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Ricomincio da me è il podcast di evoluzione personale.
Un podcast dedicato a chi vuole aumentare consapevolezza e libertà per accrescere il proprio benessere. Un percorso di scoperta per conoscere meglio te stesso ed esprimere il tuo potenziale.
Ogni puntata mira a sviluppare i quattro elementi fondamentali per una vita gioiosa: consapevolezza, responsabilità, probelm solving e comunicazione efficace con se e con gli altri.
- 312 - Episodio 311 - Conoscere la depressione: livelli e sintomi
Quando parliamo di depressione possiamo distinguerla e suddividerla in diversi livelli.
• Livello lieve: questo livello è caratterizzato da umore triste persistente, perdita di interesse e live perdita del sonno.
• Distimia: stato depressivo cronico, simile ad una depressione lieve che però dura più tempo ed è caratterizzato da bassa autostima e irritabilità.
• Depressione moderata: gli stessi sintomi della lieve diventano più insistenti e si ha in aggiunta una riduzione dell’attività sociale; inoltre iniziano problemi di concentrazione
• Depressione maggiore: a questo livello si aggiunge sentimenti di inutilità, pensieri suicidari.
• Depressione grave con sintomi psicotici: a questo livello si aggiungono allucinazioni e deliri.
Ogni sintomo è una forma di comunicazione della nostra mente. Ogni sintomo è un messaggio.
Cosa vuole dirci la depressione?
Ci parla di squilibri e bisogni repressi o insoddisfatti per lungo tempo, di cui non riusciamo a trovare la causa. Spesso la depressione ci parla di una fatica inutile che abbiamo fatto per reprimere i nostri bisogni.
In qualche modo il corpo reagisce a questo silenziamento rispetto ai nostri bisogni, attraverso i sintomi. E questi si manifestano in seguito a stress cronico, traumi non elaborati, bisogni relazionali insoddisfatti, squilibri biochimici, necessità di cambiamento, richiesta di autocompassione, esaurimento creativo.
Quindi il primo passo fondamentale è proprio dare ascolto a questi sintomi per imparare a conoscerci e riconoscere come stiamo davvero e di cosa abbiamo davvero bisogno.Fri, 11 Oct 2024 - 311 - Episodio 310: 4 miti sulla FELICITA sfatati dalla SCIENZA
Quando parliamo di felicità siamo certi di parlare di un argomento importante per tutti: chi è che non vuole essere felice?
Però per poter essere felici occorre capire cosa è la felicità e provare a superare alcuni miti sulla felicità.
La felicità non è una meta finale, ma un viaggio. Uno studio di Harvard dimostra che la felicità dipende principalmente dalle relazioni significative che manteniamo nella vita.
La felicità non è uguale per tutti. Uno studio dell'Università della California mostra che è molto personale e unica per ciascuno.
Qui è necessario comprendere che esistono due tipi di felicità: quella illusoria (legata a condizioni esterne) e quella interiore (più autentica e duratura).
La ricerca ossessiva della felicità può essere controproducente. Uno studio del Journal of Happiness Studies dimostra che chi cerca ossessivamente la felicità spesso prova meno soddisfazione.
La felicità non è uno stato costante o eterno. È un'abilità da coltivare per affrontare al meglio i diversi momenti della vita.
Il "segreto" è la pratica della gratitudine, che è importante per apprezzare ciò che si ha nel presente. Inoltre è fondamentale imparare a osservare e essere presenti nel momento, vivendo il presente per come è.Fri, 04 Oct 2024 - 310 - Episodio 309: Depressione tra verità e miti
In questo video proveremo a sfatare alcuni miti che ci sono intorno alla depressione.
Ma cosa è la depressione?
Innanzitutto occorre partire dal fatto che ognuno di noi ha una parte depressiva: quello che poi diventa un grave disturbo è l’amplificazione di un tratto che ognuno di noi ha. Diventa disturbo quando diventa pervasiva e impedisce il normale svolgimento della vita.
La parte depressiva è quella parte che ci spinge al ritiro sociale; ci spinge all’autocritica e al senso di inadeguatezza, a provare rabbia verso se stessi. Altri sintomi a cui prestare attenzione sono la lamentela e la mancanza di speranza.
Ci sono però dei miti sulla depressione da sfatare. Vediamone alcuni.
Primo mito: la depressione è solo tristezza.
La depressione non è solo tristezza. È come una nebbia che piano piano ci avvolge, che si manifesta nella perdita di interessi ed interesse per ciò che ci circonda.
Secondo mito: la depressione è un segno di debolezza.
In realtà non ha nulla a che vedere con la forza di volontà e quindi non è un segno di debolezza perché non dipende solo da noi.
Terzo mito: se hai una buona vita non puoi essere depresso!
Questo non è vero.
Quarto mito: la depressione passa da sola.
Bisogna chiedere aiuto quando ci rendiamo conto di averne bisogno.
Quinto mito: i farmaci cambiano la personalità.
Non è vero neanche questo.
Sesto mito: parlare della depressione la peggiora.
Non è vero: spesso crediamo che parlarne non serve a nulla.
Settimo mito: colpisce solo gli adulti.
Non è vero, poiché sta aumentando anche nei più giovani.
Ottavo mito: la depressione è sempre causata da un evento esterno.
Non è detto, poiché può essere espressione anche di altri elementi.
Nono mito: se sei depresso devi solo tirarti su.
Non funziona proprio così. Spesso da soli non riusciamo a superare i nostri momenti depressivi.
Decimo mito: la depressione è permanente.
Non è così: dalla depressione si esce con successo. È necessario trovare il modo giusto per noi.Fri, 04 Oct 2024 - 309 - Episodio 308 - Amore o bisogno?
Quando mi manca qualcosa, cosa vado a cercare? L' esatta forma che mi completa!
Sento un vuoto dentro di me e vado a cercare l'esatta forma che mi completa e credo che queste siano relazioni nutrienti; addirittura, in slanci di umanità incredibile inizio a chiamarlo amore questo.
Non parlo solo di coppia, può trattarsi anche di amicizia.
Quindi, bisogno, soddisfazione di quel bisogno e credo di amare quella persona e qui c'è una confusione di termini incredibile, perché quella è la soddisfazione di un bisogno carenziale: ho avuto una carenza nella mia infanzia e cerco la persona che riempia questo mio vuoto.Fri, 20 Sep 2024 - 308 - Episodio 307 - E' amore? 5 passi per riconoscere l'amore
In questa nuova puntata di "Sentieri d'Amore," la rubrica dedicata alle relazioni affettive, si affronta la domanda sempre più pressante: perché le coppie durano sempre meno?
Quali possono essere le cause del fatto che le coppie durano sempre meno?
Il punto di partenza è imparare a distinguere tra infatuazione e amore.
I fattori chiave per distinguere i due sono la durata, la profondità, l'accettazione, lo sforzo e il sacrificio e l'indipendenza.
Si sottolinea l'importanza di comprendere l'indipendenza come elemento fondamentale, nonostante il mito della dipendenza emotiva.
Se valutiamo questi parametri possiamo comprendere cosa non funziona o non ha funzionato nelle nostre coppie e possiamo seriamente riflettere sulle nostre relazioni e utilizzare queste informazioni per la crescita personale anziché giudicare gli altri.
E tu, hai mai scambiato l'infatuazione amore?Fri, 06 Sep 2024 - 307 - Episodio 306 - Relazioni: cosa rende una relazione nutriente o velenosa?
Che cos'è una relazione?
Per poter comprendere il senso ed il significato delle relazioni, bisogna partire da cosa relazione significa per ognuno di noi.
Infatti ognuno attribuisce un significato diverso al termine relazione. Se per relazione io intendo conflitto e se chi mi sta di fronte intende comunione, non solo sarà difficile essere in relazione, ma anche semplicemente parlarsi.
Relazione, in generale, vuol dire essere connessi, tant'è vero che tutto è in relazione, perché in qualche modo, a qualche livello siamo tutti connessi.
Nella nostra vita, sperimentiamo sia ottime relazioni che pessime relazioni.
Per iniziare a costruire delle relazioni armoniche, vere e sane, occorre partire dalla relazione fondamentale con noi stessi.
Che vuol dire avere una relazione con se stessi? Se io sono uno, con chi devo essere in relazione?
In realtà, noi siamo fatti da parti, che sono in relazione tra di loro.
Al nostro interno possiamo riconoscere tre macro-sistemi che possiamo definire sè superiore, sè inferiore e maschera.
Questi sistemi sono fatti da ulteriori parti e sono in relazione tra loro. Quando entriamo in relazione con gli altri, entrano in gioco una serie di meccanismi, che determinano il tipo di relazione che noi instauriamo con l'altro.
E queste relazioni possono essere nutrienti o possono essere velenose. Tutti, in realtà, sperimentiamo entrambe i tipi di relazione.
E tu, che tipo di relazioni coltivi?Fri, 30 Aug 2024 - 306 - Episodio 305 - RELAZIONI EQUILIBRATE: 5 segni per riconoscerle
Ognuno di noi desidera delle relazioni sane, equilibrate e nutrienti.
Quali sono i fattori per poter dire che le nostre relazioni sono equilibrate?
In questo video vediamo cinque fattori chiave per valutare e migliorare l'equilibrio nelle relazioni interpersonali, poiché una relazione equilibrata è fondamentale per il benessere emotivo.
Il primo fattore sottolinea l'importanza di una valutazione pratica delle dinamiche relazionali, come la divisione delle responsabilità e delle decisioni quotidiane.
Una relazione può essere paragonata a un ponte sospeso, che regge solo se entrambe le parti contribuiscono in modo equo.
Il secondo punto evidenzia l'importanza di sentirsi valorizzati nella relazione e di portare valore ad essa. È fondamentale non solo aspettarsi di essere valorizzati dall'altro, ma anche valorizzare sé stessi e il proprio ruolo nella relazione.
Il terzo aspetto riguarda la gestione delle aspettative: è essenziale confrontarle con la realtà e accettare l'altro per ciò che è, evitando di creare squilibri dovuti a aspettative irrealistiche.
Il quarto punto sottolinea l'importanza dell'autocura all'interno della relazione. Non bisogna delegare completamente all'altro il proprio benessere emotivo, ma essere capaci di prendersi cura di sé stessi per mantenere un equilibrio sano.
Infine, il quinto fattore riguarda il bilanciamento emotivo: è necessario accettare e gestire le diverse emozioni che caratterizzano una relazione, evitando di essere sopraffatti dalle emozioni negative e mantenendo un equilibrio tra positività e negatività.
Cerchiamo e creiamo relazioni "belle" che portino energia e soddisfazione e benessere nella nostra vita.Fri, 23 Aug 2024 - 305 - Episodio 304 - Sono troppo buono: supera la COMPIACENZA
Sono troppo buono: supera la COMPIACENZA
In questo video parleremo del concetto di essere "troppo buoni", spesso usato per descrivere persone che non sanno dire di no e non riescono a mantenere i propri confini.
Essere "troppo buoni" significa spesso non saper dire di no, non riuscire a mantenere i propri confini e non essere autentici.
Questo può portare a malessere sia relazionale che personale. In questo estratto del seminario, attraverso interazioni, esercizi e storie dei partecipanti, esploriamo come superare questa difficoltà.
Spesso ci etichettiamo come "troppo buoni" per giustificare comportamenti compiacenti.
La bontà genuina non porta sofferenza, mentre la compiacenza, ovvero l'incapacità di dire di no per paura di essere giudicati negativamente, sì.
Spesso è difficile dire di no per timore di apparire maleducati o irrispettosi.
Tuttavia, la vera bontà risiede nell'equilibrio tra il proprio benessere e quello degli altri.
E' di fondamentale importanza riconoscere i propri bisogni e di esprimerli senza paura. Questo non è segno di egoismo, ma di autenticità e rispetto per sé stessi e per gli altriFri, 16 Aug 2024 - 304 - Episodio 303 - Accresci la tua CONSAPEVOLEZZA! 5 domande per conoscerti
Quanto è importante conoscersi bene? Come possiamo divenire più consapevoli di noi stessi?
In questo video parliamo proprio dell'importanza della consapevolezza dei propri pensieri ed emozioni.
La mancanza di consapevolezza, infatti, porta i pensieri ed emozioni non elaborati a depositarsi nell'inconscio, rendendo il peso emotivo più pesante.
Con una mente che produce 70.000 pensieri al giorno, è difficile tenerli sotto controllo.
La consapevolezza permette di fermare questi pensieri ed emozioni e di analizzarli.
Attraverso cinque domande quotidiane, si può navigare interiormente: identificare le preoccupazioni, riconoscere la tristezza, analizzare le irritazioni, ascoltare il corpo e apprezzare la bellezza.
Ogni domanda offre una pratica semplice per sviluppare la consapevolezza, liberandoci da pensieri e emozioni non elaborati.Sat, 10 Aug 2024 - 303 - Episodio 302 - L'arte delle buone relazioni
Spesso noi abbiamo un'idea di cosa rappresenta una buona relazione.
Altrettanto spesso, però, ci aspettiamo che siano gli altri a soddisfare questi requisiti.
Il punto da cui partire è chiederci quale parte di noi entra in relazione con l'altro.
E' la parte adulta o quella egoica?
Quale parte di noi si relaziona con l’altro?
A seconda di quale parte si relaziona, cambiano le relazioni.
Le buone relazioni sono quelle in cui si vuole il confronto; questa è la parte adulta. Dall’altro lato c’è la parte bambina che vuole conferme. Nelle buone relazioni vogliamo prenderci cura dell’altro; la parte bambina però richiede/pretende attenzione e soddisfazione dei propri bisogni.
Le relazioni sono sempre dinamiche e non devono essere rigide e ferme.
Nelle buone relazioni funziona la comunicazione aperta, mentre nelle relazioni infantili si può parlare di manipolazione emotiva.
Come capire se siamo nel sé inferiore? Innanzitutto bisogna riconoscere il nostro ego. Comprendere quando scatta il nostro ego, con chi, in quale situazioni; imparare poi gradualmente ad integrarlo.
Fiducia e libertà sono altre due caratteristiche del nostro sé superiore, cioè quelle parti di noi adulte che tendono a relazioni sane; dall’altro lato troviamo il senso del possesso e del controllo.
Ognuno di noi ha dentro tutte queste spinte. Dobbiamo toglierci l’ideale delle buone relazioni e comprendere che anche le buone relazioni sono un arte: richiedono impegno, cura, attenzione, sforzo.Fri, 02 Aug 2024 - 302 - Episodio 301- Chi decide per te? Come gestire i conflitti interni
Noi siamo fatti di parti e ogni parte ha uno specifico ruolo ed utilità. Un aspetto fondamentale è cercare di mediare tra queste parti in modo da gestire i conflitti interni e vivere in modo più sereno.
È vano cercare relazioni pacifiche all'esterno se dentro di noi c'è guerra!
I conflitti interni, infatti, si riflettono all'esterno ed è importante coltivare la pace interiore per poter vivere armoniosamente. La sofferenza non è qualcosa da eliminare, ma è un elemento naturale della vita che, se affrontato adeguatamente, può essere utile per la crescita personale.
Cosa fare per gestire le difficoltà? Ci sono due strade: accettazione e adattamento ai dati di realtà, mantenendo la calma e la centratura.
Innanzitutto è fondamentale riconoscere e gestire le proprie parti interne, affrontare la sofferenza come un'opportunità di crescita e mantenere un atteggiamento realistico e sereno di fronte alle difficoltà.Fri, 26 Jul 2024 - 301 - Episodio 300 - Un vero aiuto per il lutto
Insieme al Dr. Calvi Parisetti abbiamo parlato, in questa diretta, di quale può essere considerato un vero aiuto per il lutto.
Fino a qualche anno fa gli approcci utilizzati sono stati pochi e spesso si sono rivelati inefficaci.
Il Dr. Calvi Parisetti si occupa di ricerca psichica applicata: cosa possiamo fare con i risultati della ricerca psichica?
In particolare questo ambito di ricerca è interessante per il lutto e dolore per la perdita e per chi ha paura della morte. Questo ha l’obiettivo di sviluppare un concetto e una nuova proposta terapeutica per la gestione del lutto.
Quali sono i fatti? Innanzitutto abbiamo il bisogno di imparare a gestire il lutto.
Fino a qualche tempo fa la terapia del lutto era dominata da due idee: Freud inventa il lavoro del lutto che ha come obiettivo arrivare al distacco dalla persona perduta e all' attaccamento a nuove persone.
Poi vi è stata la Kübler-Ross che ha parlato di 5 stadi di preparazione alla morte, i cosiddetti 5 stadi del lutto. Ma non c’è nessuna evidenza fattuale che queste teorie siano efficaci. Si sono dimostrate, piuttosto, inefficaci quando non dannose.
Cosa fanno nella realtà le persone quando hanno una perdita? Non si distaccano da chi hanno perso, ma vi restano attaccati per la vita intera. Alcuni di essi hanno esperienze di contatto sensoriale, di comunicazione con la persona persa.
Anzi recupera meglio proprio chi mantiene un legame con la persona persa.
Quali sono i nuovi approcci alternativi e che si sono dimostrati efficaci nella gestione del lutto?Fri, 19 Jul 2024 - 300 - Episodio 299 - Svelare il sé inferiore: paura, orgoglio e volontà egoica
Svelare il sé inferiore: paura, orgoglio e volontà egoica
Ci sono tre aspetti fondamentali del nostro sé inferiore: la paura, la volontà egoica e orgoglio.
Dal Sentiero di Eva Pierrakos: lezione 30 (https://pathwork-ilsentiero.com/wp-co...)
Cosa è il sé inferiore?
È il sé cieco che agisce in base agli impulsi. Non tiene conto né delle conseguenze che le azioni possono avere su noi, nè sugli altri e neanche sul mondo esterno.
La prima forza distruttiva è la paura: un essere umano se non avesse la paura utile come emozione di base morirebbe; ma spesso noi proviamo la paura come forza distruttiva e la proviamo quando questa contrasta la fiducia, la fede nella vita. Quando abbiamo paura ci aggrappiamo all’illusione di controllo. Lo facciamo attraverso due forze: la volontà egoica e l’orgoglio.
Per controllare, quindi, alimentiamo la volontà egoica, questa forza cieca che ci spinge ad imporre il potere e la nostra soddisfazione personale sugli altri.
La volontà egoica si appoggia sull’orgoglio, che è il sentimento di superiorità verso gli altri. Orgoglio e volontà egoica si alimentano a vicenda.
Queste tre forze sono sempre presenti. Dobbiamo affrontare le paure nucleari perché altrimenti si attivano volontà egoica e orgoglio. E questo ci fa sentire sbagliati. In questo modo si attiva il nostro giudice interno.
