disordine mondiale (Mondadori) Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Sun, 04 Feb 2024 - 24 - Appunti di Geopolitica: La guerra è inevitabile?
Tutta la politica internazionale si può leggere come una competizione per l’egemonia: la potenza in ascesa contende la posizione di primazia all’egemone, che prova a difendersi. Chi è al vertice è destinato a cadere, e di solito il passaggio da un egemone all’altro passa attraverso guerre sanguinose. L’ordine mondiale è dunque un’illusione, è soltanto la parentesi in attesa della prossima guerra? La guerra è inevitabile? Questo è l’argomento del secondo episodio di Appunti di Geopolitica, il podcast con Manlio Graziano. E’ una serie di quattro episodi, se volete che continui, potete suggerire argomenti o modifiche a appunti@substack.com Manlio Graziano vive a Parigi, dove insegna Geopolitica e Geopolitica delle religioni alla Paris School of International Affairs di SciencesPo e alla Sorbona. Dirige il Nicholas Spykman International Center for Geopolitical Analysis, scrive su «Limes», «Gnosis» e il «Corriere della Sera» e collabora regolarmente con «International Affairs Forum». Il suo ultimo libro è Disordine mondiale (Mondadori) che è diventato lo spunto per la serie di podcast Appunti di Geopolitica. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Sat, 27 Jan 2024 - 23 - Appunti di Geopolitica: Dall’ordine al disordine
Inizia con questo primo episodio un ciclo di quattro puntate di Appunti di Geopolitica: con Manlio Graziano seguiamo il filo del ragionamento sviluppato nel nuovo libro di Manlio Disordine mondiale, in uscita il 23 gennaio per Mondadori. Partiamo dalla pace di Vestfalia del 1648 con la nascita dell’idea di Stato moderno, per esplorare la grande tensione al centro delle relazioni internazionali e, più in generale, della politica: ogni Stato che è in condizione di farlo, cerca di conquistare il ruolo di potenza egemonica, ma quando ci riesce mette le basi per la propria caduta, cioè per essere sostituito da un nuovo egemone che a sua volta seguirà la stessa traiettoria.La geopolitica è la disciplina analitica che permette di seguire questo pendolo tra ordine e disordine, capire in quale momento della sua oscillazione ci troviamo e adottare così i comportamenti coerenti con la minimizzazione del danno. Senza essere velleitari, senza condannarsi alla sconfitta.In queste puntate non troverete il commento all’attualità, a volte vi sembrerà che prenderemo la discussione un po’ alla lontana, ma se seguite il ragionamento vi accorgerete che bisogna per capire le tensioni tra Cina e Taiwan, la guerra di Gaza, le mosse di Vladimir Putin sull’Ucraina bisogna infilare gli occhiali giusti, quelli che consentono di vedere le trame profonde, le leggi quasi universali che incrociano la storia con la filosofia e con la strategia. Ogni puntata del podcast è accompagnata da un numero della newsletter Appunti che contiene una versione condensata ed editata della conversazione tra Manlio Graziano e me, per consentire anche a chi non ha tempo di ascoltare il podcast di farsi un’idea, e permettere a chi ha ascoltato di ritrovare e fissare meglio i concetti fondamentali. Manlio Graziano vive a Parigi, dove insegna Geopolitica e Geopolitica delle religioni alla Paris School of International Affairs di SciencesPo e alla Sorbona. Dirige il Nicholas Spykman International Center for Geopolitical Analysis, scrive su «Limes», «Gnosis» e il «Corriere della Sera» e collabora regolarmente con «International Affairs Forum». Il suo ultimo libro è Disordine mondiale (Mondadori) che è diventato lo spunto per la serie di podcast Appunti di Geopolitica. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Sat, 20 Jan 2024 - 22 - COP28 - L'inizio della fine per le fonti fossili e il futuro del clima - con Cinzia Bianco
Tutto faceva pensare che la Cop28 negli Emirati arabi sarebbe stata un disastro, anche perché era presieduta da un petroliere, Sultan Al-Jaber. E invece il risultato finale è stato accolto un po' da tutti come una sorpresa soprattutto perché per la prima volta nel testo dell'accordo finale si parla dell'abbandono delle fonti fossili.Le questioni climatiche sono facili in via di principio, ma sono difficilissime da interpretare quando si scende poi nel dettaglio negoziale.Però per fortuna possiamo contare sull'analisi di Cinzia Bianco, di rientro da Dubai. Cinzia Bianco è un’analista dello European Council on Foreign Relations, è un'esperta dei Paesi del Golfo e in quanto esperta dei Paesi del Golfo è diventata anche un'esperta di negoziati climatici dai quali il futuro dei Paesi del Golfo dipende e in questi giorni ha seguito la COP28 a Dubai."La soluzione che si è trovata è ovviamente un compromesso che lascia una sorta di flessibilità, perché lascia la libertà di adattare ad ogni singolo paese i criteri ed i contesti ma la percezione prevalente ora è che è iniziata la fine dell'era fossile, ed è questo che conta veramente perché questa percezione ha un impatto diretto su dove i grandi investitori per mettono i loro capitali"Per leggere analisi e commenti, potete iscrivervi alla newsletter Appunti Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Thu, 14 Dec 2023 - 21 - Il caso Giulia Cecchettin: Cosa c'è nella testa degli uomini violenti? Con Cristina Oddone
Per la prima volta da molto tempo, la questione è in cima all’agenda della discussione pubblica e della politica. Ma in questo caso la politica arriva dopo la società. E’ l’effetto del femminicidio di Giulia Cecchettin.Ci sono molte ragioni per cui questo omicidio non ha lasciato indifferenti come i tanti altri che l’hanno preceduto e già seguito.A mio parere la principale è che ha riproposto la questione come divisiva, problematica, dopo che era stata normalizzata dalle tante diluizioni simboliche.Quando qualcosa arriva a Sanremo - vedi Chiara Ferragni e il suo abito “Pensati libera” - significa che è diventato innocuo. La morte di Giulia Cecchettin, invece, ha ricordato che la violenza di genere non è un argomento di discussione come gli altri. E che molte delle semplificazioni non reggono. Se il femminicidio è un retaggio e la manifestazione più tragica della cultura patriarcale, perché giovani uomini cresciuti in una società molto più paritaria di quella dei loro genitori ne sembrano rinnovati interpreti? Ho cercato di capirne di più in una conversazione con Cristina Oddone, sociologa, ricercatrice e docente all’Università di Strasburgo, che ha studiato a lungo il fenomeno della violenza maschile. Sia nella sua cornice interpretativa, che nelle sue dinamiche concrete: ha condotto ricerche etnografiche con lunghe interviste a uomini violenti nei centri di assistenza, sia in Italia che in Francia. Ne ha scritto in un libro importante,Uomini normali (Rosenberg & Sellers). Se sono uomini normali, non mostri, non geneticamente diversi, quelli che finiscono per interpretare in modo violento il contesto sociale nel quale sono cresciuti e gli squilibri di genere che lo caratterizzano, allora siamo tutti femminicidi in potenza? Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Fri, 24 Nov 2023 - 20 - Dall'Ucraina a Gaza: le fratture della guerra estesa - con Gilles Gressani
“Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice - salve ragazzi, com’è l’acqua? - i due pesci giovano nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: - Che cavolo è l’acqua”?. Si apre con questa parabola, una citazione dallo scrittore David Foster Wallace, il primo volume italiano della più interessante rivista di riflessioni su cose internazionali in circolazione, cioè Il Grand Continent, diretto da Gilles Gressani che firma l’introduzione assieme a Mathéo Malik. Ho intervistato Gilles Gressani per il podcast di Appunti e nella seconda parte della conversazione racconta anche in sintesi l’esperimento del Grand Continent: una rivista di riflessione e analisi europea, nata in Francia ma disponibile anche in altre lingue, italiano incluso, per stare nei dibattiti nazionali invece che soltanto nella bolla di chi legge l’inglese o in quella - ancora più piccola e autoreferenziale - di chi parla di Europa da Bruxelles e con il gergo delle istituzioni europee. In questo momento il dibattito delle idee potrebbe sembrare un lusso che non possiamo permetterci: l’acqua in cui noi, pesci occidentali, nuotavamo senza pensarci troppo si è prosciugata. Il mare di quella approssimazione della pace che ha reso possibile la nostra prosperità nel lungo Dopoguerra protetto dalla potenza militare americana si è aperto lasciandoci intravedere cosa c’è sotto.Non la sicurezza del fondale, ma l’asperità minacciosa di scogli aguzzi e impietosi, gli scogli della guerra, della violenza, della necessità di sopravvivenza. Per fare una analogia finanziaria, l’Ucraina è stato il fallimento di Bear Stearns, Hamas e Israele sono stati Lehman Brothers. La crisi di sistema era già evidente al primo terremoto, ma è con il secondo - anche se più circoscritto - che cambia la percezione complessiva, che si passa dal timore al panico e - forse - alla risposta. Magari alla soluzione. Per questo servono le idee. Nella teoria delle relazioni internazionali le idee contano ancor più che in economia. Oggi prevale l’uso della parola “geopolitica” per spiegare i rapporti tra stati e popoli, ma la geopolitica è una specie di vincolo esterno alle azioni dei singoli che devono confrontarsi con il peso della storia e le implicazioni del contesto geografico, sociale, economico. All’interno di quel perimetro geopolitico, però, rimane lo spazio per agire. Se gli obiettivi sono chiari e i mezzi coerenti. Per seguire Appunti: https://appunti.substack.com/ Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Fri, 17 Nov 2023 - 19 - Da Gaza al Libano: la guerra di Hezbollah e Nasrallah - con Riccardo Cristiano
Il rischio è che la guerra di Gaza diventi regionale, con il coinvolgimento dell’Iran o delle sue emanazioni. A quel punto forse Netanyahu riuscirebbe a rimanere al potere - perché non si cambia governo in piena guerra - ma il presidente americano Joe Biden faticherebbe ancora di più a evitare catastrofi. Il 3 novembre ha parlato in diretta televisiva il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, con un discorso annunciato da giorni e atteso come quello di un protagonista della nuova geopolitica. E già questo indica che i gruppi dell’islam radicale e terroristico hanno ottenuto il risultato più importante per loro, grazie alla strage del 7 ottobre: tutto il Medio Oriente, e anche il resto del mondo, è appeso alle mosse di Hamas a Gaza e di Hezbollah in Libano. Un discorso molto attento a rispettare l’equilibrio tra esibizioni di potere e necessità di evitare di dimostrarlo. Per capire meglio cosa sta succedendo e come interpretare il discorso di Nasrallah, ho chiesto aiuto a Riccardo Cristiano, che ho conosciuto da poco ma che, grazie alla sua lunga esperienza in Medio Oriente e ai tanti rapport nell’area, soprattutto a Beirut, è la persona più adatta per fare un po’ di chiarezza. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Fri, 03 Nov 2023 - 18 - La guerra totale in Medio Oriente - con Cinzia Bianco
L’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre si è rapidamente trasformato in qualcosa di diverso di una azione terroristica, per quanto la più drammatica nella storia del conflitto israelo-palestinese.Tutti gli attori della regione hanno preso posizione, nessuno può rimanere in disparte perché la strage di Hamas e la successiva reazione di Israele si inseriscono in dinamiche di lungo periodo che negli ultimi anni hanno riconfigurato i rapporti nella regione.Dagli accordi di Abramo con la normalizzazione dei rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Israele al tentativo di replicare lo stesso schema con l’Arabia Saudita che forse ha innescato la reazione di Hamas.Perché dietro Hamas c’è oggi - anche - l’Iran che a sua volta perseguiva il tentativo di stringere i rapporti con lo storico rivale nel mondo islamico, visto che l’Arabia Saudita è il riferimento dell’Islam sunnita e l’Iran di quello sciita.Tra le grandi potenze regionali si sono inseriti, in questi anni, i piccoli paesi del Golfo che sono diventati sempre più influenti, anche per operazioni di soft power di livello globale: il Qatar ha ospitato il mondiale di calcio, gli Emirati avranno il vertice Onu sul clima Cop 28 a fine novembre.Per analizzare le dinamiche complesse di una regione in fermento, ho chiesto aiuto a Cinzia Bianco, che è un’esperta di paesi del Golfo, ha lavorato con la Commissione europea e oggi è visiting fellow allo European Council on Foreign Relations, un think tank concentrato sulle sfide globali dell’Unione europea.Cinzia Bianco ha anche pubblicato da poco, con Matteo Legrenzi, un libro che è una imprescindibile guida al Medio Oriente, molto prezioso in questa fase confusa.Con lei ho discusso di escalation, Iran, Qatar, Arabia Saudita, Emirati e molto altro nel nuovo episodio del podcast Appunti. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 23 Oct 2023 - 17 - Il primo anno di governo di Giorgia Meloni: una storia molto di destra - con Piero Ignazi