Queste tre forze sono la chiave della sopraffazione umana, sono le tre forze più distruttive.
Per questo è fondamentale imparare a gestirle. Come si gestiscono? Innanzitutto, bisogna riconoscerle.Thu, 11 Jul 2024 - 299 - Episodio 298 - Come è fatto l'aldilà?
Se esiste un aldilà, come è fatto?
Quando descriviamo l’aldilà lo facciamo attraverso il racconto di altri e queste descrizioni sono basate sulla testimonianza coerente e consistente (tutti dicono lo stesso genere di cose) che ci viene da tre gruppi di fonti diverse e indipendenti tra di loro.
Le tre categorie sono:
• Persone che riportano un’esperienza sul letto di morte prima del decesso.
Queste persone hanno una visione nelle 36/24 ore prima del decesso dell’aldilà. Queste sono una momentanea visione di una realtà che non è quella terrena.
• Esperienze di premorte: situazioni cliniche in cui non c’è la coscienza, le persone hanno un’esperienza comune tra individui molto diversi e formano ricordi molto lunghi e hanno percezioni veridiche dell’ambiente da un punto di vista esterno al corpo e mostrano cambiamenti nel comportamento, che si manifesta comune a chi passa attraverso quell’esperienza. Anche queste fonti possono essere considerati attendibili.
• I morti, le personalità disincarnate, che continuano ad esistere dopo che il corpo ha smesso di esistere.
Possiamo fidarci di queste fonti?
Cosa possiamo "farcene" di queste informazioni?
Ne abbiamo parlato nel video.Fri, 28 Jun 2024 - 298 - Episodio 297 - Che vita scegli?
È possibile scegliere la propria vita?
La vita è fatta di tante sfumature e, se da una parte c’è subire la vita e dall’altra c’è scegliere, in mezzo ci sono tantissime possibilità.
Molto spesso noi sentiamo di subire la vita e viviamo giornate in cui ci sentiamo schiacciati dal fallimento. E ci sembra di cadere nella disperazione.
Il modo in cui noi reagiamo ai fatti che accadono determina il modo in cui viviamo la nostra vita. Quindi il primo passo è partire dai fatti, dai dati di realtà
Quando noi raccontiamo una storia i dati spesso vengono messi da parte e perdendo il contatto con essi cambia il nostro modo di vedere e quindi di vivere la vita.
Infatti quando non viviamo con consapevolezza, la vita sembra imposta da un destino avverso, ma è solo scritta dal nostro inconscio, la parte di noi che ancora non conosciamo.
La vita infatti comunque la scegliamo; la domanda da farsi è: chi sta scegliendo? Tu, in modo consapevole o la tua parte inconscia?
Quando accresce in noi la consapevolezza cambia il modo in cui guardiamo alle cose che ci accadono.
In che modo possiamo crescere in consapevolezza?
Possiamo iniziare a meditare quotidianamente su alcuni argomenti ogni giorno per poter fare scelte diverse per la nostra vita.Fri, 21 Jun 2024 - 297 - Episodio 296 - Comunicazione senza giudizio: è possibile?
Comunicazione senza giudizio: è possibile? Si può sempre dire tutto?
In che modo la comunicazione va utilizzata? Come si può superare il giudizio degli altri?
Spesso parliamo del giudizio dal punto di vista di chi è giudicato. Ma qual è il punto di vista di chi giudica?
Oggi sembra andare molto di moda la frase “io dico tutto quello che penso”, ma questo implica una grande responsabilità e occorre farsi delle domande.
Quando sentiamo la spinta a dire per forza qualcosa, possiamo chiederci: il mio pensiero è giusto? Cosa provoca nell’altro? L’altro è pronto a ricevere il mio pensiero? L’altro ha chiesto un mio pensiero o un giudizio?
Le parole sono come un coltello affilato, quindi è necessario saperle usare. Occorre prestare attenzione a come diciamo le cose; non si tratta di mentire ma di maneggiare con cura la nostra comunicazione.
La parola è un arma, è una forma di potere. Forse oggi il più grande potere che abbiamo è proprio nella parola, anche attraverso la comunicazione di massa.
Quando noi comunichiamo ed esprimiamo un giudizio, di chi è la responsabilità? È di chi giudica o di chi reagisce al giudizio? Ma cosa è il giudizio?
Non è dire ciò che si pensa, non ha niente a che vedere la verità. È uno strumento di una nostra parte egoica che non è adulta e vuole eliminare ciò che le ricorda le sue mancanze. Quando siamo pieni interiormente non abbiamo il tempo di giudicare. Il giudizio nasce da una sofferenza interiore.
La domanda da farsi quando siamo di fronte al giudizio è: cosa mi spinge al giudizio? Qual è la sofferenza che c’è dietro? Cosa ci manca?
Il giudizio è Mancanza di responsabilità nei confronti di ciò che non amiamo di noi stessi.
Chiediamoci anche: quando giudichiamo come stiamo? L’energia delle nostre parole prima di arrivare agli altri resta intorno a noi e abita il nostro corpo fisico.
Quando noi critichiamo, ci autodistruggiamo, ci facciamo del male da soli.
Possiamo, inoltre, chiederci: quando diciamo qualcosa, perché la stiamo dicendo?
Approfondiamo, in questo modo, lo scopo della nostra comunicazione.Fri, 14 Jun 2024 - 296 - Episodio 295 - Quali desideri realizzare?
Ognuno di noi custodisce dei desideri nel proprio cuore.
È importante, però, saper distinguere tra quelli superficiali e quelli più profondi. Come possiamo identificarli? E come possiamo realizzarli? Innanzitutto bisogna distinguerli. I desideri consapevoli sono quelli a nostra disposizione subito, quelli che sono sotto la nostra gestione. Questo tipo di desideri sono ad un livello superficiale. I desideri superficiali, consci non sono mediati dalla riflessione profonda, dalla consapevolezza; sono risposte immediate a bisogni immediati e superficiali dettati da influenze esterne. Spesso questi desideri si collegano al piacere e alla gratificazione, alla soddisfazione immediata. I desideri profondi, quelli inconsci, rappresentano le nostre aspirazioni più vere, la realizzazione di noi stessi come essere umani; sono quelli che cercano il senso, il significato; quelli che hanno come obiettivo la crescita interiore. Per identificare i nostri desideri abbiamo bisogno di silenzio e del respiro. Quindi si inizia un dialogo interiore.
Come riconoscere i desideri? Innanzitutto occorre ascoltarsi e fare memoria delle nostre esperienze vissute. Poi distinguerli in base a cosa ci danno e la durata delle emozioni ad essi legati. I desideri superficiali cerchiamo di soddisfarli o per paura o per condizionamento sociale e producono appagamento temporaneo. I desideri profondi invece producono il vero cambiamento. Qual è il perché dietro i nostri desideri? Perché facciamo quello che facciamo? Qual è il motivo dietro i desideri? Come realizzarli? Può essere utile la meditazione, annotare i propri pensieri, il dialogo interiore consapevole, etc. Quali ostacoli incontriamo? Innanzitutto l’impegno che ci vuole per la ricerca interiore, per la scoperta dei desideri profondi. Il secondo ostacolo sono le convinzioni che abbiamo sulla vita; un altro ostacolo è la paura. Infine bisogna integrarli. Bisogna integrare i propri desideri profondi con quelli più immediati per dare senso alle cose che facciamo.Fri, 31 May 2024 - 295 - Episodio 294 - Scienza e aldilà
Cosa ci dice la scienza riguardo all'aldilà? È possibile spiegare scientificamente l’esistenza dell’aldilà?
Una quantità enorme di evidenze, raccolte per quasi due secoli da alcune delle menti più acute dell'umanità, giustifica una fede razionale in un aldilà.
Cosa vuol dire fede razionale?
Fede razionale è quella fede non basata su una religione, un libro sacro, cioè non basata sulle parole di altri o su esperienze personali, ma basata sulla conoscenza e sull’esame critico dei fatti.
È importante sfidare questi fatti e metterli in discussione per comprendere che la morte del corpo fisico non è la nostra morte.
Vi sono una dozzina di aree di evidenza diverse e indipendenti che in maniera coerente puntano verso l’ipotesi della sopravvivenza dopo la morte del corpo fisico e possono interagire con il mondo fisico che hanno lasciato.
Quali sono queste aree di evidenza?Fri, 24 May 2024 - 294 - Episodio 293 - Ottenere RISPETTO: ecco come fare
Il rispetto è un valore fondamentale per ognuno di noi.
Perché per l’essere umano è così importante il rispetto?
Il rispetto tocca delle corde profonde in noi, poiché per gli esseri umani l’appartenenza e accettazione nel gruppo è stata una questione di sopravvivenza. Questo però oggi sfocia spesso nella pretesa di rispetto.
Ognuno di ha un’idea personale del rispetto e attribuisce ad esso un significato diverso.
Ci sono però dei presupposti da cui partire: non ci possiamo fare rispettare da tutti; non possiamo pretendere rispetto; è necessario chiederci perché per noi è così importante e quali corde vengono toccate in noi quando parliamo di rispetto.
Quanto siamo reattivi rispetto al rispetto?
Dobbiamo distinguere il rispetto dalla paura e dal potere sugli altri. Meno abbiamo autostima e rispetto di noi, più dipenderemo (e pretenderemo) dal rispetto degli altri
Ci sono diversi punti che ci consentono di ottenere rispetto dagli altri.
Il primo punto da tenere in considerazione è l’autostima. Parte tutto da noi: sei capace di comunicare in maniera assertiva? Sai comunicare i tuoi valori personali?
Un altro punto importante è la coerenza. Per poter essere rispettati non basta solo l’assertività, serve anche la coerenza.
Un altro elemento è la conoscenza interiore. Quanto conosciamo le nostre emozioni? Il nostro mondo interno?
Inoltre vi è l’empatia: sentire il sentire dell’altro, che poi porta all’accettazione delle critiche e dei feedback.
Per arrivare a questo è necessaria la resilienza, ossia la capacità di affrontare le prove. E riusciamo ad essere resilienti grazie alla gentilezza, che ci fa rimanere in contatto con i nostri valori personali.
Il rispetto inoltre può essere visto sotto un duplice aspetto: Riconoscimento dell’altro (il guardare oltre le apparenze), e auto-rispetto (conoscere e apprezzare i propri valori e restare coerente).
Come Ottenere rispetto quindi? Con l'autenticità, con la coerenza e integrità, con empatia e la comprensione. Che devono tradursi in comportamenti specifici.Fri, 17 May 2024 - 293 - Episodio 292 - I poteri della mente
Con un ospite speciale, il Dr. Piero Calvi Parisetti, abbiamo parlato dei poteri della mente e di quanto siano dimostrabili attraverso il metodo scientifico.
Cosa può realmente fare la nostra mente? Quali sono le facoltà reali della mente e in che modo possiamo conoscerle e svilupparle?
Parlando dei poteri della mente, il primo gradino da cui partire è l’esperienza umana.
Le esperienze paranormali sono comunissime. Queste esperienze possono essere spiegate in molti modi diversi.
Per comprendere l’evidenza sono necessari gli aneddoti comuni. Come si può dare validità scientifica a questi racconti di esperienze personali?
Cosa emerge da queste storie?
Che vi sono evidenze scientifiche su alcune facoltà specifiche della mente.
La maggior parte di questi testimoni racconta che sembra essere possibile essere coscienti nella mente di un’altra persona quando i canali di contatto con l’altra persona (telepatia).
Inoltre risultano evidenti le capacità imprevedibili di essere a conoscenza di avvenimenti che non sono ancora accaduti (precognizione).
Ancora risulta essere possibile la visione a distanza, ovvero le cosiddette esperienze fuori dal corpo.
Infine è dimostrato che i nostri pensieri, la nostra volontà interagisce con il mondo fisico circostante (psicocinesi).
La parapsicologia ha studiato questi fenomeni con i metodi delle scienze naturali. Cosa è emerso? Ne abbiamo parlato nel video!Fri, 10 May 2024 - 292 - Episodio 291 - Il denaro come simbolo (seconda parte)
Nella scorsa diretta (al link https://www.youtube.com/live/iPphg7H8aR0) abbiamo parlato del denaro come simbolo. In questa continuiamo l'approfondimento sulla nostra relazione con il denaro.
La nostra relazione con il denaro è complessa e rappresenta uno specchio delle nostre relazioni con noi stessi, con l’altro e con la vita.
Ci sono alcuni aspetti importanti per la nostra relazione con il simbolo che il denaro rappresenta. In questa diretta approfondiamo alcuni atteggiamenti che abbiamo con il denaro: l’ avidità, l’avarizia e la gratuità.
Avidità vuol dire non averne mai abbastanza, essere costantemente alla ricerca dell’oltre. Noi quanto siamo in grado di stabilire per noi stessi cosa ci rende grati e soddisfatti di ciò che abbiamo? Questo atteggiamento si riflette poi anche nelle relazioni. Interrogarci sull’avidità ci da un indice dell’insoddisfazione cronica; l’avidità determinerà un deterioramento delle relazioni e isolamento sociale. Questo perché si ha una distorsione dei valori. Questo porta, inoltre, ad una compromissione della salute mentale, perché non riusciamo ad apprezzare e ad essere grati. Possiamo chiederci: qual è il mio spazio di avidità?
Avarizia è l’incapacità a spendere e a donare, a sfruttare la propria energia. Spesso l’avarizia si riflette anche nelle emozioni e nelle relazioni. Cosa scatena l’avarizia? Paura costante, negazione del piacere a tutti i livelli (chi non è in grado di dare, di darsi ha un problema con il piacere). L’avarizia spesso sfocia in perdita di opportunità e nell’incapacità di lasciarsi andare e nella mancanza di fiducia. La gratuità porta le relazioni ad un livello nettamente superiore. La gratuità porta alle relazioni d’amore. Quello che manca nelle relazioni vere, sane e nutrienti è la logica contrattuale. Sono relazioni gratuite.
La gratuità è l’inizio dell’amore. La gratuità presuppone trasparenza ed educazione, cioè cerco di tirare fuori il meglio dall’altro. La gratuità inoltre crea comunità e ci fa confrontare con le nostre proiezioni, crea relazioni di reciprocità. È il punto di partenza del circolo dell’amore, che genera responsabilità, reciprocità, comunità e quindi amore.
La gratuità però può essere vista anche dal punto di vista egoico. Quali risposte genera in noi? Può esserci una risposta egoica da “furbetto” (è chi si dice: perché dovrei contribuire?), da vittima (non posso contribuire) o l’indignato (come ti permetti di chiedere?).
Qual è la tua relazione con il denaro?Fri, 26 Apr 2024 - 291 - Episodio 290 - Il denaro come simbolo: alla ricerca di noi stessi
Ti sei mai chiesto/a cosa rappresenta il denaro per te?
Oltre al suo valore materiale, i soldi sono anche carichi di significati simbolici che riflettono la nostra relazione con noi stessi e con la vita. Infatti la nostra relazione con il denaro può fungere da specchio per la nostra relazione con noi stessi e con il mondo.
Il denaro è ha un valore altamente simbolico. È quanto di più ambivalente ci sia. È lo specchio della nostra vita. Rappresenta, infatti, l’energia, la vita. Possiamo utilizzarlo come arma, come mezzo, come strumento di potere. Insomma è un simbolo a cui attribuiamo una serie di significati.
Tra questi, alcuni simboli:
• Sicurezza e stabilità: quando ci sentiamo abbastanza sicuri? La misura della nostra sicurezza si può vedere in modo lampante nel nostro rapporto con il denaro. Quando mi sento sicuro? • Potere e controllo: il denaro è anche uno strumento di controllo, anche nelle relazioni. • Status e prestigio: il denaro fornisce anche status e prestigio, cioè lo scopo del denaro diventa quello di dare prestigio o uno specifico status. • Valore personale: Quanto ci riteniamo degni e all’altezza di avere denaro? C’è chi lega il proprio valore all’immagine che da agli altri. Quanto leghiamo ai soldi il nostro valore personale? • Libertà e indipendenza: il denaro è quanto di più contraddittorio ci possa essere, se da un lato lo vediamo come indipendenza e possibilità di fare, in realtà la maggior parte delle persone che dicono questo sono schiavi del denaro. È necessario trovare il giusto equilibrio. • Scarsità e insufficienza: quanto sfruttiamo il denaro per promuovere un atteggiamento lamentoso? Come reagiamo alla mancanza di denaro? Se c’è scarsità, che relazione abbiamo con tutti i simboli visti finora?
Alla luce di questi simboli, qual è la tua relazione con il denaro?Fri, 19 Apr 2024 - 290 - Episodio 289 - Gestire l'insoddisfazione (domande & risposte)
Come possiamo gestire l'insoddisfazione?
Se gestiamo meglio il nostro mondo interno possiamo gestire meglio anche la nostra insoddisfazione.
Una delle fonti dell’insoddisfazione è il confronto. Come possiamo smettere di confrontarci con gli altri? Ci sono due modalità: la prima è scrivere i nostri successi per uscire dall’inferno della mente; la seconda per ridurre il confronto con gli altri è iniziare a praticare la gratitudine e l’apprezzamento.
Anche la paura può generare insoddisfazione. Ad esempio la paura di non essere abbastanza, di non essere all’altezza. Queste paure si disintegrano tornando alla realtà, perché queste paure non sono concrete.
Inoltre il perfezionismo anche può essere artefice del nostro malessere. Il perfezionismo è il non accettare la possibilità di errore, non il voler fare le cose al meglio. L’imperfezione fa parte di noi, quindi per non essere insoddisfatti è necessario accettarla.
L’insoddisfazione però è diversa dalla frustrazione. La frustrazione è mancato raggiungimento di qualcosa di concreto e reale. Mentre l’insoddisfazione è quella sensazione di non avere o di non essere abbastanza, è mancato apprezzamento di ciò che si è o che si ha…come se mancasse sempre qualcosa, una sensazione che si radica dentro di noi.
Guardare a ciò che manca è utile se si spinge ad agire in qualche modo. L’insoddisfazione serve proprio a ricordarci ciò che manca per poter dare prospettiva e progettualità.Fri, 12 Apr 2024 - 289 - Episodio 288 - La coppia che funziona
Come possiamo capire se la nostra coppia "funziona"?
Innanzitutto dobbiamo partire dal chiederci: cosa è una coppia?
Oggi, nella società attuale, non ci sono più modelli di riferimento e la coppia fa il pendolo tra dipendenza e distacco.
Prima, in passato, la coppia era un dovere: l’uomo doveva certe cose, la donna aveva altri doveri. Avevamo una responsabilità ma mancava l’ascolto dei bisogni personali. Oggi è il contrario: portiamo avanti solo bisogni senza volere alcuna responsabilità.