mentre siamo tutti concentrati sul Medio Oriente, si avvicina il primo anniversario del governo Meloni, che si è insediato il 22 ottobre 2022.Su Appunti ne parleremo ampiamente, ma intanto vi sottopongo il podcast che ho fatto con Piero Ignazi, professore all’Università di Bologna, tra i politologi italiani più noti che per una lunga parte della sua carriera si è occupato di destra, italiana ed europea. Da poco il Mulino ha ripubblicato il suo fondamentale saggio del 1989 Il polo escluso, una storia della destra italiana dal Movimento sociale italiano a Fratelli d’Italia, con un capitolo conclusivo dedicato a Meloni. Il sottotitolo del libro dice tutto: “La fiamma che non si spegne - da Almirante a Meloni”: Ignazi sottolinea la profonda continuità identitaria con una storia lunga, quella del postfascismo italiano. Meloni, nell’analisi di Ignazi, si ricollega al Msi di Giorgio Almirante e cancella la parentesi di Alleanza nazionale e di Gianfranco Fini, colpevole di aver tradito “l’idea” con progressivi strappi verso il centro, fino a scomparire nell’irrilevanza dopo la rottura con Silvio Berlusconi nel 2010 (qualcuno si ricorda ancora di Futuro e libertà?). In questa traiettoria, è illusorio aspettarsi che Giorgia Meloni ripercorra un percorso di progressiva rinuncia alle asperità delle origini e alla sua matrice chiaramente di destra.Anzi, Fratelli d’Italia è nato proprio per rivendicare la continuità e presidiare una destra che l’allora partito unico voluto da Berlusconi, il Popolo della libertà, lasciava sguarnita.Però è vero pure che l’esperienza di governo trasforma, che il quadro intorno si modifica e richiede adattamenti: la sconfitta degli alleati di Vox in Spagna prima e poi quella del PiS in Polonia nel weekend lasciano Meloni priva di sponde europee sulla destra radicale, mentre la destra istituzionale del Partito popolare europeo ha un disperato bisogno dei suoi voti. Anche per rieleggere la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per un secondo mandato dopo le elezioni europee del 2024. Meloni, che non ha mai incluso nel suo ristretto gruppo dirigente del partito e del governo persone estranee alla tradizione postfascista (tranne Guido Crosetto e Raffaele Fitto), pagherà il prezzo della fedeltà alla propria storia o diventerà la conservatrice moderata che molti auspicano?Dalla risposta a questa domanda dipende molto del destino del paese, e un po’ anche l’identità dell’opposizione Pd-M5s che deve decidere se consolidarsi intorno alla differenza valoriale con la destra di Meloni (e - in sintesi - arroccarsi sull’antifascismo) o se sfidarla sul piano pragmatico delle proposte e dei programmi.Al momento non sta facendo davvero nessuna di queste due cose, con l’eccezione della battaglia sul salario minimo. Leggi Appunti: https://appunti.substack.com/ Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Wed, 18 Oct 2023 - 16 - La nuova guerra di Israele e il destino di Netanyahu - con Davide Lerner
Per anni il premier Benjamin Netanyahu ha costruito il mito della forza di Israele, sia in patria che all’estero. Soprattutto negli anni in cui poteva contare sulla sponda di Donald Trump alla Casa Bianca, Netanyahu ha cercato di cancellare la questione palestinese e l’esplosiva situazione di Gaza come se fosse ormai superata.Invece ora resterà nella storia come il premier che ha dovuto assistere al peggior attacco terroristico di sempre nella storia del paese.Le sue vicende giudiziarie, le accuse per corruzione, e il tentativo di sottomettere l’Alta corte di Israele al primato della politica lo hanno reso un paria nella politica internazionale, bandito dalla Casa Bianca, con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden che non ha voluto riceverlo dopo l’ultimo ritorno al potere.In patria gli era rimasto soltanto l’appoggio dell’ultradestra estremista, all’estero Giorgia Meloni era tra i pochi capi di governo ancora disponibili a incontrarlo e garantirgli legittimazione.Nel contesto della guerra in Ucraina, Netanyahu ha tenuto una posizione di complesso equilibrismo, non ostile a Vladimir Putin.C’è una connessione tra la parabola di Netanyahu e la fragilità del paese, come ha scritto il quotidiano di opposizione Haaretz che ne chiede le dimissioni immediate.Per il momento, però, sembra che Netanyahu guiderà invece un governo di larghe intese assieme a quei partiti che avevano rifiutato ogni alleanza con il premier.I grandi paesi occidentali - dagli Stati Uniti all’Italia - hanno emesso un comunicato di sostegno a Israele privo di ambiguità, che riconosce la legittimità delle rivendicazioni del popolo palestinese ma specifica che Hamas non le rappresenta. Hamas è un gruppo terroristico e come tale Israele deve trattarlo (circola l’incredibile cifra di 1.500 miliziani di Hamas già uccisi dall’esercito israeliano che ha ripreso, dopo tre giorni, il controllo delle cittadine intorno a Gaza).Dalle dinamiche interne alla politica israeliana dipende anche la reazione militare di Israele e quindi la vita di centinaia, forse migliaia, di persone, israeliane e palestinesi.Di tutte queste cose ho parlato con Davide Lerner, giornalista italiano oggi impegnato in un master alla Columbia University di New York, che ha lavorato per anni in Israele, con la tv I24 e Haaretz. Oggi è una delle voci più apprezzate di Radio3.Questo podcast è possibile grazie al sostegno degli abbonati e delle abbonate di Appunti che hanno scelto di contribuire al progetto con una delle nuove formule di abbonamento disponibili. Grazie a tutti e tutte loro. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Tue, 10 Oct 2023 - 15 - Come (non) battere l'inflazione, tra Bce e carrello tricolore - con Francesco Saraceno