Come trovare l’equilibrio?
La coppia, per poter essere una coppia adulta, dovrebbe essere successiva all’aver ritrovato noi stessi. Questo implica adultità nella coppia: riconoscere i propri i bisogni, le proprie mancanze e occuparsi e gestire tutto questo. Solo in questo caso riusciamo a mettere le basi per una coppia che funziona.
Se non c’è un lavoro personale, parlare di coppia, e di una coppia adulta, è impossibile.
La coppia può essere un passo successivo alla conoscenza di sé.
Nella coppia abbiamo poi la possibilità di conoscersi meglio e di comprendere meglio se stessi.
Se non c’è adultità nella coppia, se non c’è conoscenza di noi stessi , l’altro amplifica il nostro infantilismo.
Una regola per far funzionare la coppia è prendere la consapevolezza che l’altro non ha nessuna responsabilità sulla nostra gioia.
L’altro ha il compito di risvegliarci per perfezionarci. Non di renderci felici.Fri, 29 Mar 2024 - 288 - Episodio 287 - Come gestire l'INSODDISFAZIONE: perché non sono mai felice?
L’insoddisfazione è qualcosa che non esiste in natura, ma solo nella nostra mente.
L’insoddisfazione non è qualcosa di naturale, ma è una caratteristica prettamente umana.
L’insoddisfazione gira intorno a tre pilastri:
1) Confronto: siamo portati a paragonarci costantemente a qualcuno o al nostro se ideale. E in questi paragoni, ne usciamo spesso perdenti.
2) Paura: la paura generata dalla mente è la madre della sofferenza. E ci sono due tipi di paure che nell’insoddisfazione giocano un ruolo importante: la paura di non essere abbastanza e la paura di non avere abbastanza e di perdere.
3) Perfezionismo: è uno dei mostri che provoca tanta della nostra sofferenza, che ci spinge alla competizione e non ammette l’errore. A causa del perfezionismo non riusciamo a reggere le piccole e grandi frustrazioni che viviamo nelle nostre esperienze.
Questo schema è utile a capire quale polo è più presente in noi.
L’insoddisfazione può essere considerata anche come stimolo e può funzionare da sprono al cambiamento, se però impariamo a gestirla.
E tu, che relazione hai con l’insoddisfazione?Fri, 22 Mar 2024 - 287 - Episodio 286 - Gestire il bisogno di approvazione (domande e risposte)
"Non si può piacere a tutti" è un'affermazione tanto vera, quanto dolorosa.
Perchè?
Perchè spesso leghiamo il naturale bisogno di amore, che ognuno di noi ha, all'approvazione degli altri. E questo ci provoca sofferenza.
Uno dei passaggi fondamentali quando ci interroghiamo sul tema del bisogno di approvazione è imparare ad ascoltarsi: cosa succede dentro di noi nel momento in cui pensiamo di non piacere agli altri? Nel corpo cosa sentiamo e dove lo sentiamo?
Il passo successivo è imparare a starci dentro. Quando abbiamo paura di non piacere diventiamo ipersensibili all’attenzione degli altri.
Spesso viviamo valutandoci e valutando gli altri come un prodotto, sulle prestazioni.
Piacere a se stessi, invece, vuol dire vedersi per come si è. Ed accogliersi ed accettarsi, per imparare ad amarsi davvero.
Tante cose noi le facciamo per mendicare un po’ di amore, mettiamo delle condizioni alle relazioni, cerchiamo di essere perfetti per avere amore, per paura di non ricevere amore.
Quello che dobbiamo fare è cercare di compiacere meno. Più mettiamo maschere e meno piacciamo veramente.
Dietro c’è il bisogno di essere accettati e anche una parte narcisista, che vuole piacere a tutti i costi.
Qual è il bisogno dietro il bisogno di approvazione?Fri, 15 Mar 2024 - 286 - Episodio 285 - Non si può piacere a tutti! Impara a gestire il bisogno di APPROVAZIONE!
Ti è mai capitato di incastrarti in un vero e proprio tormento legato all'approvazione degli altri? Il primo passo da fare in questi casi è imparare a gestire il nostro bisogno di approvazione partendo dall'accettazione di noi stessi. Il bisogno di approvazione spesso sfocia nel desiderio di avere l’approvazione di tutti. Anche a livello inconscio. Il bisogno di amore è un bisogno primario dell’essere umano e ci accomuna tutti. Spesso leghiamo questo bisogno di amore all’approvazione da parte degli altri.
Noi soffriamo quando non piacciamo, ma dimentichiamo che a noi non tutti piacciono.
Perché non lo accettiamo? Quando non mi piace qualcuno io mando dei segnali che questa persona non mi piace e l’altro li riceve. E questo è molto frequente.
Che succede quando non piacciamo?
Ognuno di noi quando non piace all’altro ha delle reazioni perché questo tocca delle parti di noi. Possiamo chiederci cosa si muove dentro di noi quando non siamo accolti? Succede sicuramente qualcosa a livello corporeo (qualcuno sente mal di pancia, qualcuno si irrita, qualcuno se ne va), ma anche a livello emotivo. Spesso il bisogno di approvazione parte da un giudizio nei propri confronti. Il corpo e la reazione ci danno la traccia del nostro adattamento e delle nostre ferite, che poi diventano i punti di partenza per lavorare su noi stessi. Spesso anche la compiacenza è il risultato di una reazione. Quindi bisogna partire da cosa viene toccato. Un’altra domanda utile può essere: qual è la dimensione ricorrente su cui io scivolo? Dietro il bisogno di piacere, inoltre, potrebbe esserci un forte senso di insicurezza, che deriva dal non conoscersi profondamente.
Cosa fare?
I passaggi che dobbiamo fare sono legati a queste domande: che cosa provo, dove lo sento e cosa sono portato a fare? Quale bisogno di me viene profondamente evocato? Io cosa provo quando mi sento rifiutato? Cosa sento quando mi accorgo che non piaccio a qualcuno? La prima domanda: realmente non sto piacendo? O mi aspetto che l’altro si debba comportare come io immagino?Fri, 08 Mar 2024 - 285 - Episodio 284 - SETTE E COMPLOTTISMO, discernere i cammini comunitari.
In una recente intervista Luigi Corvaglia, psicologo e psicoterapeuta, membro della Federazione europea dei centri di ricerca e di informazione sulle sette, ha parlato di un allarmante aumento dei fenomeni settari in Italia, soprattutto dopo la Pandemia.
“Ci sono 500 sette in Italia, con 4 milioni di italiani coinvolti” ha detto Corvaglia, aggiungendo: “La forte paura causata dall’incontro con l’ignoto ha generato un grande bisogno di certezze”.
Ma che prezzo si paga quando si è una persona fragile, in cerca di risposte, e si entra in collettivi spirituali non sani?
Tutte le esperienze comunitarie di tipo spirituale sono da bollare come sospette, o è possibile operare un giusto discernimento?
Come è possibile operarlo, con quali concreti strumenti?
Ne parliamo con il dottor Antonio Quaglietta, psicologo, counselor e formatore, esperto di dinamiche relazionali e fondatore dell’Accademia Italiana di Counseling Strategico Relazionale, un esempio virtuoso di come sia possibile aggregare persone con proposte e modalità sane, proponendo percorsi che, radicati nella scienza terapeutica, si aprono al nutrimento che arriva dalle grandi sapienze spirituali di tutta l’umanità.
Giacomo Meingati: Scrittore. Lavora come operatore umanitario con Italia Solidale Mondo Solidale ETS sul territorio romano e in India, nelle missioni del Karnataka.
Dottor Stefano Lalle: Psicoanalista e psicoterapeuta junghiano.Fri, 01 Mar 2024 - 284 - Episodio 283 - Il potere della conoscenza di sé (domande e risposte)
Conoscere se stessi è uno dei passi necessari per poter accrescere il proprio benessere.
Perché?
Come avviene la liberazione interiore? Perché se porto a coscienza il mio inconscio mi libero?
Noi commettiamo alcuni errori quando vogliamo conoscerci e spesso ci incastriamo in questi errori.
Tra questi errori possiamo inserire il fatto che, quando cerchiamo di approfondire la conoscenza di noi stessi, non riusciamo ad accettare tutte le cose che vanno a toccare la visione che abbiamo di noi stessi.
Per questo ci è richiesto coraggio quando avanziamo nella comprensione di noi stessi: avere coraggio vuol dire riuscire a vedere (ed accogliere) anche quelle parti che non riusciamo accettare di noi.
Tutto quello che riusciamo a portare a coscienza, noi possiamo gestirlo; quello che non conosciamo, al contrario ci gestisce.Fri, 23 Feb 2024 - 283 - Episodio 282 - Il potere della conoscenza di sé
Cosa vuol dire conoscere se stessi? Cosa vuol dire comprendere se stessi?
La conoscenza è ricerca attiva della verità e la verità ci rende liberi.
Finché non ci conosciamo noi siamo schiavi dei nostri condizionamenti e delle nostre reattività.
Spesso noi subiamo noi stessi. Cioè subiamo ciò che è al di fuori del nostro controllo e della nostra volontà.
Come ci si libera dai condizionamenti? Attraverso la conoscenza di noi stessi. Perché possiamo essere padroni solo di ciò che conosciamo.
Per questo è fondamentale conoscere se stessi. Ma nella conoscenza di noi, spesso facciamo degli errori:
1) Avere uno schema teorico: a noi piace l’intrattenimento, non ci piace lo sforzo, ci piace più trastullarci mentalmente. Sappiamo che “funzioniamo” attraverso impulsi, desideri, bisogni ed intenzioni che danno luogo a pensieri ed emozioni che a loro volta determinano azioni e attività. Ma noi siamo ben oltre questo schema teorico di funzionamento.
2) Paura di vedere: crediamo che facendo introspezione possiamo trovare mostri, qualcosa di inaccettabile per noi e quindi abbiamo paura di cosa potremmo trovare.
3) Ricerca mirata: crediamo che conoscere se stessi significa andare a caccia di ciò che conosciamo già, battere i sentieri già noti; ma conoscere vuol dire svelare, andando oltre le conferme di cui abbiamo bisogno.
4) Giudizio riepilogativo: abbiamo bisogno di una storia da raccontarci su noi stessi, che ci identifichi in qualche modo. Però in questo modo ci sfugge la nostra complessità.
5) Esame di ipotesi o la fuga dal reale: vuol dire parlare in modo ipotetico di ciò che potrebbe essere.
Ma nella pratica come si conosce se stessi?
1) L’introspezione deve essere pratica: bisogna superare gli schemi teorici ed andare nel profondo delle nostre motivazioni che ci spingono all’azione, vedendole e sentendole.
2) Coraggio e sincerità: vuol dire che nella nostra ricerca interiore bisogna riconoscere i giochi dell’ego ed essere sinceri con noi stessi.
3) Curiosità e apertura: vuol dire avere la curiosità di battere sentieri nuovi.
4) Rimanere nel quotidiano: senza ipotesi sul futuro, sui se e sui ma.
5) Rimanere nel presente: solo il presente esiste.
Quanto conosci te stesso?Fri, 16 Feb 2024 - 282 - Episodio 281 - Come superare l'egocentrismo con la meditazione
Spesso siamo abituati ad essere concentrati solo su noi stessi. Come possiamo superare questo egocentrismo con la meditazione? La pratica può aiutarci ad uscire da noi stessi. In particolare con le pratiche sugli incommensurabili è possibile uscire da noi stessi.
Ne parliamo in questo video con Fabrizio Giuliani, maestro di meditazione.
Anziché osservare solamente i nostri stati, come accade nella meditazione vipassana, con la meditazione sugli incommensurabili possiamo andare oltre l’ossessione verso noi stessi.
Questi stati sono definiti da Bhudda gli incommensurabili, poiché sono senza fine. Sono gli stati mentali che sono i pilastri dell’universo. In particolare questi stati sono la metta, benevolenza e fratellanza; karuna, che è la compassione (soffrire con l’altro senza voler risolvere la sofferenza dell’altro); mudita, la gioia per la gioia degli altri; upekkha, l’equanimità, la qualità mentale che è in grado di abbracciare tutto, essendo in armonia con tutto, gioie e dolori.
Sono pratiche di concentrazione che hanno lo scopo di coltivare questi stati mentali ripetendo delle frasi. Tutte queste pratiche ci portano fuori da noi stessi, ci aiutano a comprendere che noi non siamo al centro dell’universo. In questo senso ci fanno superare l’egocentrismo.
Come coltivare degli stati mentali specifici?Thu, 08 Feb 2024 - 281 - Episodio 280 - Come cambiare le abitudini dannose
Le nostre abitudini hanno un forte impatto nella vita quotidiana. Ma cosa sono le abitudini?
L’abitudine è un comportamento che viene prima scelto, poi rafforzato con la ripetizione e poi da consapevole e volontario diventa inconsapevole e involontario. Le abitudini hanno dei vantaggi e degli svantaggi. Quali sono?
Quali sono i vantaggi delle abitudini?
• Poco sforzo: ogni cosa fatta per abitudine richiede poco sforzo
• Efficienza: impiega il minimo di risorse e da la massima resa.
• Obiettivi a lungo termine: quando dedichi tempo per raggiungere dei obiettivi le abitudini aiutano a facilitare il raggiungimento.
• Ci danno struttura: ci aiutano a strutturare il nostro tempo.
• Sicurezza emotiva: ci dà sicurezza perché dando struttura al tempo, ci aiutano a sentirci in un ambiente più sicuro.
Ma quali sono gli svantaggi delle abitudini?
• Monotonia
• Resistenza al cambiamento
• Limitazione della creatività: noi siamo essere creativi e abbiamo bisogno di fare esperienze ed apprendere per crescere ed evolvere
• Dipendenza dalla comforte zone: poiché abbiamo resistenza al cambiamento e non siamo creativi, non abbiamo idee nuove, abbiamo energia bassa, diventiamo apatici e dipendenti, senza stimoli e novità. Più mi chiudo e più tendo a chiudermi.
• Cecità alle opportunità: chiuso in me stesso, non riesco a vedere le opportunità che mi si presentano.
Quali sono le nostre abitudini? Quanto ne siamo dipendenti?Fri, 02 Feb 2024 - 280 - Episodio 279 - 5 passi per CRESCERE e CAMBIARE
Cosa vuol dire crescere? Come possiamo crescere e conoscerci meglio?
Una domanda fondamentale da cui partire è: Voglio crescere o voglio odiarmi?
Se rispondiamo “voglio crescere” allora dobbiamo capire quali sono gli impedimenti alla nostra crescita. Spesso Inconsciamente noi siamo gli unici nemici della nostra crescita. Ma la crescita e il cambiamento partono da una scelta: voglio crescere davvero? Ci sono dei passi fondamentali da fare per poter crescere e attivare il cambiamento. Quali sono?
• Primo passo: passare dalla condanna alla compassione. La nostra cultura ci insegna che con la condanna noi cresciamo. Quando sbagliamo noi tendiamo a condannarci provocando dentro di noi una serie di emozioni negative. Questo impedisce un cambiamento. Infatti quando arriviamo alla compassione e ci prendiamo cura di noi possiamo crescere davvero.
• Secondo passo: curiosità e comprensione: quando passiamo dalla condanna di noi stessi alla compassione, possiamo approcciarci a noi stessi con curiosità, con la voglia di comprendere e di analizzare i nostri comportamenti.
• Terzo passo: Feedback costruttivo. Il linguaggio può essere usato in due modi: in modo giudicante o come feedback. Il feedback è derivato dall’esperienza che genera apprendimento. Il giudizio colpisce sempre l’identità. Il giudizio crea una equivalenza tra ciò che facciamo, diciamo e pensiamo e ciò che siamo. Il feedback si chiede: cosa posso fare di diverso? Il feedback serve a creare uno scenario diverso. Le domande da farsi sono: cosa concretamente posso fare di diverso? Cosa, invece, posso mantenere?
• Quarto passo: accettare i cicli. Uno degli errori più grandi che facciamo è la nostra idea perfezionista della vita che ci genera sofferenza, perché guardiamo alla vita non per come è ma per come pretendiamo debba essere. Così, noi pretendiamo che il cambiamento sia lineare e non vediamo che invece avviene per cicli.
• Quinto passo: sorridi e ridi di te. Si tratta di togliere la seriosità agli eventi, la pesantezza a ciò che accade. La risata è l’antidoto più forte all’ego e alle sue caratteristiche. Quando noi ridiamo di cuore si sgonfia l’ego. E cresce il sé, il vero sé.
Su quale di questi passi senti di voler lavorare maggiormente?Fri, 26 Jan 2024 - 279 - Episodio 278 - Genitori e figli: come affrontare questa sfida educativa
In questa diretta, insieme a Chantal Dejean, abbiamo continuato a parlare della delicata relazione tra genitori e figli. Cosa vuol dire che siamo noi che “scegliamo la nostra famiglia”? Perché ci “capitano” questi genitori, questi figli e quelle situazioni che viviamo? Nel nostro piano di incarnazione abbiamo fatto scelte che ci hanno portato a vivere la vita che stiamo vivendo. Compresa la relazione con i nostri figli. Curare questa relazione è una sfida urgente in questi tempi in cui spesso i giovani sono allo sbando dal punto di vista educativo. Cosa possiamo fare per custodire questa relazione?
Fri, 19 Jan 2024 - 278 - Episodio 277 - La magia di dire grazie.
La magia di dire grazie.
Gratitudine e speranza sono i due sentimenti che maggiormente dobbiamo imparare a coltivare. Perché ci fanno un gran bene. La gratitudine è uno stato di apprezzamento per qualcosa di interno o di esterno a noi. Quando siamo nella gratitudine noi apprezziamo ciò che siamo, ciò che abbiamo, ciò che l’altro fa per noi. Quando spostiamo il focus sulla gratitudine cambia il nostro stato psicofisico, mentale, spirituale. E ci sono tante ricerche che ne testimoniano i benefici. Ma nonostante i tanti benefici noi la pratichiamo poco. Perché?
Perché? Perché diamo troppe cose per scontato. Viviamo come assuefatti a ciò che proviamo. Ci sono 3 tipi di gratitudine e gli effetti che si possono avere cambiano a seconda del tipo a: • Essere grati a se stessi: questo tipo di gratitudine può essere considerato un vero e proprio antidoto per l’autogiudice, per il giudice interno; • Essere grati agli altri: questo tipo di gratitudine cambia il clima relazionale • Essere grati a Dio e alla Vita: questo tipo di gratitudine genera accettazione, diminuisce la rabbia e il senso di ingiustizia e quindi stiamo meglio. Essere grati ci fa essere meno nel confronto con gli altri. La gratitudine è consapevolezza. Quando non siamo grati siamo in uno stato di inconsapevolezza. Ricorda: se vuoi essere beato impara ad essere grato. Quali sono i tuoi motivi di gratitudine?Sat, 13 Jan 2024 - 277 - Episodio 276 - Curare le ferite dell'infanzia. Scopri i passi necessari per la guarigione interiore
Curare le ferite dell'infanzia.
Scopri i passi necessari per la guarigione interiore Nella scorsa diretta (• Le ferite dell'infanzia: perché facc...) abbiamo parlato delle ferite dell'infanzia e di quanto inconsapevolmente soffriamo a causa di esse. In questo video abbiamo parlato di come riuscire a curare queste ferite e guarire nel profondo. Quali sono i passaggi fondamentali per curare le ferite dell'infanzia?
Il passaggio primario è essere consapevole di dover fare un viaggio di attraversamento del dolore e di ricerca della verità. Il primo punto fondamentale per capire bene che c’è qualcosa della nostra infanzia che dobbiamo rivedere è il disagio (cioè dobbiamo prestare attenzione a quelle situazioni di disagio che viviamo) Il secondo step è chiedersi quel disagio quale emozione ci fa provare? Bisogna ascoltare il proprio corpo e vedere che emozioni sentiamo. Il terzo passo è imparare a riconoscere i nostri trigger, gli stimoli, le situazioni, che ci tirano dentro a quel disagio e alle emozioni correlate. Il passo successivo è individuare i ricordi in famiglia che hanno provocato disagio, emozioni e sofferenza, generando le nostre ferite. L’ obiettivo ultimo è togliere il velo all’immagine idealizzata che abbiamo costruito dei nostri genitori, disposti a vedere anche le parti “negative” nei nostri genitori.Fri, 05 Jan 2024 - 276 - Episodio 275 - Le ferite dell'infanzia: perché facciamo sempre gli stessi errori?
Le ferite dell'infanzia: perché facciamo sempre gli stessi errori?
Tante volte, quando abbiamo dei problemi, non riusciamo a risolverli e restiamo attaccati al nostro passato, mettendo in atto alcuni comportamenti senza sapere il perché. Spesso questo è frutto di alcune ferite e di conflitti che abbiamo vissuto nell'infanzia.
Quando abbiamo un problema ci sono tre livelli di consapevolezza con cui siamo nella situazione:
• Un livello coscio, consapevole, che gestisco; è il livello del ragionamento.
• Un livello preconscio, quello di una parziale consapevolezza, di “vedo e non vedo” la realtà della situazione.
• Un livello inconscio, inaccessibile alla mia coscienza.
Il primo livello, quello conscio, di analisi prevede le nostre difese. Accusiamo l’altro, iniziamo a trovare scuse per il nostro comportamento e ad accusare l’esterno per quello che ci accade.
Nel secondo livello, succede che proviamo rabbia, tristezza e frustrazione.
C’è un altro livello, quello inconscio, dove nascono le vere cause dei problemi attuali: è il livello dei bisogni, conflitti e problemi infantili. Dei conflitti infantili noi non ricordiamo nulla. Ci raccontiamo una storia sul nostro passato. Il bambino sviluppa un falso sé, poiché deve creare un sé adatto a ciò che i genitori vogliono. Per non perdere l’amore dei genitori. Il falso sé si alimenta di tutti i sentimenti che non abbiamo potuto esprimere nell’infanzia.
Cosa possiamo fare? Ne abbiamo parlato nel video.
Lezione 73 del Sentiero di Eva Pierrakos: https://www.bibliotecadelsentiero.org...
Libro consigliato: Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé, Alice MillerFri, 29 Dec 2023 - 275 - Episodio 274 - Una vita diversa
In questo video Paola Giovetti, giornalista e scrittrice, ha raccontato la sua storia, condividendo con noi il suo viaggio personale. Una vita normale, tranquilla di insegnante, madre e moglie, diventa una vita diversa dopo un incidente. Comincia quindi una profonda riflessione sulla vita oltre la vita.
La condivisione arricchisce e ispira creando connessioni tra le persone. Condividere, sia che si tratti di esperienze, conoscenze, emozioni o risorse, ha un impatto profondo su noi stessi e sugli altri. In questo video Paola Giovetti, giornalista e scrittrice, ha raccontato la sua storia, condividendo con noi il suo viaggio personale. Una vita normale, tranquilla di insegnante, madre e moglie, diventa una vita diversa dopo un incidente. Comincia quindi una profonda riflessione sulla vita oltre la vita. Inizia ad approfondire questo argomento ed avvia una nuova pagina della sua vita. Dall’ insegnamento si butta poi nel giornalismo. Da qui inizia tutta la carriera di giornalista e scrittrice. E cresce il suo interesse per l’ambito spirituale, della parapsicologia e dell’esoterismo, di cui diventa esperta.
Quanto desideriamo spingerci oltre nella ricerca?Fri, 22 Dec 2023 - 274 - Episodio 273 - Basta femminicidio
La cronaca ci nutre quotidianamente di notizie di violenza, di morte e di dolore. In particolare, queste notizie riguardano le donne.
Parlare della relazione: è necessario come antidoto dell'isolamento; cercare confronto con l'esterno sulla propria relazione.Consultare professionisti: se abbiamo dubbi e preoccupazione, è necessario parlare con professionistiDocumentare gli episodi: prendere appunti sul comportamento del partner ci aiuta a fare un quadro della situazione e ad avere dati di realtà con cui confrontarsi e accrescere la propria consapevolezza. Far percepire la rete: dare conoscenza del fatto che ci sono persone pronte a sostenermi e che non sono isolata. Ascoltare la propria paura: non si deve zittire la paura che sentiamo in coppia; non è sano sentire paura in coppia. Impariamo a difenderci. Basta femminicidio.
Cosa possiamo fare per evitare che la violenza vinca sempre?
Come possono le donne imparare a riconoscere questa violenza e a difendersi?
Il femminicidio è la conseguenza di un modo completamente sballato, disfunzionale e malato di vivere le relazioni.
Come possiamo imparare a distinguere e riconoscere i segnali di una relazione è sbagliata?
Eccone alcuni:
* Controllo eccessivo: in una relazione, il controllo non è mai un segno di cura e di amore.
* Gelosia estrema: la gelosia non è amore e non è un segnale di amore.
* Umore imprevedibile: le persone instabili non riescono a gestire le loro emozioni e non sanno essere pertinenti al contesto nelle loro reazioni emotive.
* Isolamento: c'è il tentativo di isolare dalle relazioni importanti, iniziando dalle amicizie per arrivare alla famiglia e alle relazioni più strette.
* Umiliazione e disprezzo: non devono far parte sostanziale di una relazione, la violenza verbale può essere il preludio della violenza fisica.
Cosa possiamo fare per proteggersi?
Impariamo a difenderci. Basta femminicidio.Fri, 15 Dec 2023 - 273 - Episodio 272 - Le 7 regole del Karma: come capire il karma
Cos'è il Karma? E come funziona?
Con il dott. Enrico Ruggini, psicologo e psicoterapeuta, abbiamo parlato di karma e delle sue leggi.
Il karma non è una legge di punizione, ma può essere considerato un vero e proprio principio guida per vivere una vita più consapevole e responsabile.
Il Karma oggi a noi è giunto come qualcosa del tipo se ti comporti male, poi verrai punito. In una successiva incarnazione sconterai i tuoi errori e sbagli. Ma questo è un travisamento.
Karma significa azione.
Inserito in una visione evoluzionistica dell’uomo, ha un significato diverso. Vuol dire raggiungere una tale maturazione di coscienza che ci porta a vivere più per gli altri che per noi stessi. Le azioni per arrivare a questo sono azioni collegate ai fili karmici che hanno una funzione educativa e non punitiva. Quindi karma è anche apprendimento, attraverso atti e azioni che hanno determinati effetti. È la legge del causa-effetto: qualsiasi azione ha un effetto. Gli effetti ci stimolano ad agire o reagire in un determinato modo. In questo processo del karma avviene la maturazione della coscienza. E la crescita. Per mancanza di coscienza compio determinati atti dei quali apprenderò insegnamenti nel corso di tutta l’esistenza.
Quali sono le 7 leggi del karma?
1. Ogni attività reca con sé un effetto
2. Questo vale per ogni categoria (pensieri, sensazioni, etc.)
3. L’effetto è della stessa natura della causa
4. Si creano cause volontariamente ed involontariamente
5. L’effetto ricade su chi ha mosso la causa
6. L’effetto ricade per dare coscienza al soggetto
7. L’effetto ricade quando il soggetto è pronto a comprendere.Fri, 08 Dec 2023 - 272 - Episodio 271 - Il potere trasformativo delle storie
Le storie sono molto più di semplici narrazioni. Sono strumenti potenti che hanno il potere di trasformarci e plasmare il nostro modo di vedere il mondo. Le storie ci modificano e possiamo sfruttare questo potere per il nostro apprendimento e sviluppo personale.
E' molto importante scrivere la propria storia sotto forma di fiaba.
Scrivere la fiaba della propria vita significa passare da un livello di lettura della propria storia superficiale ad una nuova consapevolezza: creare personaggi e simboli vuol dire aprire un mondo infinito.
Si smuove dentro di noi un mondo.
Come si scrive una fiaba?
Il primo elemento da tenere in considerazione è che non ci devono essere persone, ma simboli. Animali, personaggi inventati, oggetti, qualcosa che non esiste, qualcosa che racchiuda dei significati.
Quindi il resto viene automaticamente.
Scrivere una fiaba vuol dire dialogare con l’inconscio (si parla per immagini, l’inconscio in questo modo evoca ricordi e immagini in modo diretto, senza la parte razionale).
Superare le difese: quando scrivo la mia fiaba bypasso la razionalizzazione e le difese. Vuol dire andare oltre tutto ciò che il nostro inconscio considera “troppo” per noi.
Accrescere identificazione e proiezione: mi identifico maggiormente nei personaggi e nei simboli che creo, acquisendo consapevolezza di nuovi punti di vista.
Proiezione, invece, vuol dire che io posso proiettare nei vari personaggi tutte le parti di me. Attraverso la proiezione mettiamo ordine.
Elaborazione emotiva: elaboro un livello emotivo molto più forte e più vero di quello che mi racconto e tirando fuori le mie emozioni posso elaborarle.
Cosa accade?
• C’è un distanziamento emotivo: riesco a raccontare la mia storia con una maggiore distanza emotiva.
• Ristrutturazione narrativa: quando narriamo diamo una nuova cornice di riferimento a ciò che abbiamo vissuto.
• Rafforzamento dell’identità: non siamo più vittima del racconto razionale della nostra storia che prima ci facevamo.
• Creatività e flessibilità: quando scriviamo attiviamo la nostra parte creativa e diventiamo più flessibili perché cambia la nostra visione.Fri, 01 Dec 2023 - 271 - Episodio 270 - La pace possibile: costruisci la tua pace per portarla nel mondo
La pace possibile: costruisci la tua pace per portarla nel mondo
Nel mondo in cui viviamo e nel modo in cui viviamo spesso la pace interiore può sembrare un miraggio lontano.
Qual è la via della pace? Come possiamo costruire la pace?
Spesso il conflitto nasce dalle barriere, nasce dall’invidia e genera emozioni negative; il dialogo senza dubbio è una via di pace. La vita interiore plasma la realtà che ci circonda e se c’è la pace è frutto di una interiorità che riesce a esprimersi bene. Quando vediamo la guerra è un orrore, ma è come i sintomi di una malattia, c’è sempre un problema sotto. Bisogna curare ed occuparsi di ciò che c’è nel profondo, a livello sociale, ma anche personale. La malattia è una malattia che nasce dal conflitto interno. E la guerra che abbiamo dentro è uno specchio di quello che poi portiamo fuori, nelle nostre relazioni.
Finchè ci sono conflitti interni, ci saranno sempre conflitti esterni.
Per poter iniziare a risolvere i conflitti esterni è necessario partire da quelli interni.
Fino a che punto è possibile pacificarsi per portare pace?
Il cammino per la pace è un cammino sempre attivo, ma è un cammino lento che riguarda la capacità di convivere con quello che si è.
La pace richiede la capacità di lasciarsi bucare anche dalle spine, ovvero dalle proprie sofferenze, accettando ciò che siamo, cercando di non far male agli altri e accettando che anche gli altri possano avere le loro sofferenze.
Per portare la pace dobbiamo guardare quando non siamo pacifici, capire dove andare a lavorare con noi stessi.
Costruire la pace parte proprio dall’accettazione di noi stessi e degli altri. La pace a cui arrivare è più un educare. Non può essere pace come assenza di guerra perché impongo il mio dominio (il nostro ego vuole imporre il suo potere-dominio), ma è la pace come “porgere l’altra guancia”, non è sottomettersi, ma è semplicemente non ripiegarsi su se stessi e non pretendere la ragione.
I passi della maturità spirituale partono dalle regole e arrivano ai valori e quindi ad incarnare questi valori.
Qual è il cammino per progredire sul cammino della pace? Silenzio, preghiera e meditazione sono strumenti importanti e imprescindibili. Questo vuol dire auto-osservarsi. Più osservo me stesso e meno cado in dinamiche di guerra.
Un altro passo importante è iniziare a praticare la compassione.Fri, 24 Nov 2023 - 270 - Episodio 269 - Relazione genitori-figli: una lettura spirituale
Con un ospite speciale, Chantal Dejean, abbiamo affrontato il tema della relazione genitori-figli.
La relazione genitori-figli è una delle relazioni fondamentali nella vita di ognuno. In questa relazione si cresce, ci si struttura e ci si trasforma.
Il primo passo è strutturare la relazione con se stesso e la relazione di coppia. Poi possiamo entrare nella relazione con i propri figli. Quando possiamo dire che queste relazioni sono relazioni d’Amore?
Le relazioni d’Amore sono quelle in cui si promuove la crescita, il rispetto delle libertà dell’ altro. Le relazioni di Amore sono funzionali all’apprendimento. Il vero amore, infatti, non è a servizio dell’ego. La nostra anima vuole relazioni che la spingano a crescere, a far emergere le virtù e i talenti. Quindi le relazioni sono una palestra. Le relazioni d’Amore sono faticose perché ci insegnano e sono piene di attriti costruttivi che fanno crescere ed evolvere. Sono relazioni che spingono a dare il meglio di noi.
Quando abbiamo una buona relazione di coppia, allora possiamo costruire una buona relazione con i nostri figli. Le relazioni adulte però sono poche. Noi crediamo che l’altro debba rispondere ai nostri bisogni, riempire i nostri vuoti. La nostra sofferenza è legata a noi stessi e a quello che noi pretendiamo dall’altro. Una relazione disfunzionale è quando io tolgo libertà all’altro e l’altro a me.
Nella relazione con i figli quello che è importante è riconoscere il figlio come qualcuno di esterno a noi e rispettare la sua libertà e dare l’esempio di ciò che desideriamo che loro siano e ciò che loro possano essere. I figli spesso vengono vissuti come una risoluzione delle nostre problematiche. Per questo si ribellano.
E' importante imparare a dare libertà e darsi libertà. È importante chiedersi se come genitori siamo a servizio dell’ego o dell’anima e puntare sempre alla crescita e all’evoluzione dei nostri figli.Fri, 17 Nov 2023 - 269 - Episodio 268 - Chi comanda i nostri pensieri? Scopri come gestire i pensieri
Chi comanda i nostri pensieri? Scopri come gestire i pensieri
Come possiamo gestire i nostri pensieri?
La nostra sofferenza è quasi sempre creata dai nostri pensieri. Nel momento in cui impariamo a gestire i nostri pensieri, gran parte della nostra sofferenza si dissolve.
Spesso siamo in balìa dei nostri pensieri perchè non siamo in grado di gestirli. I pensieri influenzano le nostre azioni e emozioni. Ed è quindi di fondamentale importanza imparare a gestirli.
Come fare?
Il primo passo consiste nell’ ascoltare il pensiero e comprendere quale parte di noi è al comando. Quando ci arriva un pensiero dobbiamo ascoltare il pensiero e chiederci cosa la mente sta producendo. Ascoltare il pensiero vuol dire fare silenzio, sentire e trascrivere cosa sta accadendo. Una volta che l’abbiamo ascoltato possiamo riconoscerlo come qualcosa di diverso da noi: noi non siamo i nostri pensieri.
Il passo successivo è chiederci: dove nasce questo pensiero? Bisogna individuare le emozioni che ci sono dietro al pensiero e comprendere se il pensiero nasce dalla parte animica, dal sé superiore o dall’ego, la parte impaurita, chiusa, che gioca in difesa.
Il terzo passo è chiederci: cosa porta questo pensiero? Emozioni piacevoli? Un contributo costruttivo per me e l’altro oppure rabbia, tristezza, distruzione?
Il quarto passo è chiederci: dove conduce? Dove ci porta questo pensiero?
Il quinto passo è chiedersi: sa aspettare? Questo pensiero sa aspettare? Per distinguere se un pensiero fa bene o fa male bisogna osservare e vedere se il pensiero è frettoloso, non è presente, ma se sa aspettare.
Chi è al comando della tua nave?Fri, 10 Nov 2023 - 268 - Episodio 267 - Oltre l'inconsapevolezza. Scopri i modi in cui cancelliamo la realtà e come rimediare
Oltre l'inconsapevolezza. Scopri i modi in cui cancelliamo la realtà e come riscrivere la nostra storia
La sofferenza umana è dovuta alle immagini che ci facciamo della realtà. Infatti non è la realtà a farci soffrire, ma ciò che scegliamo di vedere di essa.
Quello da cui è importante partire è la consapevolezza del fatto che noi non possiamo mai prendere tutti i dati di realtà, ma ne abbiamo sempre una rappresentazione. Cancelliamo sempre qualcosa. Alcune cancellazioni sono utili e funzionali. Altre però sono dannose e ci provocano sofferenza.
Quali sono le cancellazioni che ci fanno soffrire maggiormente?
• Giudizio assoluto: spesso abbiamo bisogno di spaccare la realtà in due, di dividere in buoni o cattivi, bianco o nero… questa non è la realtà, ma l’ immagine che noi ci siamo fatti della realtà. Quando ci sentiamo colpiti, feriti tendiamo a formulare giudizi assoluti.
• Ignoranza selettiva: vuol dire attaccarsi solo a delle informazioni, a quelle che ci confermano, a ciò che già pensiamo (bias della conferma); quando abbiamo convinzioni, ignoriamo in modo selettivo ciò che non ci conferma.