Nella riunione di settembre la Banca centrale europea ha portato i tassi di interesse al 4,5 per cento, non sono mai stati così alti nella zona euro. Alzare il costo del denaro e ridurre la quantità di moneta in circolazione è l’approccio base delle banche centrali, a volte è efficace, ma ha molti effetti collaterali: il principale è che mette un freno ai prezzi perché rallenta la crescita economica - mutui e prestiti diventano più costosi - a volte fino alla recessione. Ci sono alternative?E cosa può fare la politica per non lasciare la gestione di una fase così complicata soltanto ai banchieri centrali? Il governo Meloni sta provando a offrire risposte, con risultati fin qui deludenti: esporre il prezzo medio dei carburanti non ha reso benzina e diesel più economici, il tavolo con i produttori di pasta voluto dal ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha prodotto ben poco.Adesso c’è il “carrello tricolore”, ma dietro gli annunci ed i commenti entusiastici degli opinionisti di area c’è ben poco. I titoli sui siti dicono che supermercati e imprese si impegnano a offrire per tre mesi un paniere di beni a prezzo ridotto, riconoscibili da apposito logo tricolore. Ma basta leggere le linee guida per capire che non può funzionare perché è una misura vuota. Non si tratta di prezzi amministrati - che comunque non funzionano, perché finiscono sempre per generare mercati paralleli o offerta insufficiente - ma di una specie di stretta di mano tra imprese e governo. A parte un po’ di pubblicità per i soggetti aderenti - da Coop a Confcommercio alle farmacie - non è ben chiaro quali siano le conseguenze attese di un accordo che dice alle imprese di fare, se vogliono, sconti sui beni che preferiscono o in alternativa di tenere fermi alcuni prezzi, senza neppure ridurli. La questione che c’è dietro questa ennesima iniziativa un po’ abborracciata da parte del governo italiano, però, è di tutta rilevanza: stiamo combattendo l’inflazione nel modo giusto? Francesco Saraceno, economista di Sciences Po che insegna anche alla Luiss, ha appena pubblicato un libro che offre molti spunti di riflessione utili su questo. Il libro si chiama Oltre le banche centrali - Inflazione, disuguaglianza e politica economica (Luiss University Press). Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Wed, 04 Oct 2023 - 14 - Napolitano ha cambiato la politica in meglio o in peggio? - con Andrea Morrone
Lo chiamavano “Re Giorgio”, perché mai un presidente della Repubblica si era stagliato in modo così preminente sui partiti che lo avevano eletto. Giorgio Napolitano è stato molte cose, ma prima e più di tutte un presidente forte.Non abbastanza forte per chi sperava che guidasse i partiti a completare le riforme istituzionali che aveva avviato. Troppo forte per chi, invece, pensa che il ruolo del capo dello Stato sia di garante della Costituzione e del rispetto delle regole, non di indirizzo dell’azione dei partiti e perfino della loro vita interna. Molto è stato scritto in questi giorni dopo la scomparsa, a 98 anni, di Napolitano. Colpisce la difficoltà di arrivare a un giudizio di sintesi. Vengono elencate una serie di caratteristiche di Napolitano - comunista, migliorista, europeista, riformista - ma qual è davvero il bilancio del suo (doppio) mandato da presidente della Repubblica? Ne ho parlato a lungo con Andrea Morrone, costituzionalista dell’Università di Bologna, autore per il Mulino de La Repubblica dei referendum. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Tue, 26 Sep 2023 - 13 - Che succede alla Cina dopo la fine del miracolo economico - con Alessia Amighini
Nel 2019 il governo Conte I decide l’adesione dell’Italia alla più importante iniziativa di politica estera e marketing nazionale della Cina: la Via della Seta, Belt and Road Initiative. Perché? Con quali obiettivi?Non è mai stato molto chiaro, di sicuro le promesse di boom commerciali erano infondate.L’economista Alessia Amighini ha osservato che, anzi, dal punto di vista commerciale l’Italia ci ha soltanto rimesso, se si osservano i flussi bilaterali.A fine 2022 le esportazioni in Cina sono salite di poco rispetto al 2019, da 14,5 miliardi a 18,6 mentre le importazioni sono quasi raddoppiate, da 34,5 miliardi a 65,8 miliardi.Il risultato è che il deficit commerciale dell’Italia verso la Cina è passato da -20,9 miliardi di dollari a -47,3 miliardi.Anche gli investimenti esteri della Cina in Italia sono scesi da 650 milioni nel 2019 a 20 milioni nel 2022.Quindi, la Via della Seta non è servita a niente all’Italia, ma l’accordo è stato comunque importante per la Cina, perché Pechino in questi anni ha potuto annoverare un unico paese del G7 tra i suoi partner diplomatici. Cioè l’Italia.Dal 2019 però il mondo da allora è cambiato e per l’Italia non ha più senso trovarsi allineata con un paese sempre più assertivo in politica internazionale come la Cina, tra l’altro non allineata con Nato, Stati Uniti e Ue nel condannare l’aggressione della Russia all’Ucraina.Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato l’apertura di un’indagine sui sussidi cinesi al mercato delle auto elettriche che si preparano a invadere il mercato europeo. Mentre sia Stati Uniti che Unione europea riducono le esportazioni di microchip verso la Cina, in una guerra fredda tecnologica che ha l’obiettivo dichiarato di rallentare lo sviluppo cinese in campi cruciali come l’intelligenza artificiale.Il governo di Giorgia Meloni ha quindi già annunciato l’imminente disdetta dell’accordo, che è tra Stati e non tra governi, dunque è sopravvissuto al succedersi dei vari esecutivi ma allo scadere di cinque anni bisogna dare conferma o disdetta.Rompere il rapporto fondato sulla Via della Seta non basterà però a isolare l’Italia dalla Cina, perché la fragilità del suo modello di sviluppo è ormai un’incognita per l’intera economia mondiale.Per anni il governo di Pechino e le amministrazioni locali hanno fondato la crescita sa su una bolla immobiliare sostenuta dal debito pubblico. Ma adesso questo miracolo apparente sta finendo. Con conseguenze imprevedibili.Di tutto questo ho parlato nel nuovo episodio del podcast Appunti proprio con Alessia Amighini, la mia esperta di riferimento sulle questioni cinesi. Alessia è un’economista, insegna all’Università del Piemonte Orientale, è co-head dell’Asia Centre e Senior Associate Research Fellow dell’Ispi, insegna anche alla Cattolica di Milano e per il think tank Bruegel cura, tra l’altro, un database aggiornatissimo sui dati economici più rilevanti nei rapporti tra Ue e Cina. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Sun, 17 Sep 2023 - 12 - L'Italia di Willy tra provincia, marginalità e patriarcato - con Christian Raimo
Ci sono storie di cronaca nera che trascendono in un’altra dimensione, nelle quali cerchiamo verità generali. Vale per gli stupri di gruppo di Palermo e Caivano, nell'estate del 2023, e per tante altre precedenti. Come quella di Willy Monteiro Duarte. Willy muore nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, a Colleferro, una cittadina vicino Roma. Lo picchiano a morte alcuni ragazzi, in una rissa da sabato sera degenerata all’improvviso.Segue la solita traiettoria mediatica: cronache piene di dettagli evitabili, foto rubate dai social - sorridente la vittima, truci gli assassini, qualche hashtag di solidarietà e molta sociologia da salotto, quella che porta scrittori ed esperti a pensose considerazioni di carattere generale a proposito di vicende che non conoscono, accadute in posti dove non sono mai stati, e i cui dettagli sono ancora ignoti perfino agli investigatori e ai magistrati. Ogni tanto c’è un’eccezione a questo schema ripetuto e usurante, che consuma una tragedia dopo l’altra, sminuzzandole fino a renderle rumore di fondo.L’eccezione è il podcast Willy - Una storia di ragazzi e il libro omonimo che esce ora per Rizzoli. Il podcast lo firmano Christian Raimo, Teho Teardo, Claudio Morici, Alessandro Coltré e Alberto Nerazzini, per Dersù e Storielibere, il libro è di Christian Raimo con Alessandro Coltré. In questa lunga estate di storie terribili, dove ogni episodio viene preso non come un evento singolo, prodotto di scelte individuali e ambienti sociali specifici, ma come il dettaglio che illumina una verità generale, tanto che stupratori e assassini efferati vengono innalzati al rango di involontari ricercatori sociali. Sono loro che ci dicono la verità su noi stessi (o forse siamo noi che scegliamo i “mostri” come specchio per sentirci migliori, in una competizione che siamo sicuri di vincere).Contestare questo approccio, nell’epoca dei social, sembra spesso impossibile, perché chi non aderisce al linciaggio del cattivo e non pubblica un indignato post a difesa della vittima diventa immediatamente complice.Il rispettoso silenzio - o il diritto a tacere su cose che non si conoscono bene - non è contemplato. Christian Raimo e gli altri co-autori di Willy - Una storia di ragazzi indicano che un altro approccio è possibile. Ascoltare, e raccontare. Rigorosamente in quest'ordine. Ne discuto con Christian Raimo, un gradito ritorno su Appunti. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Tue, 05 Sep 2023 - 11 - Il potere di Putin dopo Prigozhin, con Mara Morini
Il 23 giugno il mondo osserva stupefatto la milizia privata Wagner che inizia quello che sembra un tentativo di golpe e marcia verso Mosca e il Cremlino. Poi, all’improvviso, il capo di Wagner Yevgeny Prigozhin si ferma, grazie anche a una mediazione del dittatore della Bielorussia Alexander Lukashenko.Chi osa sfidare Vladimir Putin di solito non finisce bene, ma l’esplosione in volo dell’aereo di Prigozhin esattamente due mesi dopo arriva comunque come una sorpresa difficile da decodificare: una prova di forza di Putin per avvertire tutti i suoi potenziali nemici? Una messinscena, un finto attentato dopo un finto golpe che serviva solo a dimostrare che il presidente della Federazione russa può ancora schiacciare qualunque ribelle? O un intervento esterno? La politica russa non è mai stata così difficile da decodificare, eppure dall’analisi di quello che succede a Mosca dipendono molte cose importanti, a cominciare dall’atteggiamento dei governi occidentali verso la guerra in Ucraina, specie ora che si torna a parlare di possibili trattative o negoziati.Per cercare di capirci qualcosa in più, ho chiesto aiuto alla mia esperta di Russia di riferimento, Mara Morini, politologa dell’Università di Genova e autrice di La Russia di Putin (Il Mulino).Appunti è stato selezionato per diventare un podcast del network PRIME di Spreaker, la principale piattaforma di diffusione di podcast. Questo implica che Appunti avrà più visibilità sulle varie piattaforme di distribuzione e, speriamo, più pubblicità e di qualità più elevata di quella automatica, cosa che serve a rendere sostenibile una informazione indipendente e gratuita per chi ascolta. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Thu, 31 Aug 2023 - 10 - La bomba, Oppenheimer e la ricerca del "dentro del dentro" - con Stefano Massini
Ancora qui in Italia non abbiamo visto il film di Christopher Nolan di cui tutti parlano, eppure questa del 2023 è l’estate della bomba atomica e di Robert Oppenheimer. Recensioni, analisi, commenti, contrapposizioni con Barbie, rifuggono i nessi con l’attualità.Quasi nessuno evoca il rischio concreto della catastrofe atomica in Ucraina, il cupio dissolvi di Vladimir Putin che potrebbe annichilire ciò che non riesce a conquistare. E pochi sono anche i paralleli, pur legittimi in teoria, con l’ascesa dell’intelligenza artificiale come nuova tecnologia dal potenziale dirompente.E allora perché Oppenheimer? Cosa c’è nella storia del “prometeo americano” - come da titolo del libro cui il film si ispira - che rende impossibile ignorare le tre ore di Nolan?Una possibile risposta sta in un libro uscito in Italia da poco: Manhattan Project, di Stefano Massini, per la collana teatro di Einaudi. Con lo stile che lo ha lanciato in Lehman Trilogy, un po’ monologo un po’ poema epico, Massini racconta il progetto Manhattan come una storia di valigie: valigie piene di ricordi europei traumatici di ebrei ungheresi geniali e in fuga, valigie che Albert Einstein ha disfatto da tempo quando si è insediato a Princeton e che invece Leó Szilárd tiene sempre pronta, come se potesse o dovesse tornare presto. Ifisici del progetto Manhattan lavorano alla bomba atomica per cercare di capire “il dentro del dentro”, sia inteso come atomo, sia in senso psicoanalitico, individuale e collettivo.Vogliono risolvere le proprie equazioni esistenziali, essere accettati in un mondo che non è nuovo, ma l’unico che è rimasto loro dopo il collasso della civiltà europea. Il grande scrittore austriaco Stefan Zweig ha reagito alla fine del “mondo di ieri” con una overdose di barbiturici in Brasile, se l’Europa muore non si può continuare a vivere.I fisici a Los Alamos scelgono di diventare “morte, distruttore di mondi”, secondo la celebre sintesi di Oppenheimer. Massini costruisce un dialogo tra Oppenheimer e la sua fidanzata Jean Tatlock, psichiatra comunista, che salda la ricerca scientifica e quella individuale.