• Generalizzazione: avviene quando rendiamo la parte il tutto.
• Identificazione: avviene quando ci identifichiamo in un ruolo e cancelliamo altre parti di noi.
• Cecità sui bisogni: non conosciamo i nostri bisogni; ci nascondiamo i nostri bisogni e le nostre esigenze e lo facciamo anche con gli altri. Quando non conosciamo i nostri bisogni , ci allontaniamo da noi stessi
Cosa si può fare?
Con i giudizi assoluti si può fare una pratica di consapevolezza: quando esprimiamo giudizi assoluti, possiamo trovare almeno tre cose che smentiscano il nostro giudizio. Bisogna mettere il giudizio alla prova della realtà. E la realtà vince sempre.
Con l’ignoranza selettiva possiamo fare questo: quando vediamo che tutto mi conferma quello che penso, dobbiamo chiederci cosa non stiamo vedendo, quale aspetto abbiamo cancellato.
Con la generalizzazione dobbiamo tornare all’evento, alla situazione, all’esperienza che abbiamo vissuto; dobbiamo risalire all’esperienza di partenza.
Con l’identificazione dobbiamo chiederci: sono solo questo? Ed individuiamo anche le parti che non vediamo.
Con la cecità sui bisogni possiamo chiederci di cosa abbiamo bisogno davvero. E ricercare i nostri veri bisogni e trovare modi di soddisfare i nostri bisogni.Fri, 03 Nov 2023 - 267 - Episodio 266 - Meditazione quotidiana: crea presenza in ogni cosa che fai!
Con Fabrizio Giuliani, maestro di meditazione, abbiamo parlato della pratica nella vita quotidiana.
La meditazione ha benefici notevoli ormai noti e riconosciuti a diversi livelli.
Ma come si fa a coltivare la presenza con la meditazione?
E' possibile farlo nelle attività che svolgiamo durante le nostre giornate?
Spesso ci approcciamo alla pratica formale come se fosse la panacea di tutti i mali, la risoluzione ai nostri problemi. E quando pratichiamo magari stiamo anche meglio. Ma poi, cosa accade nella quotidianità delle nostre vite?
Per poter praticare nella quotidianità è necessario aprire il cuore e la mente ad un’esperienza diversa. Occorre prestare attenzione ad ogni cosa che facciamo. Minfulness è proprio non dimenticare, non dimenticare di essere presente, di prestare attenzione a quello che stiamo facendo.
Certamente la pratica formale è utile per allenare il muscolo dell’attenzione, ma durante la giornata dobbiamo ricordarci di non dimenticare.
Mindfulness è infatti la capacità di osservare quello che succede senza giudizio. La consapevolezza è come uno specchio: riflette quello che sta succedendo; è importante fare la pratica formale, ma è importante anche portarla nella vita di tutti i giorni.
Questo significa: fai quello che stai facendo. Non è importante cosa stai osservando, ma l’importante è osservare. Fare tutto con presenza. Questo cambia anche le relazioni tra le persone.
Spesso noi ci distraiamo pensando a quello che dobbiamo rispondere e non a quello che gli altri dicono. Ma se riusciamo a prestare attenzione, cambiano le nostre risposte.
E quindi le nostre relazioni. Perché cambia la presenza nella relazione.
Quando usciamo dall’inferno della mente permettiamo alla vita di fluire. La vita si vive nella pratica quotidiana.
Crea la tua presenza e fammi sapere cosa cambia quando vivi il quotidiano nella presenza.Fri, 27 Oct 2023 - 266 - Episodio 265 - Relazioni felici in pratica: come costruire legami sani e nutrienti
Come costruire le buone relazioni? Quali sono i punti fondamentali per riconoscerle?
La relazione autentica non è misurata dal tempo trascorso insieme, ma dalla profondità dell’eco che lascia nell’anima.
Per poter fare una valutazione rispetto alle nostre relazioni, se siano sane e nutrienti o tossiche e distruttive, il primo elemento da tenere in considerazione è comprendere quale parte di noi compie questa valutazione, cioè se è il nostro ego o la nostra parte adulta e animica.
L’ ego ha i suoi criteri per dire che una relazione è sana che sono semplici, ma che non ci consentono di stare bene davvero, in quanto prevalentemente basati su pretese.
Quali sono i criteri dell’anima? Che cosa è che ci fa stare bene davvero?
Una relazione sana ha bisogno di connessione emotiva.
In cosa consiste la connessione emotiva? Eccone i punti principali:
• comprensione reciproca, ovvero la capacità di esprimere i propri sentimenti cercando di farsi comprendere dall’altra persona e di ascoltare i sentimenti degli altri;
• apertura emotiva: capacità di mostrare le proprie emozioni, nonostante il timore del giudizio;
• curiosità verso l’altro: cioè avere attenzione e desiderio a conoscere l’altro;
• benessere condiviso: stiamo bene quando stiamo insieme?
• Apprendimento condiviso: quanto andiamo avanti insieme? quanto cresciamo insieme? C’è scambio?
• Presenza interiorizzata: sentire che dentro abbiamo le persone a cui vogliamo bene, anche quando non sono fisicamente con noi.
Ma come si fa ad arrivare a questo livello di connessione emotiva?
• Dialogo sincero: io sento…io penso…
• Essere veri: mostrarsi per ciò che siamo, ciò che sentiamo, ciò che pensiamo…significa non fingere
• Empatia attiva: mi impegno attivamente a sentire e capire come sta l’altro
• Momenti condivisi: momenti in cui si vive davvero un’esperienza insieme
• Fiducia condivisa: la possibilità di fidarsi dell’altro;
• Rispetto dell’alterità: valorizzare e accettare le peculiarità dell’altro e comprendere che l’altro sente in modo diverso da me, pensa, crede, agisce in modo diverso da me e questo va rispettato.
• Dedizione alla relazione: mettere impegno, energia e voglia in una relazione.Fri, 20 Oct 2023 - 265 - Episodio 264 - 5 tipi di cambiamento nella vita: scopri il tuo e come gestirlo
Il cambiamento è una costante nella nostra vita: cambiare è inevitabile e necessario.
Spesso però il cambiamento ci spaventa, anche perché non ne conosciamo le caratteristiche e la tipologia. Solo conoscendo quale tipo di cambiamento stiamo vivendo possiamo gestirlo al meglio.
Vediamo insieme i 5 tipi di cambiamento:
1) Cambiamento incrementale: è un cambiamento che va fatto un passo alla volta.
È un cambiamento che riguarda soprattutto le nuove abilità da apprendere. Si tratta di fare piccoli passi continui nel tempo. La costanza è l’elemento cruciale. Tra i vantaggi c’è che è facile da gestire ed è meno stressante e consente di adattarsi gradualmente. Tra i contro c’è il fatto che è necessario più tempo per vedere i risultati. Cosa possiamo fare? Riserviamo 10 minuti al giorno da dedicare a ciò che vogliamo cambiare.
2) Cambiamento a valanga: è il cambiamento dovuto ad un unico passo grande ed importante che scatena tanti altri cambiamenti. Tra i vantaggi ci sono i risultati raggiunti in modo rapido e il fatto che produce trasformazioni profonde. Tra i contro potrebbe esserci lo stress e la fatica di questo tipo di cambiamento. Cosa fare? Prendersi del tempo per riflettere prima di prendere decisioni impulsive.
3) Cambiamento per insight: è una vera e propria rivelazione e deriva da tutto ciò che l’inconscio ha già dentro di sé. Proprio per questo è più potente. È una rivelazione che porta un cambiamento. Tra i vantaggi c’è il fatto che è motivato da una profonda comprensione. Tra i contro c’è il fatto che può essere inaspettato. Cosa fare? Possiamo tenere un diario per non ignorare le intuizioni e le riflessioni che ci vengono in mente. Scrivere le intuizioni ci fa capire che magari ritornano nel tempo o se sono state solo un pensiero del momento.
4) Forzato: è quel cambiamento che non dipende da noi, arriva e lo dobbiamo accettare. Tra i pro c’è che può portare nuove opportunità ed evoluzione e crescita personale. Tra i contro c’è che è difficile da accettare e gestire. Cosa fare? Possiamo prepararci ed essere pronti, creando una rete di supporto e creando risorse, allenando la pazienza.
5) Cambiamento evolutivo: è un tipo di cambiamento naturale perché rispecchia delle fasi della nostra esistenza, che noi spesso possiamo ostacolare. Tra i vantaggi c’è che fa parte del processo naturale di crescita e di evoluzione. Tra i contro c’è l’incertezza che porta con sé e le sfide che ne derivano. Cosa fare? Abbracciare ogni fase della vita e cercare di imparare da ogni esperienza.
Un elemento da tenere in considerazione quando parliamo di cambiamento è che è inevitabile e porta sempre con sé una buona dose di resistenze e di paura, legate appunto al timore di cambiare. Ma partendo da questa consapevolezza possiamo procedere nella nostra vita gestendo anche le nostre resistenze e paure.Fri, 13 Oct 2023 - 264 - Episodio 263 - Da sentirsi KO a sentirsi OK
Da sentirsi KO a sentirsi OK: strategie per affrontare le avversità e crescere.
Quante difficoltà affrontiamo quotidianamente?
La vita spesso è generosa nel metterci di fronte a sfide ed avversità da affrontare.
Come possiamo passare dal sentirsi ko al sentirsi ok?
La vita è costituita al 10% di quello che ci accade e al 90% del nostro modo di reagire a quello che ci accade. E questo ci fa paura. Perché?
Perché ognuno di noi, nella propria vita, ha bisogno d certezze. Ma non siamo disposti a rinunciare alla certezza che la sofferenza sia oggettiva, siamo convinti che siamo vittime di quello che stiamo vivendo. Questo dipende dal fatto che la nostra mente, il nostro ego, lavora su categorie opposte; la nostra mente è duale (o è colpa dell’esterno o è colpa mia). Non riusciamo a andare oltre questo conflitto.
Da dove iniziare per superare questo conflitto?
• La prima cosa da fare è fermarsi, fermare il turbinio della mente e vedere cosa realmente sta accadendo, come la mente sta guardando la nostra realtà. La realtà sono i dati oggettivi (non sono l’interpretazione che la nostra mente dà della realtà), la mente ne dà una interpretazione. Come riconoscere i dati di realtà? Possiamo notare i verbi che utilizziamo, se riferiamo all’esterno la nostra sofferenza (chiediti: cosa di ciò che sta accadendo mi fa soffrire?). L’ego invece ci agita quando abbiamo bisogno di calma. Quando scatta questo dialogo interno bisogna fermarsi.
• Il secondo passo è imparare a distinguere la rassegnazione dall’accettazione e smettere di sentire di subire la vita con atteggiamento passivo. Rassegnazione vuol dire mantenere lo stato di opposizione verso qualcosa, di rifiuto, di agitazione verso qualcosa e appesantirlo con emozioni negative; la rassegnazione è una doverizzazione al peggio. L’accettazione, al contrario, è accettare semplicemente, vedere le cose che stanno accadendo, sentire il proprio rifiuto e gestirlo, accogliendo ciò che sta accadendo. L’accettazione è uno stato pre-mentale: prima che la mente esprima il proprio giudizio di attaccamento o avversione, io accolgo quello che accade. È apertura.
Come si cresce e come si passa dal sentirsi ko al sentirsi ok?
• Allenarsi e accrescere conoscenza e consapevolezza: far diventare ogni prova un momento di crescita: cosa mi vuole insegnare questa prova?
• Allenarsi ed accrescere la fede/fiducia/speranza e quindi avere prospettiva
• Supporto relazionale e condivisioneFri, 28 Jul 2023 - 263 - Episodio 262 - Gli insegnamenti che nutrono la vita: le lezioni delle guide del Cerchio Firenze 77
Ci sono insegnamenti e lezioni che possono arricchire la nostra esistenza, se siamo disposti ad aprirci alla bellezza del messaggio che portano con sé.
Insieme ad Enrico Ruggini, psicologo e psicoterapeuta, abbiamo parlato dell'esperienza del Cerchio Firenze 77.
I maestri del Cerchio Firenze 77 hanno lasciato i loro insegnamenti, che hanno come obiettivo quello di andare oltre la separatività, che caratterizza la nostra condizione umana, e arrivare, ampliando la propria coscienza, all’apertura verso l’altro.
Si tratta quindi di accrescere la conoscenza del proprio mondo interiore e la propria consapevolezza, prendendo coscienza che la vita è un insieme di eventi che, per esperienza e livelli di conoscenza, ci porta al momento che viviamo, il tutto all’interno di un processo evolutivo. L’uomo parte da uno stato di evoluzione basso, in cui si sente separato dal tutto e da tutti, e, nel corso della sua esistenza, evolve attraverso precisi apprendimenti e insegnamenti che gli arrivano dalle esperienze che vive.
Siamo qui per imparare, crescere, evolvere e connetterci sempre di più all’altro.Fri, 21 Jul 2023 - 262 - Episodio 261 - Check up emotivo. Scopri il tuo grado di benessere emotivo.
Tutti vogliamo stare bene e ognuno cerca delle strategie per poter accrescere il proprio benessere emotivo.
Ma da dove possiamo partire? Quali sono i passaggi per fare una valutazione sul nostro stato emotivo?
Prestare attenzione alle proprie emozioni e comprendere come valutare il proprio stato emotivo è di fondamentale importanza. Il benessere emotivo non consiste nell' essere sempre felici, ma nel saper gestire efficacemente le diverse emozioni che si provano. Per valutare il benessere emotivo possiamo iniziare con l'identificazione delle emozioni provate e la valutazione dell'intensità da 1 a 10 in situazioni specifiche. Possiamo, per esempio, valutare diverse situazioni come la frustrazione, il conflitto e la rinuncia alla gratificazione e le emozioni provate in tali contesti. E' importante essere onesti con se stessi nella valutazione del proprio benessere emotivo e prestare attenzione al fatto che valori elevati di emozioni negative possono richiedere un lavoro di gestione e miglioramento.
Ma quali sono i sintomi legati al malessere emotivo a cui prestare attenzione?
In primo luogo, il pensiero dicotomico, ossia la tendenza a vedere le situazioni in modo polarizzato, con la necessità di dimostrare di avere ragione o di considerare gli altri come nemici. Questo può generare reattività e tensioni nelle relazioni interpersonali.
In secondo luogo, il pensiero catastrofico, che consiste nella tendenza a immaginare scenari negativi e catastrofici anche di fronte a situazioni di minore entità. Questo tipo di pensiero può alimentare ansia e preoccupazione costante. Inoltre, la personalizzazione, ovvero la tendenza a personalizzare situazioni ed eventi, come se il mondo girasse intorno a noi.
Infine la difficoltà di gestire le emozioni di secondo livello, ovvero quelle generate dalla mente, riflettendo sulle situazioni che scatenano queste emozioni e a registrando quando si verificano, per poter lavorare sulla comprensione delle situazioni e dei pensieri associati, al fine di modificare la percezione e le reazioni emotive. L'obiettivo è sviluppare una migliore gestione delle emozioni.
Cosa possiamo fare? Osservare e riconoscere le proprie emozioni, attraversarle senza paura e smettere di giudicarle. Fare un check-up delle situazioni che attivano le emozioni e valutare l'intensità di sintomi come la rabbia, la paura o la tristezza. Praticare la meditazione per osservare e riconoscere i propri pensieri, senza cercare di zittire la mente.
Questi sono solo alcuni esempi di strategie da utilizzare per iniziare a lavorare con le proprie emozioni e aumentare il proprio benessere emotivo.Fri, 14 Jul 2023 - 261 - Episodio 260 - Cambiare per crescere: i passi del cambiamento personale
Spesso nonostante la ricerca frenetica per raggiungere un obiettivo specifico, per avare un cambiamento, bastano poche cose, semplici, ma vanno applicate.
San Francesco dice: cominciate col fare ciò che necessario, poi ciò che è possibile, e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile. Il punto di partenza per avere un cambiamento dunque è fare ciò che è necessario.
Cosa è il necessario?
1) L’auto-osservazione: cosa accade dentro di me? Questo toglie ogni forma di personalizzazione. Nel fare questo spesso commettiamo degli errori: il primo errore è osservare per cambiare (quando osserviamo dobbiamo osservare per osservare, ci immergiamo nella realtà osservandola); un altro errore è conoscere se stessi (scambiamo per giudicare se stessi: se mi osservo per avere l’ultima verità su me stesso perdo di vista che sono un divenire costante); un altro errore è provare a fare la media matematica: spesso ci osserviamo per fare la media matematica...ci valutiamo e poi facciamo una media tra i “voti” che ci diamo. Quando ci ascoltiamo mettiamo più armonia dentro di noi.
2) Non giudizio: quando siamo nel come dovremmo essere, siamo nel conflitto, nella condanna. Non possiamo cambiare fintanto che ci giudichiamo. Ci vuole onestà e coraggio per osservare senza giudicare.
3) Volontà: impegno, sforzo e pratica: ci vuole impegno, anche di non intervenire, per restare nell’osservazione; ci vuole sforzo, perché potrebbe essere faticoso restare nell’osservazione; pratica perché bisogna allenarsi ad osservare.
4) Costanza: smetterla di chiedersi qual è il passo successivo, perché la vita è un alternarsi continuo e armonioso.
La mente, invece, è tarata così, su queste domande:
• chi voglio apparire?
• Chi devo essere?
• Chi voglio essere?
E alla fine osserviamo chi siamo…lo lasciamo sempre in ultimo piano. Quanta energia spendiamo per sembrare chi non siamo?
Mettersi di fronte a se stessi è difficile, ma è liberante. Vuol dire scoprire la verità di se stessi e la verità rende liberi. Il cambiamento, in questo senso, non è la finalità, ma avviene e basta.Fri, 07 Jul 2023 - 260 - Episodio 259 - Come trasformare l'odio di sé in Amore e CAMBIARE davvero
Quante volte ci sentiamo stanchi e intrappolati nell'odio verso noi stessi?
Desideriamo cambiare e imparare ad amarci davvero, ma non sappiamo come fare.
L’amore è uno stato di coscienza.
Amare se stessi vuol dire vedere serenamente e col cuore aperto tutti i proprio i limiti e partire dall’accettazione dei propri limiti con amorevolezza.
Non si tratta di essere perfetti, ma si tratta di essere consapevoli di se stessi.
Finchè aspiriamo a non sbagliare per amarci non riusciremo mai a farlo davvero.
Quali sono i sintomi del non amore di sé?
• Odio di sé: può essere esplicito (mi odio quando…) o implicito, inconsapevole (autosabotaggio, sentirsi inferiori o inadeguati; si riconosce dal non sapersi stare accanto, dal non riuscirsi ad incoraggiare);
• Autoindulgenza: vuol dire non tenerci a stare bene, a dare il meglio; sono quei comportamenti che mettiamo in atto quando siamo troppo indulgenti o troppo giudicanti verso noi stessi. Questo vuol dire che non ci amiamo;
• Negazione del sé inferiore: negare il nostro sé inferiore, non riesco a vedere il mio grande ego e lo nego;
• Giustificazioni e accuse: perché abbiamo bisogno di giustificarci e accusare gli altri? Per Il timore di avere delle colpe e questo indica che siamo nell’amore condizionato. Questi sono filtri che non ci permettono di conoscerci, di vederci. E quindi di amarci.
Come si arriva all’AMORE DI Sé? Attraverso questi passaggi:
• conoscenza: l’amore presuppone conoscenza, di se stessi innanzitutto;
• consapevolezza: la consapevolezza è analisi di ciò che accade, non è giudizio, ma feedback. Cosa evitare per accrescere la vera consapevolezza? Autoindulgenza e ipergiudizio, bisogna semplicemente guardare ed essere consapevoli di quello che accade dentro di noi.
• Accettazione: non è rassegnazione (io sono così); accettazione vuol dire non negare quello che sta accadendo, senza filtri (giustificazione, accuse, proiezioni, etc.);
• cura di sé: sapersi stare accanto: quali sono i momenti in cui vi prendete cura di voi stessi?
• Crescita ed evoluzione: mi conosco, sono consapevole del mio mondo interno, accetto, mi prendo cura della parte di me che voglio cambiare e promuovo crescita ed evoluzione.
Queste sono i punti fondamentali dell’amore di sé.Fri, 23 Jun 2023 - 259 - Episodio 258 - Trasformare il dolore: le fasi dell'elaborazione del lutto
Trasformare il dolore: le fasi dell'elaborazione del lutto.
La prima cosa da tenere in considerazione quando parliamo di lutto è che Il dolore non è qualcosa di negativo. Elaborare il dolore vuol dire vivere emozioni e riconoscerle.
Il lutto e il dolore non sono solo legate alla morte di una persona. Il lutto è la perdita, la separazione e perdita di identità, la fine di una storia di amore, di una amicizia, allontanamento dei figli (cambia qualcosa nel rapporto), una malattia inaspettata, un evento traumatico, , etc.
Cosa vuol dire elaborare?
Il punto di partenza dell’elaborazione del lutto è comprendere che non ci sono scorciatoie per il dolore. L’unica cosa che possiamo fare per integrare ed elaborare il dolore è attraversarlo.
Spesso incappiamo in due errori:
• Evitare il dolore
• Rimanerci incastrati dentro.
Come possiamo accorgerci che siamo ancora nella non elaborazione? Se mettiamo in atto questi comportamenti:
• comportamenti compulsivi: non riuscire a non fare qualcosa (mangio troppo, bevo troppo, dipendenze, ) qualcosa che non è più sotto il mio controllo;
• ritiro dalle relazioni: isolamento.
• iperattività: segno che non vogliamo contattare quel dolore. Vogliamo evitare il dolore con il fare, ma questo crea un loop e ti mantiene nel dolore; finchè eviti non cresci e non vai avanti.
• Insonnia-iper-reattività: disturbi del sonno ( non riuscire a dormire bene), essere molto irritabili, reazioni spropositate al minimo stimolo.
Elaborare invece significa confrontarsi con il fatto accaduto (morte, malattia, relazione finita), confrontarsi con le emozioni che il fatto genera.
Secondo il modello di Kubler-Ross le fasi dell’elaborazione del lutto sono 5:
• Negazione: sensazione anche inconscia che non è possibile, non mi sembra vero ciò che è accaduto; • Rabbia: spesso noi abbiamo difficoltà a riconoscerla, a viverla ed accettarla; cerchiamo subito di scacciare la rabbia; è una fase naturale ed è naturale se è una fase, cioè se passa; è necessaria perché risponde a due situazioni che viviamo (impedimento al benessere e all’ingiustizia); • Contrattazione: cercare di aggiustarsi la realtà; è un vero e proprio patteggiamento con la vita, cercando una soluzione, che di solito è solo razionale; è la fase della razionalizzazione.
• Depressione: è la fase della disperazione, come se tutte le difese precedenti mollano e il dolore invade e ti arrendi al dolore come se non ci fosse più nulla da sperare;
• Accettazione: quando accetto ciò che è successo, le emozioni che provo e le integro e finalmente torno alla vita. È la porta per uscire dal dolore dopo aver attraversato le diverse fasi; senza idealizzare.
Quali sono i passaggi necessari?
• Confrontarci con quelle fasi e capire dove stiamo, dove ci stiamo incastrando
• Confrontarci con il vissuto
• Evitare di evitare.Fri, 16 Jun 2023 - 258 - Episodio 257 - È possibile avere relazioni vere?
Il potere delle relazioni. Scopri come avere relazioni vere.
Come possiamo creare relazioni sane e nutrienti?
Ci sono delle capacità necessarie per poter avere relazioni sane e intime. E' importante coltivare ed allenare ogni giorno queste capacità. Quali sono?
Ne abbiamo parlato insieme ad un piccolo gruppo della Community Relazioniamoci. Avere relazioni vere non è semplice. ma se dovessimo tracciare un profilo delle qualità necessarie a coltivare relazioni autentiche, certamente potremmo partire dalla CURA. Avere cura vuol dire avere a cuore, prestare attenzione all'altro, accoglierlo senza giudizio. Infatti, il NON GIUDIZIO è un'altra delle capacità fondamentali. Parlando di relazioni vere occorre inoltre considerare l' IMPEGNO necessario per la cura e la VOLONTA' necessaria per stare in relazione. È nella relazione che ci mettiamo in gioco. È nella relazione che rischiamo ed è nella relazione che possiamo crescere ed evolvere. Accogliendo i conflitti per poterli affrontare; accogliendo il confronto per poter costruire; accogliendo l'apertura per poter cambiare.
Quindi, è possibile avere relazioni vere?
Qui ve ne è una testimonianza.
Grazie, AntonioFri, 09 Jun 2023 - 257 - Episodio 256 - E se potessimo annullare il dolore?
Con il giornalista e scrittore, Rocco Pezzano, abbiamo dialogato sul tema del dolore, prendendo spunto dal suo ultimo libro "Il sorriso del mostro".
Cosa accadrebbe se potessimo cancellare il dolore? Come cambierebbe la nostra vita se fosse possibile dimenticare i nostri dolori?
Nel romanzo si esplorano le profondità del dolore psicologico a seguito di una grave perdita, con l’ipotesi che c’è qualcuno che ha inventato la possibilità di eliminare il dolore attraverso un farmaco.
La storia provoca e solleva un'interessante domanda rivolta ad ognuno di noi: se esistesse un modo per eliminare il dolore, lo accetteremmo?
Una vita senza dolore avrebbe una ripercussione nel nostro mondo interno. Il dolore è ciò che ci permette di crescere, il dolore naturale è quello che ci permette di riequilibrare tutto dentro. Ritirarci e mettere a posto dentro di noi è fondamentale per poter crescere ed evolvere. Il dolore è la base dell’empatia. Dolore e piacere passano dagli stessi circuiti: se annulliamo il dolore annulliamo anche la possibilità di provare piacere.
Che vita sarebbe senza dolore?Fri, 02 Jun 2023 - 256 - Episodio 255 - La battaglia dentro di noi: come risolvere i conflitti interiori
La battaglia dentro di noi: come risolvere i conflitti interiori.
Cosa è il conflitto interno? Come possiamo riconoscerlo? A cosa serve?
Il conflitto interno è una delle cause principali della nostra sofferenza.
Noi passiamo molto tempo in conflitti interni più che nei conflitti con gli altri.
Il conflitto è costituito da tensioni emotive o mentali causate da idee, sentimenti, convinzioni o valori contrastanti; si tratta di due forze che vanno o che tirano in direzioni opposte. Di solito si tratta di un conflitto tra conscio ed inconscio.
Come possiamo riconoscere i nostri conflitti interni? Possiamo farlo prestando attenzione a cosa producono in noi:
• ansia e pura
• stress
• irritabilità
• indecisione e blocco
• evitamento
Ma perché si creano i conflitti?
Dentro di noi abbiamo tante parti. Quello che è importante comprendere è che tutte le nostre parti vogliono raggiungere le stesso obiettivo, ma in maniera diversa.
Per poter andare oltre il conflitto è necessario imparare la mediazione interna, partendo dalla considerazione che ogni parte:
• ha la sua dignità
• vuole essere vista e ascoltata e accettata
• agisce per la tua felicità
• fa il meglio che sa fare
il punto di partenza è riconoscere il conflitto e prendere in considerazione il fatto che le parti inconsce sono molto più potenti di quelle razionali; una volta rintracciato il conflitto, possiamo instaurare un vero e proprio dialogo tra le parti, fatto di negoziazione e mediazione tra le parti, cercando di focalizzarsi sempre sulle intenzioni positive e costruttive che la parte ha nei nostri confronti.Fri, 26 May 2023 - 255 - Episodio 254- Intelligenza Artificiale: come influenza mente, benessere e relazioni
Intelligenza Artificiale: come influenza la mente, il benessere e le relazioni.
L'intelligenza artificiale sta cambiando la nostra vita ed ha un impatto significativo sulla psicologia umana.
I cambiamenti riguardano la nostra mente, il nostro benessere e le nostre relazioni. In quali benefici e quali rischi si concretizza questo impatto nella nostra vita quotidiana?
Tra i vantaggi possiamo trovare: • efficienza e produttività: l'utilizzo dell'intelligenza artificiale riduce i tempi di programmazione e realizzazione di idee e progetti;
• Analisi dei dati: analizza i dati più velocemente ed in modo innovativo;
• Personalizzazione delle operazioni: apprende dalle interazioni precedenti e quindi aumenta la precisione nella qualità delle risposte che genera;
• Accessibilità: le informazioni sono più accessibili a tutti ed in modo più veloce;
• Innovazione: usata bene in ogni campo permette di raggiungere risultati prima impensabili.
Si tratta infatti di un’assistente super efficiente.
Quali sono invece i probabili rischi legati all'uso dell'intelligenza artificiale? Vediamone alcuni:
• dipendenza ed isolamento: se si inizia a vedere che nell'intelligenza artificiale c’è tutto il rischio è che si crea una dipendenza
• ansia e stress: l'ansia e lo stress possono essere generati da problemi legati all'utilizzo etico relativamente all'intelligenza artificiale;
• Distorsione della realtà: l'intelligenza artificiale, grazie alla sua capacità di apprendimento impara i tuoi gusti e ti propone sempre solo cose che confermano i tuoi gusti e tu hai una dispercezione della realtà.;
• Relazioni umane deboli: pensare che da li possiamo avere tutto,; c'è un sovraccarico di informazioni e indebolisce le relazioni;
• Modelli idealizzati: perdendo il contatto con la realtà, rischiamo di confrontarci, solo idealmente, con modelli che non esistono realmente;
• Gelosia e insicurezza: nella relazione l’altro si allontana per interagire con la macchina e questo può generare gelosia e insicurezza nel partner.
Cosa possiamo fare? come relazionarci con l'intelligenza artificiale in modo sano? Possiamo ripuntare e rafforzare le relazioni umane. Tornare a capire che le macchina analizziamo dati e danno informazioni. Ma che resta necessario, se non prioritario, investire tempo ed energia per entrare in relazione reale e concreta con l'altro e restare focalizzati sul come usiamo questo tipo di strumenti.Fri, 19 May 2023 - 254 - Episodio 253 - Le relazioni il segreto per una vita felice
Spesso sottovalutiamo l'importanza delle relazioni nella nostra vita.
Eppure le relazioni hanno un impatto enorme sul nostro benessere psicologico. E vi è una ricerca che dimostra la validità di questa affermazione.
La ricerca parla dell'importanza delle relazioni nella nostra vita e di come esse possano influenzare la nostra felicità, salute e longevità. Robert Waldinger, insieme ad un gruppo di ricercatori, ha studiato la vita di un gruppo di persone con differenti caratteristiche per 75 anni e ha scoperto che coloro che hanno curato le proprie relazioni hanno tratto molti benefici. Tra questi benefici ci sono: * la riduzione dello stress * il miglioramento dell'umore * il rafforzamento del sistema immunitario * l'aumento della resilienza * il miglioramento della salute mentale.
Al contrario, chi ha relazioni tossiche può avere un deterioramento fisico ed emotivo e vivere meno. Ma quali sono le caratteristiche delle relazioni sane? Le relazioni sane sono quelle in cui è presente: * una comunicazione aperta e onesta: vuol dire parlare di sé, del proprio sentire; * supporto: devo sapere di poter contare sull’altro; * empatia: so sentire il sentire dell’altro? noto cosa l’altro prova e sente? * affetto fisico: sono presenti contatto fisico o abbracci nelle mie relazioni? * tempo di qualità insieme: la qualità delle relazioni ha un impatto positivo sulla felicità e consente di costruire relazioni forti, durature e di qualità. * risoluzione dei conflitti: le buone relazioni non sono quelle in cui non ci sono conflitti, ma quelle in cui i conflitti vengono risolti.Fri, 12 May 2023 - 253 - Episodio 252 - Il cinema dentro di te: come le storie ci lavorano dentro
ll cinema dentro di te: come le storie ci lavorano dentro.
Con un ospite speciale, Giovanni Covini, life coach e filmaker, parliamo di storie.
Le storie che raccontiamo; le storie che ci raccontiamo; le storie che ascoltiamo e che ci lavorano dentro. Le storie arricchiscono la nostra vita. Aprirsi ad accogliere le storie è un aspetto che ci consente di crescere. Sia che si tratti della nostra storia, sia che si tratti delle storie degli altri.
Il racconto, di sé e dell’altro, parte dall’ascolto. Ascoltare vuol dire accogliere e raccogliere quello che si muove nell’altro. Il contrario di questo sentire è il conflitto. Nelle storie generalmente è presente un conflitto. Ma per quanto noi siamo abituati, parlando del conflitto, a sottolinearne gli elementi che sono in opposizione, per stabilire un’opposizione, un conflitto, la prima cosa da fare è stabilire e trovare un punto di comunione, ciò che unisce le parti in conflitto.
Quando noi prendiamo parte alla storia, ci accorgiamo che ci sono tanti punti di vista e che la storia è una coscienza, all’interno della quale c’è una presa di coscienza, che ci consente di non identificarci in un punto di vista parziale e unico. Se io posso contenere il tuo punto di vista, allora io contengo in me potenzialmente tutto il sentire del cosmo. Noi siamo il cosmo che fa esperienza di noi.
Una storia diventa storia se c’è il rischio. Nelle storie cosa c’è da rischiare? C’è da rischiare la nostra mappa del mondo, ossia l’interpretazione personale, il nostro modo di vedere il mondo e quindi di giudicarlo. Quando ci apriamo davvero alla storia che stiamo ascoltando, allora ci apriamo al rischio di metterci in discussione, di acquisire nuovi punti di vista che cambiano il nostro sguardo, di lasciare che le storie ci lavorino dentro e che quindi possano aiutarci a cambiare.
Il modo in cui ci approcciamo alle storie può divenire il paradigma di come ci approcciamo al nostro mondo interiore e alle relazioni. Si genera così un intreccio di sentire.Fri, 05 May 2023 - 252 - Episodio 251 - Raccontarsi per stare bene
Il racconto di sé è una delle forme più potenti di espressione umana.
Quando raccontiamo la nostra storia, ci confrontiamo con le nostre esperienze passate, le nostre emozioni e la nostra identità. Ma la vera magia accade quando siamo in grado di trasformare la nostra storia in un racconto di crescita e di trasformazione.
L’autobiografia consiste nello scrivere il racconto della propria vita. Come possiamo fare? A cosa serve? Cosa può produrre?
Noi abbiamo dentro a livello inconscio tutta la nostra storia; il problema è che non ce l’abbiamo ordinata, ma è dentro di noi come un groviglio. Finchè non facciamo ordine, non sappiamo narrare la nostra vita. Scrivere significa proprio mettere coerenza interna nel nostro vissuto. Cosa possiamo ottenere scrivendo la nostra autobiografia?
• Innanzitutto ci premette un lavoro di introspezione e consapevolezza: entriamo dentro di noi e ci rendiamo consapevoli di ciò che abbiamo vissuto. Iniziamo a cogliere dei nessi tra gli eventi che normalmente non riusciamo a cogliere. Non si tratta di scrivere come in un diario, non è annotare qualcosa, ma si tratta scrivere la narrazione della propria vita. Si tratta di rivedere la propria vita e ordinarla, cogliendo i nessi. • Catarsi ed espressione emotiva: spesso pensiamo di aver superato emozioni legate a determinati fatti, ma non è così. Scrivere episodi della nostra vita ci consente di rielaborare e rileggerli con nuova consapevolezza. • Crea contatto e distacco: scrivere la nostra storia ci mette in contatto con la storia che abbiamo vissuto e ci permette di elaborarla e distaccarcene. • Ridefinizione di sé: quando rileggiamo la nostra storia la rivediamo per intero, ci comprendiamo anche di più, ci ridefiniamo. • Condivisione e connessione: condividere con altri la nostra storia crea maggiore comprensione e conoscenza dell’altro, un legame più profondo.
Quanto più ci pacifichiamo con la nostra storia, tanto più noi possiamo essere nell’adesso.
Ma come si scrive l’autobiografia? La prima cosa da tenere in considerazione è che va scritta in modo libero. Possiamo seguire, per aiutarci, delle tracce relative a: • Ricordi spontanei: attingiamo alla memoria e decidiamo di scrivere in un tempo definito, scrivendo cosa emerge. La cosa importante è collocare ogni ricordo nel tempo. • Temi specifici: possiamo scrivere su argomenti specifici, per es. dell’amicizia, della relazione con i genitori, etc. • Periodi e Fasi: divedere per fasi la propria vita e scrivere i ricordi per quel periodo di tempo specifico.
Una volta scritti episodi e ricordi della nostra vita, bisogna organizzare la storia sulla linea del tempo. Come? Rivedendo quello che abbiamo scritto e ordinandolo nel tempo. L’importante è costruire una storia, attraverso il racconto scritto di sé.
E ricorda: l'autobiografia è il ponte tra il nostro passato e il nostro futuro, un viaggio interiore che nutre l'anima e fortifica la mente.Fri, 28 Apr 2023 - 251 - Episodio 250 - Come il buonumore può cambiare la tua vita
Come il buonumore può cambiare la tua vita (e come farlo durare)
Quanto conta il buonumore nella nostra vita? Come possiamo coltivarlo? E perchè è fondamentale per stare meglio?