“C’è il collasso della funzione d’onda. Ha a che fare col punto di vista di chi osserva: tu fai sempre parte di ciò che guardi”“Quindi non vedi chi sei, ma solo la tua idea di chi sei”Ecco, forse è questo che ci rende impossibile ignorare la storia di Oppenheimer in questa estate del 2023: il progetto Manhattan, nella versione di Nolan o di Massini, dimostra che non possiamo davvero sapere chi siamo, ma soltanto scegliere quale idea abbiamo di noi stessi. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Sat, 19 Aug 2023 - 9 - Potere e responsabilità, la Nato e il futuro dell'Occidente - con Gabriele Natalizia
Questa è l'estate della Nato. C'è stato un importante vertice a Vilnius, in Lituania, l'11 e il 12 luglio si è discusso di Turchia. Si è discusso di un ingresso possibile, forse possibile, sicuramente remoto dell'Ucraina nella Nato, della membership della Svezia, delle prospettive della guerra in Ucraina. Ma è anche l'estate del film di Christopher Nolan dedicato a J. Robert Oppenheimer, il fisico che ha guidato il progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica nel 1945. Sul Financial Times un editorialista che vale sempre la pena di leggere, Jana Ganesh, ha scritto che Oppenheimer è un gran bel film, ma sull'uomo sbagliato perché doveva essere dedicato al presidente che la bomba atomica l'ha usata, cioè Henry Truman.Dice Ganesh che è Truman che ha fatto le scelte più difficili: ha definito l'assetto del mondo nel Dopoguerra per come lo conosciamo e il ruolo che dovevano avere gli Stati Uniti.E' lui che ha impostato un approccio che persegue la pace attraverso l'egemonia. Una strategia che ha funzionato per vari decenni, ma che è stata costruita su montagne di cadaveri, a cominciare da quelli vaporizzati o martoriati dalle radiazioni a Hiroshima e Nagasaki (l’anniversario della prima bomba, non sempre ricordato, è il 6 agosto).Scrive Ganesh che ancora oggi il nostro mondo è quello di Truman. Che non ci sarebbe alcuna discussione sull'Ucraina se gli Stati Uniti non fossero rimasti sempre impegnati militarmente in Europa, sia direttamente sia attraverso soprattutto la Nato.La lezione di questo decennio, scrive Ganesh finora è che il liberalismo non è in grado di sopravvivere senza la forza. Il liberalismo, insomma, e tutti i valori che professiamo, sono sopravvissuti in questi anni soltanto grazie alla potenza militare? Questa è la domanda inquietante che emerge da questa estate, grazie appunto al film su Oppenheimer e alla discussione intorno al destino della Nato.La democrazia ha bisogno della violenza, almeno potenziale? Per citare Roosevelt (Theodore, non Franklin Delano), possiamo permetterci di “parlare in modo gentile” soltanto finché “abbiamo un grosso bastone”? Dopo la fine della Guerra fredda, la Nato poteva scomparire, invece ha resistito, e questa già è una cosa strana, visto che la missione per la quale era nata - arginare il blocco sovietico - era compiuta.Ma un sistema internazionale nel quale ci sono due garanti dell’ordine (Nato e patto di Varsavia) è più stabile di uno anarchico e anche più di uno nel quale il ruolo di poliziotto globale è ricoperto da un solo soggetto, la Nato, che ha un inevitabile predominio americano. Per un po’ la Nato ha guardato anche al Mediterraneo e all’Africa, negli anni del jhadismo più minaccioso dopo l’11 settembre 2001. Oggi il fianco est assorbe di nuovo tutte le attenzioni, col nuovo protagonismo della Russia di Vladimir Putin. Ma, come si vede con il caos in Niger e nei paesi confinanti, l’assenza di un soggetto egemone non è mai davvero una buona notizia.Perché l’egemone, per citare qui Spider-Man, ha grandi poteri ma anche grandi responsabilità: la Nato è un’alleanza fondata sulla potenza militare americana, ma questo non significa che gli altri paesi siano soltanto vassalli di Washington. Ciascuno ha le proprie responsabilità, onori e oneri, e limiti, a differenza di quello che dicono commentatori anche autorevoli in altri campi come lo storico... Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 07 Aug 2023 - 8 - Un giorno questa tragedia ti sarà utile - con Giulio Guidorizzi
Io ho fatto il liceo scientifico, nella tragedia greca non mi sono mai davvero imbattuto, purtroppo o per fortuna. E invece questa estate non leggo altro. Edipo Re, Edipo a Colono, Antigone, Aiace.La colpa è soprattutto di un libro appena uscito in Italia per Marsilio, che si chiama La mente tragica, di Robert D. Kaplan, che mi sono letto a giugno in un weekend di mare. A Procida, nello specifico.Kaplan è un giornalista americano, un ex inviato di guerra ora diventato accademico, che da anni si interroga su che senso dare alle cose terribili che ha visto in Afghanistan, nell’Iraq di Saddam Hussein, nella Siria di Bashar al Assad.Dopo l’11 settembre del 2001, ha appoggiato l’invasione militare americana dell’Iraq, perché aveva visto troppi orrori commessi da parte del dittatore per difendere il suo regime.Kaplan è rimasto traumatizzato da errori di valutazione che non si possono certo spiegare con la scarsa competenza, e allora sceglie un’altra bussola rispetto a quella più diffusa dell’appartenenza e dell’identità: la tragedia greca.