Sorridere, ridere e godersi i momenti felici è fondamentale per il nostro benessere psicologico e fisico. Anche nei momenti difficili, il potere del buonumore può fare la differenza!
Abbiamo dialogato con Gianni Fantoni, autore, attore, comico, programmatore e scrittore, del tema del buonumore, partendo proprio dalle sue esperienze di vita.
Spesso siamo abituati a vedere la parte più superficiale di chi e di ciò che abbiamo difronte, senza riuscire a cogliere cosa c’è più nel profondo. Da questo dialogo con Gianni Fantoni è emersa la sua profondità, lo spessore ben oltre il personaggio. Attraverso il racconto delle sue esperienze Gianni Fantoni ha condiviso episodi della sua vita dai quali è emersa la ricchezza interiore e la lucida capacità riflessiva rispetto alle difficoltà di esprimersi e farsi strada nella società attuale.
Grazie a Gianni Fantoni per le sue condivisioni.Fri, 21 Apr 2023 - 250 - Episodio 249 - Come guarire dal narcisismo e andare oltre
Si può guarire dal narcisismo? Se il narcisismo è un veleno per le nostre relazioni, quali possono essere gli antidoti che ci aiutano a guarire?
Ognuno di noi ha un tratto narcisistico che spesso viene mascherato con l’amore. Il primo passo per poter iniziare a guarire dal narcisismo è vederlo. In noi e negli altri.
Per vedere il narcisismo in noi è necessario uno specchio, cioè iniziare a guardarci con onestà.
Lo specchio: come vedere i propri tratti narcisistici e che fare?
• Riconoscere il proprio narcisismo: per guarire dal narcisismo è necessario fare un lavoro di auto-osservazione, autoriflessione. Possiamo farci le seguenti domande: quando ho bisogno di conferme? Quando è che voglio avere ragione per forza? Quando provo quel piacere che so più degli altri? Quando ho piacere di avere il controllo sull’altro? quando è che sono manipolativo?
• Accettare la responsabilità: il secondo passo per guarire dal narcisismo è accettare le proprie responsabilità, senza condannarsi e senza giustificarsi. Vuol dire vedere quando siamo nel narcisismo, quando giudichiamo gli altri, quando ci sentiamo superiori.
• Tenere un diario di autoriflessione: scriviamo ciò che osserviamo; cerchiamo quando i nostri atteggiamenti sono narcisistici e appuntiamo. Questo ci aiuta a guarire dal narcisismo.
• Chiedere feedback: i feedback non piacciono alla nostra parte narcisistica, al nostro ego perché avere feedback è come ricevere un giudizio; è necessaria l’umiltà di accettare quelle che sono le risposte degli altri.
• Confrontarsi con le proprie paure: il narcisismo ha origine soprattutto in fattori genetici, ambientali (famiglia- troppo lodato, troppo sminuito), nella paura (non ho strategie per affrontare le situazioni e compenso nascondendo le paure che ho dietro la maschera di grandiosità…ho paura di stare alla pari, ho paura del confronto e reagisco con la maschera di grandiosità e superiorità).
Quando vediamo il narcisismo dell’altro, invece, è necessario imparare a difenderci.
Lo scudo: come proteggerci dalle parti narcisistiche dell’altro?
• Riconoscere i segni del narcisismo: love bombing, manipolazione, sminuire gli altri sono tutti segnali delle parti narcisistiche degli altri; quando le riconosciamo possiamo imparare a difenderci; • Stabilire confini chiari: per capire come mettere confini chiari possiamo scrivere ciò che vogliamo permettere o non permettere all’altro; iniziamo la frase ‘va bene tutto tranne….’ E continuiamo.
• Accrescere l’indipendenza emotiva: possiamo chiederci: quanto ho bisogno dell’altro per stare bene? quanto permetto all’altro di tessere le fila delle mie emozioni?
• Non alimentare il narcisismo: disinnescare i conflitti, non lasciarsi trascinare dentro i meccanismi del narcisismo è fondamentale per non alimentarlo.
• Imparare a comunicare efficacemente: esprimere quello che si sta provando.
• Creare un network relazionale: avere relazioni sane e nutrienti è uno degli aspetti principali per non cadere nelle parti narcisistiche dell’altro.Fri, 14 Apr 2023 - 249 - Episodio 248 - La relazione con il narcisista
La relazione con il narcisista spesso non è semplice da gestire. Il primo passaggio fondamentale da fare è riconoscere il narcisismo, nostro e gli altri.
Nella scorsa diretta ne abbiamo visto i segnali:
• Comunicazione unilaterale
• Ricerca di conferme
• Svalutazione degli altri e sopravvalutazione di noi stessi
• No empatia e comprensione
• Manipolazione e coercizione, con particolare utilizzo del gaslighting
La relazione con il narcisista è una relazione ciclica, ossia si ripete, e si basa su tre fasi:
1) Idealizzazione: il narcisista vuole ammirazione degli altri; deve essere al centro, non vuole amore, vuole solo possesso. Idealizza l’altro, la relazione ed è prodigo di complimenti; attua un vero e proprio bombardamento d’amore e ha come scopo quello di far sentire unico l’altro. Il punto debole a cui si aggancia si subisce questo comportamento è la voglia di sentirsi al centro: si uniscono il narcisismo manipolatorio e il narcisismo interno.
2) Svalutazione: è una fase che avviene quando il narcisista prende la sicurezza nella relazione. Ha sedotto e può abbandonare: il suo scopo era destabilizzare, possedere e una volta raggiunto questo scopo inizia la svalutazione. Può avere atteggiamenti di gelosia, avanza accuse, utilizza la proiezione dei lati negativi; spesso colora la sua comunicazione di ironia, sarcasmo e usa il gaslighting
3) Lo scarto: dopo che ha destabilizzato, ha fatto in modo di diventare tutto il mondo dell’altro, passa alla fase dello scarto. Avviene così un vero e proprio distacco emotivo spesso seguito dalla chiusura della relazione. Ma visto che il narcisista ha creato il vuoto intorno e l’altro si ritrova solo, cercherà di salvare la relazione. Ma in realtà non c’è nessuna relazione: c’è un copione egocentrato. Al centro c’è l’ego.
Quali sono gli antidoti nella relazione con il narcisista?
Vediamone alcuni:
1) riconoscere i segnali: ci possiamo occupare delle nostre ferite solo se le vediamo;
2) mettere i confini chiari: il narcisista confonde, manipola, non regge la chiarezza.
3) Comunicazione assertiva: mi sento sempre in grado di dire “io penso”, “io sento”; non non c’è svalutazione nella relazione.
4) Aiuto esterno: è fondamentale. Possiamo distinguere quello professionale e quello relazionale.Fri, 07 Apr 2023 - 248 - Episodio 247 - Riconoscere il narcisismo nelle relazioni
Cosa è il narcisismo? Il narcisismo è un tratto, una subpersonalità, che ha uno sviluppo nel corso del tempo e comprende diversi livelli che partono da quello che è sano narcisismo (giusto amore e giusta visione di sé, visione ed ecologica-fa bene a me e agli altri) fino ad arrivare al disturbo narcisistico di personalità. Come riconoscere i tratti narcisistici in noi e negli altri? Ci sono alcuni segnali che possiamo imparare a conoscere per poter riconoscere il narcisismo nelle relazioni.
Eccone alcuni: • Comunicazione unilaterale: parlo solo io e parlo di me. • Il bisogno di ammirazione: abbiamo bisogno di approvazione e la ricerchiamo continuamente. • Svalutazione degli altri: cerchiamo la grandezza sminuendo gli altri • No empatia e comprensione: mancanza di interesse per il vissuto dell’altro. • Manipolazione e coercizione: il segnale che siamo preda di una parte narcisista si manifesta nella mancanza di voglia e capacità di entrare in una relazione libera, vera e profonda, autentica, di connessione emotiva; per non entrare in una relazione vera scelgo la manipolazione o la coercizione.
Quando usiamo la manipolazione o la coercizione siamo preda delle nostre parti narcisistiche. Non esiste la vittima ma esiste la codipendenza. Mancano i meccanismi di comunicazione, si esasperano i tratti narcisistici.
Come rendersi conto di quanto è grave e sviluppato il tratto?
Valutare • La frequenza e intensità dei comportamenti • E quanto è ecologico il comportamento Si tratta si supervisionare le parti interne ed educarle, dar loro il giusto spazio, senza lasciare alle parti piccole al comando.
Possiamo distinguere due tipi di narcisismo:
1) Narcisismo grandioso: è caratterizzato da un senso di grandiosità e superiorità; ha una eccessiva autostima, domina le conversazioni parlando principalmente di se stesso; mostra esibizionismo e ricerca costante ammirazione e attenzione; mostra poca empatia e ha comportamenti arroganti e prepotenti.
2) Narcisismo vulnerabile: è caratterizzato da un senso di inadeguatezza e di insicurezza: ha una bassa autostima e di pende dall’approvazione degli altri; è ipersensibile alle critiche e al rifiuto; usa la manipolazione attraverso comportamenti passivo-aggressivi; manifesta difficoltà nelle relazioni intime. Entrambi i tipi di narcisismo sono forme di indisponibilità e incapacità ad una relazione vera intima e profonda.
Vi è un meccanismo che il narcisista mette in atto, chiamato gaslighting. Consiste nel: • Negare eventi e conversazioni passate: mina il senso di realtà • Sminuire sentimenti e preoccupazioni • Creare confusione: menzogne e falsità. Inserendo qualcosa di non vero, aumenta la confusione. • Promuovere Isolamento sociale • Proiezione dei comportamenti negativiFri, 31 Mar 2023 - 247 - Episodio 246 - Migliorare la comunicazione nelle relazioni (domande e risposte)
La comunicazione è uno degli aspetti cardine delle relazioni: quando comunichiamo "bene" possiamo avere relazioni sane e nutrienti.
Ma come si fa a comunicare bene? Come possiamo superare le difficoltà che ci rendono difficile la comunicazione?
L’unico parametro per misurare l’esito di una comunicazione è il feedback che otteniamo, quello che ci torna indietro. In ogni comunicazione scambiamo informazioni e modifichiamo le emozioni dell’altro. La comunicazione però per essere efficace deve ottenere il risultato che ci prefiggiamo come obiettivo della comunicazione stessa.
Una delle cose importanti a cui prestare attenzione è il ‘come’ comunichiamo: il come in una comunicazione conta il 93%; il cosa comunichiamo il 7%. Perché è importante prestare attenzione alla qualità della comunicazione? Perché la qualità della comunicazione determina la qualità della relazione. Infatti, relazionarsi cosa vuol dire? Essere in relazione consiste nell'avere uno scambio di comunicazioni. Se cambiamo la comunicazione, incidiamo in qualche modo anche sulle relazioni. Spesso noi crediamo che comunicare sia semplicemente 'dire', ma non è così: la comunicazione è anche un non dire, un fare, un non fare. In pratica, è impossibile non comunicare.Fri, 24 Mar 2023 - 246 - Episodio 245 - Migliorare la comunicazione nelle relazioni
Migliorare la COMUNICAZIONE per creare buone RELAZIONI.
La comunicazione è davvero il materiale con cui costruiamo le nostre relazioni, è ciò che decide le sorti delle nostre relazioni. Se impariamo a comunicare bene e in modo efficace possiamo avere relazioni sane e nutrienti. Ma cosa rovina le nostre relazioni? E come possiamo rimediare?
Tutti noi vorremmo costruire delle relazioni sane, belle, nutrienti, ma perché spesso non ci riusciamo? Perché non sappiamo come fare! Migliorare la comunicazione e fondamentale per le nostre relazioni. Molto spesso questo dipende dal fatto che nella nostra comunicazione sono presenti 5 veleni che possono rovinare le nostre relazioni.
Vediamo quali sono i 5 veleni.
1) Mancanza di ascolto: ascolto di noi stessi e dell’altro. L’ascolto è una capacità che va allenata. Spesso ci soffermiamo sull’ascolto della mente torturatrice. La mancanza di ascolto produce fraintendimento. Il bravo comunicatore è quello che sa ascoltare.
2) Comunicazione aggressiva: noi comunichiamo in modo aggressivo non solo quando gridiamo o accusiamo; abbiamo una comunicazione aggressiva anche quando usiamo una comunicazione svalutante o quando siamo poco chiari nella comunicazione, ambigui, mandiamo doppi messaggi o usiamo equivalenti aggressivi.
3) Essere giudicante: è un’aggressività più diretta. Notate quante volte dici “tu” e quante dici “io”. Il passaggio da tu ad io ci salva la vita. L’unica via per arrivare a non giudicare è quando impari a vedere chi sei tu. Osservare se stessi e conoscersi allenta il giudizio.
4) Non esprimere i propri sentimenti: bisogna partire da noi stessi, da ciò che sentiamo, da quali sono le nostre emozioni e sviluppare una comunicazione assertiva. 5) Non essere coerenti: la coerenza è far corrispondere il pensare, il dire e il fare; come esseri umani siamo tendenzialmente incoerenti. Portare la coerenza nella propria comunicazione e quindi nelle proprie relazioni vuol dire imparare a togliere le maschere.
Ci sono però 5 antidoti a questi veleni, che possono liberare le relazioni. Tutti portano a migliorare la nostra comunicazione per evitare le relazioni tossiche.
1) Ascolto attivo: non si tratta di mettere in pratica una tecnica, ma si tratta di un atteggiamento interno per il quale siamo davvero interessati a chi stiamo ascoltando, a ciò che dice e sta condividendo con noi.
2) Comunicazione assertiva: dire ciò che pensiamo e ciò che sentiamo in modo pulito e aperto, dichiarando noi stessi, parlando di noi.
3) Feedback costruttivo: è il contrario del giudizio; dare feedback vuol dire non giudicare; il feedback parla di qualcosa di oggettivo, si tratta di oggettivare.
4) Esprimere i propri sentimenti: quando non lo facciamo coviamo dentro rabbia ed emozioni negative, siamo sulla difensiva.
5) I messaggi coerenti: ciò che sentiamo corrisponde a ciò che comunichiamo.
E tu, quale veleno usi nella tua comunicazione?Fri, 17 Mar 2023 - 245 - Episodio 244- Morte: esperienza di vita
Morte: esperienza di vita Nella diretta Chantal Dejean ha raccontato le sue esperienze tra i mondi sottili.
La vita non è solo quello che conosciamo noi. Chantal raccontando la sua esperienza ci apre alla possibilità di comprendere che ci sono altre dimensioni, altri luoghi di coscienza, delle realtà più sottili. Anche la materia non è solo quella che conosciamo noi, ma è infinita. Ciò che cambia è la frequenza e le vibrazioni di cui siamo consapevoli. Noi siamo esseri multidimensionali e siamo chiamati a compiere il nostro viaggio di conoscenza di noi stessi, come parte del tutto, e dello scopo del nostro viaggio: conoscere il nostro potenziale interiore e svilupparlo. Tutto ciò che esiste è a servizio della nostra coscienza. Anche nell’aldilà continuiamo a conoscere se stessi e chi siamo.
Cosa cambia quando ci apriamo alla possibilità di scoprire la Vita a diversi livelli?Fri, 03 Mar 2023 - 244 - Episodio 243 - Vivi meglio con leggerezza
Cosa è la leggerezza? Che vantaggi ha? Come possiamo praticare la leggerezza?
Spesso diamo un accezione negativa alla leggerezza, poiché la confondiamo con la spensieratezza e la superficialità. La spensieratezza è un atteggiamento infantile di evitamento della vita. La superficialità è guardare le cose solo in superficie, senza mai approfondire.
La leggerezza è invece un atteggiamento che ci permette di prendere con calma, serenità, la vita, le situazioni, le dinamiche; non si tratta di evitare le situazioni, ma di impedire alla nostra mente di aggiungere il suo carico di emozioni poco utili, pensieri disfunzionali e di tutto ciò che peggiora solo la situazione.
Il fatto di non essere leggeri determina gran parte del nostro malessere. Non essere leggeri ci rende odiosi a noi stessi e agli altri. Ci impedisce una vita serena, in pace (continuo conflitto interiore), e determina relazioni pesanti.
Come facciamo a riconoscere la leggerezza? Eccone alcune componenti principali: • Semplificare: è rimanere sui dati di realtà, su ciò che sta accadendo, senza aggiungere pensieri, deduzioni, significati, etc. • Coltivare la pace: la leggerezza garantisce la pace e nasce dalla pace; ci aiuta a superare i conflitti interni • Stare sui dati di realtà: • Sperare: è il contrario della disperazione. Si tratta si sapere che le cose andranno come andranno e che in qualche modo le affronteremo. La qualità che ci tiene in vita. Se ci abbandoniamo al pensiero catastrofico ci deprimiamo. • Focalizzare l’impermanenza: tutto passa, ogni cosa è impermanente.
Spesso però ci sono delle ombre che ci impediscono di vivere con leggerezza, ci sono veri e propri fantasmi della mente: • rimuginio: catena incontrollata di pensieri negativi e catastrofici. • Personalizzazione: riferire ogni cosa che accade a se stessi dandosene la colpa • Preoccupazione: vedere prima problemi che non esistono • Pretesa: pretendere che le cose siano diverse da come sono • Pensiero ossessivo: fissarsi sui particolari, è il contrario della semplificazione, guarda al singolo dettaglio.
Quando ritorniamo presenti i fantasmi vanno via, li vediamo per quelli che sono cioè dei fantasmi. Quando torniamo presenti smettiamo di identificarci.
Vivere con leggerezza ci dà tra l’altro grandi vantaggi: • riduce lo stress: lo stress danneggia tutto il nostro corpo, la mente e l’anima, incide sulla nostra vita…la leggerezza ci salva la vita; • migliora le relazioni: leggerezza è saper sorridere delle cose, sdrammatizzare, ridimensionare; • ci dà capacità di ripresa: quando siamo leggeri, sappiamo che possiamo rialzarci; • accresce fiducia in noi stessi • ci rende flessibili: capacità di adattamento.Fri, 24 Feb 2023 - 243 - Episodio 242 - Riconoscere il proprio valore (domande e risposte)
Spesso non siamo in grado di riconoscere il nostro vero valore.
Ad impedircelo sono degli errori della nostra mente che generano alcuni tipi di pensieri e comportamenti.
E allora come possiamo riconoscere il nostro valore? Per poter percepire il nostro valore è necessario connetterci alla nostra parte più profonda. Spesso incontriamo degli ostacoli nel nostro tentativo di ricerca del nostro valore, che sono il pensiero svalutante e il confronto con il nostro sé ideale o con gli altri.