“Per i greci – scrive in La mente tragica – imparare a temere il caos, e quindi a evitarlo, aveva un enorme valore: il timore ci mette in guardia da moltissime cose, ed è molto ciò che non sappiamo su quanto può accaderci come nazione e come individui”.Questa analisi rievoca la celebre espressione dell’ex segretario della Difesa americano Donald Rumsfeld, che nel 2002 parlava di “unknown unknowns”: sono le cose che non sappiamo di non sapere quelle che dovrebbero ossessionarci.Le minacce note si possono gestire, ma quelle ignote sono più pericolose.Per quel genere di coincidenze temporali che ricorrono spesso in tragedie che si svolgono nell’arco di poche ore o giorni, tornato dalla vacanza in cui avevo letto La mente tragica, ho scoperto che Einaudi mi aveva mandato il nuovo libro di Giulio Guidorizzi, Pietà e terrore.Giulio Guidorizzi ha insegnato letteratura greca e Antropologia del mondo antico nelle università di Milano e Torino. Da anni è diventato, non so come definirlo, il principale divulgatore della cultura classica greca. Guidorizzi, come Robert Kaplan, cerca nella tragedia greca strumenti per leggere la realtà.Mentre dedico la mia estate alla tragedia greca penso che i due argomenti di conversazione sui social sono i film dedicati a Barbie e al fisico Robert Oppenheimer: due storie, per quanto diverse, di sfida ai vincoli imposti da un destino già definito.L’affermazione dell’individualità, però, nella tragedia greca e anche spesso nella vita, appaga il desiderio prometeico di ribellione agli dei ma non garantisce la felicità, men che meno la serenità.Due storie, in fondo, tragiche in senso greco. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Sun, 30 Jul 2023 - 7 - La vittoria di Giorgia Meloni (quasi) un anno dopo - con Franca Roncarolo
Ormai è passato quasi un anno dalla vittoria elettorale del 25 settembre 2022, quando la nuova destra è diventata maggioranza. E quindi è un momento per un primo bilancio. Anche perché la morte di Silvio Berlusconi cambia gli equilibri nell’area del centrodestra e costringe, o costringerà, Giorgia Meloni a rendere esplicito il suo progetto politico: si accontenta di aver portato al governo il “polo escluso”, come lo chiamava Piero Ignazi in un suo libro da poco ristampato, o vuole evolvere un partito nato come di estrema destra in un progetto più ampio che ingloberà quel che resta di Forza Italia? E la Lega è in grado di reagire alla competizione interna nell’area? Per ora sembra di no. Per parlare di politica sul serio, e con calma, è prezioso il volume appena pubblicato dal Mulino Svolta a destra?, con un punto interrogativo che esploreremo. E’ una raccolta di saggi curata da Itanes Italian National Election Studies, cioè un programma di ricerca promosso in origine dall’Istituto cattaneo che prova a spiegare la politica in modo scientifico, con numeri e analisi.Ne parliamo con Franca Roncarolo, che ha curato il volume insieme a Cristiano Vezzoni. Franca Roncarolo insegna Comunicazione pubblica e Opinione pubblica e politiche europee presso l’università degli Studi di Torino. La discussione continua sulla newsletter Appunti. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 24 Jul 2023 - 6 - La scuola è (sempre più) di destra - con Christian Raimo
Ci sono argomenti che per i giornalisti sono difficilissimi da trattare. Uno di questi è la scuola. Per dare un’idea di quanto sia superficiale la copertura mediatica, basta ricordare che ogni anno viene presentata come una notizia il fatto che al liceo scientifico la seconda prova di maturità sia di matematica.E’ sempre così, ma i giornalisti sembrano dimenticarlo, ogni volta. E poi c’è l’abitudine di affidare a persone che con la scuola non hanno nulla a che fare il commento su episodi che sollevano indignazione o commozione: c’è sempre una scrittrice che può parlare di bullismo, un ministro che parla dell’importanza di un certo autore, il giornalista baby boomer con figli ormai laureati che parla delle classi pollaio (mentre ai suoi tempi era tutta un’altra cosa…). Per questo ho deciso di dedicare una puntata del podcast alla scuola e di parlarne con Christian Raimo.Christian è molte cose, un giornalista, uno scrittore, un attivista, ma proprio perché tutte queste cose è anche un insegnante, che a scuola insegna davvero. Ma che poi la scuola la pensa, sia nella sua dimensione pedagogica (cosa viene insegnato esattamente agli studenti? e a che scopo?) che nella sua rilevanza politica (chi decide l’evoluzione della scuola, decide il futuro del paese). La chiacchierata è lunga, l’audio non è perfetto perché Christian Raimo - che è multitasking e iperattivo - stava in un bar dove aveva degli appuntamenti. Ma credo valga la pena ascoltarla comunque, perché mai come in questo momento la scuola sembra al contempo un terreno di scontro politico e un oggetto indecifrabile.Nel biennio della pandemia sembrava questione cruciale chiudere o aprire le scuole, da una parte e dall’altra c’era sempre qualcuno che intimava qualcosa: bisogna chiudere per fermare il contagio, portato da ragazzi non vaccinati, oppure bisogna riaprire subito perché vale la pena tollerare qualche contagio in più pur di evitare di compromettere lo sviluppo e la formazione di intere generazioni. Avevano tutti ragione, ovviamente, per questo la discussione era così lacerante.Poi, passata la pandemia, si è perso subito ogni interesse per le modalità dell’insegnamento - la didattica (anche) a distanza era soltanto un effetto collaterale del virus o un’evoluzione necessaria? - ed è ricominciato il tradizionale scontro politico su cosa insegnare. I valori della “nazione” si trasmettono fin dall’infanzia, come noto.E poi si verificano all’esame di maturità, con tracce appositamente scelte (dal ministro in persona, ho imparato da Christian Raimo) che servono a segnalare il cambio di clima culturale e politico.Mentre i giornali si riempiono di polemiche sulle uscite del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, il racconto della vita quotidiana tra i banchi scivola sullo sfondo, così come il pensiero critico sulla più pubblica delle istituzioni, dove il privato - anche questo lo osserva Raimo nel podcast - è ancora marginale e sullo sfondo.Raimo non è certo un ottimista, ma credo che affrontare le questioni che solleva in questa ora di discussione renda ogni dibattito sulla scuola molto più vivo e utile che l’eterna riproposizione degli stessi slogan.Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti. E, se lavorate nella scuola, raccontatemi la vostra storia, scrivete a appunti@substack.com Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 17 Jul 2023 - 5 - Cosa c'è dietro le grandi dimissioni - con Francesca Coin
Il tasso di dimissioni negli Stati Uniti è salito dal 2,3 per cento del febbraio 2020, prima del Covid, a un picco del 3 per cento nell’estate 2021. Si è quindi iniziato a parlare di una svolta epocale, di un fenomeno di massa che è andato sotto il nome di “grandi dimissioni”.Non soltanto normali cambi di lavoro, ma un rifiuto del lavoro, o almeno di quello che si era fatto fino a quel momento.Il tasso di dimissioni volontarie negli Stati Uniti è presto tornato ai livelli pre-Covid e a metà 2023 risultava intorno al 2,4 per cento.Forse quello che i giornali hanno letto come un cambiamento epocale dipendeva soltanto dal fatto che per alcuni mesi l’economia americana era rimasta congelata dalle misure anti-Covid e molta meno gente del solito aveva cambiato lavoro, visto che neanche si poteva uscire di casa. Ad aprile 2020, per esempio, il tasso di dimissioni era dell’1,5 per cento, molto più basso del 2,3 pre-Covid.In Italia si è registrata una tendenza simile. Su Lavoce.info Francesco Armillei ha osservato che il tasso di dimissioni a fine 2022 del 3,09 per cento è più alto che in fase pre-Covid, ma analogo a quello che si registrava in altri momenti di rapida evoluzione dell’economia italiana, per esempio dopo la crisi del 2008-2009. Secondo i dati dell’Inps e del ministero del Lavoro, nel 2006 il tasso di dimissioni è arrivato addirittura al 4 per cento. Quindi le grandi dimissioni, negli Stati Uniti come in Italia, sono state soltanto un abbaglio? Sì e no. E’ vero che anche in altri momenti storici recenti ci sono state altre fasi con tassi di dimissioni analoghi a quelli registrati nel 2021 e nel 2022. Ma il tasso di dimissioni aumenta inesorabilmente di uno 0,1 per cento all’anno dal 2009. Come mai?Perché gli italiani sembrano sempre più propensi a lasciare il proprio lavoro? Dietro queste storie di dimissioni c’è qualche cosa di più profondo che sta cambiando nel nostro modo di vivere il lavoro?Ne parliamo con Francesco Coin, sociologa, che ha scritto un libro molto interessante per Einaudi che si chiama appunto Le Grandi dimissioni.Francesca Coin si occupa di lavoro e diseguaglianze sociali. Ha un dottorato di ricerca in Sociologia presso la Georgia State University, negli Stati Uniti. Fino a settembre 2022 ha lavorato come professoressa associata nel dipartimento di Sociologia dell’università di Lancaster, nel Regno Unito.Ora insegna nel Centro di competenze lavoro welfare società del dipartimento di Economia aziendale sanità e sociale (Deass) della Supsi, in Svizzera. Scrive su Internazionale e L’Essenziale. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 10 Jul 2023 - 4 - Come pensa l'intelligenza artificiale? Con Nello Cristianini
L'intelligenza artificiale innescherà la nuova rivoluzione industriale? Porterà la specie umana all’estinzione? O è soltanto un’altra moda destinata a durare poco, come il Metaverso? Non è facile trovare le risposte, perché la discussione sull’intelligenza artificiale intreccia computer science, economia, finanza, geopolitica. Ma anche profonde questioni filosofiche alle quali è difficile dare una risposta netta: cos’è la verità? Dov’è la differenza tra un essere umano e una macchina? Nel modo di pensare? Nei valori che stanno dietro quei pensieri?E poiché la nostra vita già prevede una fusione quasi completa tra esseri umani e macchine, basti pensare al rapporto simbiotico che abbiamo con il nostro smartphone, cosa può succedere adesso che la tecnologia passa dalla fornitura di servizi all’elaborazione di contenuti e di pensieri che sono o almeno sembrano autonomi?Di tutte le cose che ho letto in questi mesi, la più illuminante è stata il libro La Scorciatoia - come le macchine sono diventate intelligenti senza pensare in modo umano pubblicato dal Mulino. Già il sottotitolo è notevole: l’intelligenza artificiale non per forza deve essere uguale a quella umana. L’autore è Nello Cristianini, professore di intelligenza artificiale all’università di Bath, nel Regno Unito. Il dibattito continua sulla newsletter Appunti, su Substack. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 03 Jul 2023 - 3 - Complotto o colpo di Stato? - Cosa è successo davvero in Russia con i mercenari Wagner
Il 24 giugno 2023 la brigata di mercenari russi Wagner si è ribellata al Cremlino e ha iniziato una marcia su Mosca poi interrotta all’improvviso. Per alcune ore, il potere di Vladimir Putin è sembrato vacillare. E di sicuro il presidente russo è uscito ammaccato dagli ultimi sviluppi.Tutti cercano di capirci qualcosa, io ne ho parlato con Matteo Pugliese, analista militare e strategico che è stato più volte a raccontare il conflitto, che ha fonti e competenze per aiutarci a decodificare l’evento più misterioso dall’inizio dell’invasione del 24 febbraio 2022.Matteo pugliese è autore di Kiev, occidente. Perché l’invasione russa ha rivoluzionato la guerra e gli equilibri in Europa (Ledizioni). Per leggere Appunti in versione newsletter: appunti.substack.com Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Mon, 26 Jun 2023 - 2 - CHE FINE FARA' IL PD DI ELLY SCHLEIN - con David Allegranti - (episodio zero)
I giornali parlano così tanto delle vicende interne al Partito democratico che anche il lettore più motivato finisce per sentirsi sommerso dal flusso di informazione, non sempre rilevante, e saltare in blocco quelle pagine e quegli articoli. Eppure lo stato di salute del Pd, primo partito oggi di opposizione e sempre al governo nell'ultimo decennio, è cruciale per capire in che direzione va la democrazia italiana. Ora che ha una nuova segretaria Elly Schlein, le questioni lasciate in sospeso tanto a lungo dovranno essere affrontate, a cominciare dal rapporto con l'eredità di Matteo Renzi e con i Cinque stelle. Ne discuto con David Allegranti, uno dei più bravi giornalisti politici in circolazione, che ha indagato il Partito democratico nel suo nuovo libro appena uscito Quale Pd - Viaggio nel partito di Elly Schlein (Laterza). Questa è una puntata zero di Appunti, realizzata grazie alla infinita pazienza di David, per le prossime i problemi tecnici verranno risolti e la qualità dell'audio sarà migliore. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Wed, 14 Jun 2023 - 1 - TRAILER
Questo è un trailer del nuovo podcast Appunti in lavorazione. Per farmi sapere cosa ne pensate, appunti@substack.com Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Tue, 06 Jun 2023
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