Come possiamo contattare la nostra parte più vera e quindi non aver bisogno di confronti? Non è vincendo il confronto che facciamo il vero passo verso noi stessi. Finchè siamo nel confronto non stiamo contattando il nostro vero valore. Se abbiamo bisogno di essere migliori di qualcuno per darci valore, siamo nel nostro ego. Perché solo l’ego vive di confronti, alimenta proiezioni e si sente separato da tutto.
Ma nel confronto si genera uno scontro tra il sé ideale e la realtà. Spesso c’è un conflitto tra le nostri parti interne, che hanno bisogni propri e specifici e che vogliono soddisfare. Cosa possiamo fare? Una negoziazione tra le parti, ovvero fare dialogare queste parti, sentire le ragioni di ognuna, integrandole in modo armonico.Fri, 17 Feb 2023 - 242 - Episodio 241 - Riconoscere il proprio valore
Riconoscere il nostro valore è fondamentale per poter avere il giusto equilibrio. Spesso però non siamo capaci di vedere qual è il nostro vero valore.
Cosa ci impedisce di farlo? Degli errori sistematici della nostra mente. Si tratta di errori per lo più inconsapevoli, che nascono tutti da alcuni tipi di pensieri che possiamo classificare così:
• pensiero negativo: ci concentriamo più su ciò che non va; il pensiero non è mai neutro. Quando ci concentriamo solo sul pensiero negativo produciamo un effetto di svalutazione.
• pensiero catastrofico: il pensiero catastrofico è un'esagerazione del pensiero negativo; consiste nell' esasperare le conseguenze e i tratti negativi di un’esperienza. • pensiero generalizzato: una cosa piccola diventa tutto ciò che io sono. Passiamo da quello che facciamo a chi siamo.
• pensiero dicotomico o polarizzato: è il nucleo del malessere poichè polarizziamo e separiamo.
• pensiero distorto: è un tipo di pensiero non aderente ai dati di realtà. Esasperiamo i dati e distorciamo la percezione.
Oltre al pensiero, c'è un comportamento che mettiamo in atto che peggiora l'idea che abbiamo di noi stessi: il confronto. Ci confrontiamo con * il sè ideale: come dovrei/vorrei essere (avrei dovuto/sarei dovuto) e come vogliono che io sia * l’altro: quando ci confrontiamo con gli altri prendiamo il meglio di ognuno e ci confrontiamo con il loro sé ideale. E da questo tipo di confronto ne usciamo sempre sconfitti.
Il vero Valore ce lo ricaviamo se c’è connessione al nostro sé superiore. Come possiamo connetterci? Attraverso: • apprezzamento, • umiltà: capire qual è il proprio posto nel mondo e starci bene; • leggerezza • condivisione: stiamo condividendo? • Dono: stiamo donando qualcosa di noi stessi all’altro? • Contributo: stiamo contribuendo al mondo?Fri, 10 Feb 2023 - 241 - Episodio 240 - Uscire dal senso di solitudine e stare meglio
Viviamo in una società in cui siamo sempre più isolati per una serie di fattori. Le relazioni sono cambiate e si stanno sgretolando e stanno assumendo nuove forme. Come si inserisce in questo contesto la solitudine?
Che cosa è la solitudine?
Spesso banalizziamo il concetto della solitudine con l’assenza di persone vicino a noi. In realtà la solitudine è altro. Infatti ci sono momenti in cui siamo in mezzo a tante persone, ma ci sentiamo soli e ci sono altre volte in cui non c’è nessuno intorno a noi e non percepiamo il senso di solitudine. Non dipende dall’esterno.
La solitudine è una sensazione, è un senso di isolamento. È il senso di mancata connessione.
Cosa ci fa sentire soli?
1) Convinzione: nessuno mi ama…è una delle prime cose che ci fa sentire soli. Se e quando diamo valore a questo pensiero ci sentiamo soli. Se crediamo al pensiero, questo si trasforma nella sensazione che proviamo. Ogni dato che ci arriva contrario alla convinzione viene smentito.
2) Sensazione: nessuno mi capisce…proviamo la sensazione di incomprensione e la solitudine che deriva dal non sentirsi compresi.
3) Fissazione su una persona…spesso cadiamo in questa dinamica: mi sento solo perché non c’è una persona specifica. Ma questa è una visione ristretta.
4) Paura del contatto intimo: c’è una lotta principale in ognuno di noi, una lotta tra due paure che si equivalgono e se non l’affrontiamo ci paralizza la vita: paura della solitudine e paura del contatto intimo. Intimità è mostrarsi all’altro, conoscersi e mostrarsi a se stesso. La paura della solitudine produce il falso amore, ovvero crea dipendenza. La paura del contatto intimo produce il senso di solitudine. In questo conflitto si crea un loop. Se non lo spezziamo diventa irrisolvibile. Il problema non è la solitudine, ma la paura della solitudine.Fri, 03 Feb 2023 - 240 - Episodio 239 - Il viaggio dell'Anima
Il viaggio dell'Anima
Quando comincia la Vita?
E quando finisce?
Qual è il nostro scopo?
Attraverso il racconto della sua particolare esperienza, Chantal Dejean ci ha illustrato il viaggio che l'Anima compie durante la sua esistenza. Molto spesso ci troviamo a vivere una vita in modalità sopravvivenza: arranchiamo cercando di arrivare a fine giornata. Ma la Vita è tutt’altro. Essere vivi vuol dire essere un tutt’uno con la Vita e la Vita crea, è flusso ed impermanenza; si rinnova costantemente. Vivere è mettersi in gioco anche quando abbiamo una certezza. Le nostre paure ci portano invece a fossilizzarci, a tentare di cristallizzare i momenti, per non perdere ciò che abbiamo. Ma questo non è possibile nella Vita, che è invece flusso. Fossilizzarci ci impoverisce energeticamente. La ricchezza è uno stato interiore. Se siamo nella vita emaniamo bellezza. La fonte luminosa attirerà abbondanza; se ci fossilizziamo invece sulle nostre idee la vita smette di fluire e sposta la sua attenzione su qualcun’altro.
Lo scopo della nostra esistenza è compiere la nostra missione: vivere e non sopravvivere. Quando cerchiamo di cristallizzare il tempo, andiamo contro la vita e soffriamo. La sofferenza è opporsi alla vita. Tutte le prove che ci troviamo ad affrontare hanno una matrice comune: la nostra crescita e lo sviluppo delle nostre qualità.
Scegliamo di nascere per imparare. Il dolore si sviluppa quando non accettiamo una situazione. Dobbiamo imparare a trascendere il dolore: la vita si manifesta per noi e noi abbiamo il potenziale di farcela. Tutte le prove che viviamo sono al servizio del nostro risveglio.
L’ego è la nostra missione, è la creta che abbiamo indossato, è assenza del flusso di vita, è una materia che si è dimenticata di se stessa. La vita si è sacrificata perché noi possiamo illuminare la materia per ricordarci chi siamo. l'obiettivo è trasformarci in un essere luminoso. L’ego è una materia che non si ricorda che vuol dire amare, creare, la compassione…Siamo qui per diventare un essere di luce. Dobbiamo spiritualizzare la materia. E possiamo farlo imparando ad essere autentici per creare un'alleanza tra anima ed ego.
AntonioFri, 27 Jan 2023 - 239 - Episodio 238 - I nuovi inizi come ricominciare bene
I nuovi inizi: come ricominciare bene?
L'inizio dell'anno è spesso un tempo di buoni propositi e progetti. Ciò che è importante comprendere è che noi ripartiamo in ogni istante. Ci sono alcuni elementi molto utili e necessari che possiamo tenere in considerazione per ricominciare al meglio. Quali sono?
1) Conoscenza di sé. Possiamo partire con il chiederci: chi sono io oggi? Noi spesso ci conosciamo attraverso una categorizzazione fissa, una storia che ci raccontiamo; in realtà siamo in continuo cambiamento; la domanda utile da porsi è: chi sono io oggi? Chi siamo oggi possiamo saperlo solo se ci diamo il tempo di incontrare noi stessi: è necessario curare vita interiore e vita esteriore. Siamo abituati a stare sempre nell’esterno, nel fare, nel dire. In questo modo non sappiamo chi siamo, conosciamo al massimo le nostre compulsioni, ma non chi siamo davvero. La vita interiore invece vuol dire incontrare se stessi, riflettere su se stessi, guardare se stessi, auto-osservarsi.
2) Bisogni. Quali sono i miei bisogni? Sentire i bisogni è fondamentale per sapere quello che vogliamo. E questo serve a dare un indirizzo, una direzione a ciò che facciamo. Se non consociamo i nostri bisogni, non riusciremo ad essere in grado si soddisfarli.
3) Sogni e obiettivi. Quali sono i nostri obiettivi? È importante fissarsi degli obiettivi e cercare di raggiungerli. Cosa vogliamo davvero? Spesso non vediamo che abbiamo obiettivi poco chiari e apparentemente divergenti che dipendono da parti di noi diverse; spesso vediamo solo una parte. È necessario ascoltare tutte le parti e scegliere di mediare per decidere cosa fare, accontentando e rendendo gioiose tutte le parti di noi. È fondamentale scrivere i nostri obiettivi, gli obiettivi di tutte le parti. Quindi gestire le parti per creare accordo. Come? Dandosi un piccolo obiettivo concreto alla volta.
4) Il contributo. Come voglio contribuire? Il bisogno di contribuire è un bisogno che abbiamo tutti. Ognuno può fare la sua parte. Non bisogna pensare per forza alle cose in grande. Si tratta di contribuire nelle piccole cose, in ciò che possiamo e vogliamo mettere a servizio, a disposizione. Chiedersi anche di cosa ha bisogno l’altro. Il contributo nasce dal riconoscere e lasciar fluire i propri talenti.
5) Il perché. Qual è lo scopo? Perché lo faccio? Qual è la nostra motivazione? capire perché facciamo le cose vuol dire dare una direzione e un senso alla nostra vita. La mancanza di senso toglie il gusto a quello che facciamo. Quando arriviamo al perché arriviamo al senso, al significato.
Su quale di questi elementi pensi di dover lavorare maggiormente?Fri, 20 Jan 2023 - 238 - Episodio 237 - Gestire la paura con il pensiero magico
La paura è un'emozione che ci accompagna spesso nella nostra vita. Ciascuno di noi trova le proprie strategie per poterla gestire nel migliore dei modi. Spesso però le strategie che utilizziamo sono infantili e peggiorano più che migliorare Una di queste strategie per gestire la paura è il pensiero magico.
Attraverso il pensiero magico noi cerchiamo di andare oltre le nostre paure, ma lo facciamo in modo infantile. Difronte agli accadimenti della vita abbiamo la possibilità di comportarci seguendo due vie: quella adulta e quella bambina.
Se scegliamo la via adulta, scegliamo fondamentalmente la via evoluta, la via dell’accettazione, scegliamo di vedere le cose per come sono. Scegliere la via del bambino vuol dire, invece, affidarsi al pensiero magico, ad una via fatta di pretese, illusioni e soluzioni facili.
Il pensiero magico infatti è un pensiero infantile. Pensare, illudersi di eliminare la sofferenza dalla nostra vita la aumenta e la perpetua. Ognuno di noi utilizza il pensiero magico per esorcizzare le proprie paure, sperando in un intervento esterno, magico appunto, che risolva problemi, paure e sofferenza.
Ma questo è impossibile. Opporsi alla sofferenza vuol dire in estrema sintesi opporsi alla vita stessa, alla possibilità di apprendere, di crescere ed evolvere attraverso le prove.Fri, 23 Dec 2022 - 237 - Episodio 236 - Gestire la paura di vivere
Gestire la paura di vivere
La paura è l’ostacolo più grande che abbiamo alla VITA.
Da dove nascono le paure? Che cosa è la vita?
Qui trovi le informazioni per la nostra scuola: Relazioniamoci Academy https://www.relazioniamoci.it/academy/
Qui trovi il link alla lezione 130 del Sentiero: https://www.bibliotecadelsentiero.org/lez-130-trovare-la-vera-abbondanza-attraversando-la-paura.html
Cosa è la vita?
*La vita è fluire dinamico, non è qualcosa di statico, di fermo; la vita non si ferma mai.
*La vita è impermanenza: tutto ha un decorso; ogni cosa nasce, cresce, muore; tutto è impermanente.
*La vita è un’ incognita: non sappiamo il domani cosa ci porterà.
*La vita è fuori dal nostro controllo: non possiamo controllare ogni cosa.
Tutte queste caratteristiche fanno nascere in noi la paura, perché tutto questo spaventa.
Fintanto che abbiamo paura attiriamo a noi proprio le situazioni di cui abbiamo paura. Perché l’unico modo che abbiamo in natura per superare una paura è affrontarla. Abbiamo bisogno di esperienze che vanifichino la paura. Il nostro inconscio ci mette avanti situazioni che ci consentano di affrontare la paura.
La nostra mente è duale e divide sempre la realtà in due. Il bivio più grande che ci troviamo ad affrontare è il bivio tra desiderio e paura: cosa è che ci muove? Il desiderio che tende a qualcosa? O la paura che ci porta all’evitamento?
Questo bivio cambia il nostro approccio alla vita, la nostra motivazione. Se agiamo per paura attiriamo a noi situazioni di un certo tipo proprio per superare la paura, per poter crescere ed evolvere.Fri, 09 Dec 2022 - 236 - Episodio 235 - La fatica e l'opportunità del cambiamento
Che relazione hai con il cambiamento?
Di per sé, cambiamento non significa nulla. Siamo noi a dare un significato al cambiamento e in base a questi significati lo vivremo in un modo piuttosto che in un altro. Chi lo legge come un dramma, lo vivrà come un pericolo; chi lo vive come dono, coglie l’opportunità che c’è dietro al cambiamento.
Il cambiamento è anche fatica e sta a noi attingere alle nostre risorse per affrontarlo al meglio. Come accogliamo il cambiamento? Lo viviamo come dono, come opportunità o è solo una fatica?
Nella logica del dono accogliere il cambiamento ci consente di vivere il cambiamento come una nuova esperienza, nuova opportunità.
La cosa più importante è cogliere la complessità del cambiamento: se cadiamo nel pensiero dicotomico “o bene o male” non viviamo l’esperienza del cambiamento. Accogliendo le emozioni, ascoltando la classificazione della mente piacevole/spiacevole, possiamo vivere appieno le nostre emozioni e la nostra vita.
Quando un cambiamento viene vissuto con attaccamento a quello che già abbiamo e avversione per ciò che cambia, allora lo viviamo male. Quando ci ascoltiamo e torniamo ad ascoltare il nostro mondo interno, mettiamo a tacere l’ego e riusciamo a comprendere i nostri attaccamenti e ciò che invece ostacoliamo. Ci diamo il permesso di vivere al meglio i cambiamenti.
Spesso però il cambiamento ci spaventa. Perché abbiamo paura? Abbiamo paura perché siamo attaccati a ciò che abbiamo e non riusciamo ad affidarci; ci aggrappiamo a quelle che ci illudiamo che siano certezze, vogliamo cristallizzare la vita per stare più tranquilli. Ma la vita cambia di continuo e noi spesso non siamo disponibili ad accettarlo.
Relazionarsi al cambiamento vuol dire anche avere una visione del futuro, facendo i conti con le aspettative, le pretese che si creano e anche con la capacità di sognare e immaginare realizzati i nostri sogni.Fri, 02 Dec 2022 - 235 - Episodio 234 - Quando la responsabilità incontra l'obbedienza
Cosa ci spinge all’obbedienza? Fino a dove siamo disposti a spingerci per obbedire?
Dove sono i nostri valori quando obbediamo ciecamente?
Un punto di partenza fondamentale è la distinzione tra autonomia ed eteronomia. L’autonomia coincide con il lasciarsi guidare da dentro; l’eteronomia consiste nel prendere dall’esterno le nostre norme di comportamento.
Spesso noi cediamo la nostra autonomia in favore di qualcuno a cui riconosciamo autorità.
Uno degli esperimenti più famosi della storia condotti per comprendere come sia possibile cedere la propria autonomia, anche andando contro i propri valori, è stato l’esperimento sull’autorità di Milgram.
Grazie a questo esperimento si è compreso che siamo in grado di cedere la nostra autonomia e di farci guidare dall’esterno da qualcuno a cui riconosciamo l’autorità.
Dove si colloca la nostra responsabilità? E perché siamo disposti a cederla?
Ci sono alcuni elementi principali che ci portano all’obbedienza. Vediamoli:
• Convinzione di legittimità dell’autorità: siamo convinti che l’autorità a cui cediamo la nostra autonomia sia legittimata da noi a scegliere per noi
• Adesione al sistema: crediamo che sia giusto obbedire e riconosciamo che il sistema a cui obbediamo funziona solo sull’obbedienza, senza mettere in discussione il sistema stesso.
• La forza della pressione sociale: chi rappresenta l’autorità fa pressione verso un comportamento che poi viene assunto.
• Adesione all’ideologia proposta dall’autorità: io aderisco ad un pensiero esterno a me senza una riflessione critica. Una volta che io mi dichiaro seguace di una parte non metto più in discussione ciò che sto seguendo.
L’ obbedienza cieca è chiusura all’esterno e possibilità di andare contro la nostra stessa coscienza, i nostri valori. Per obbedire è necessario non volere responsabilità della propria vita, credendo che questo renda la nostra vita più facile. Ma, delegando la nostra responsabilità, noi ci perdiamo gran parte della vita stessa.
Uno dei pericoli più grandi è cedere l’autorità interna all’ego. Così facendo noi non siamo più in controllo di noi stessi. E così seguiamo l’ideologia che l’ego ci impone (la vita è una guerra), diamo legittimità all’ego (poiché promette di proteggerci), ne subiamo la pressione (perché alimenta confronto e competitività con l’altro) ed usciamo fuori di noi.
Come possiamo uscirne?
Diventando consapevoli di questi meccanismi. Quando scatta un confronto sono in grado di vedere che è propaganda interna? Quando perdo l’amore del fare sono capace di tornare in me? L’ego, quando è illuminato, perde potere.Fri, 25 Nov 2022 - 234 - Episodio 233 - Convinzioni e paure: come gestirle?
Quali convinzioni ci sono dietro le nostre paure?
Spesso ad alimentare le nostre paure sono proprio le convinzioni che abbiamo riguardo
noi stessi, gli altri e la vita.
Questi pensieri, veri e indiscutibili per noi, finiscono per incastrarci e così non riusciamo
ad affrontare le paure.
Escludendo le paure utili, quelle necessarie, la maggior parte nostre paure sono inutili, limitanti e disfunzionali, perché non ci permettono di vivere la vita pienamente.
E dietro queste paure inutili e dannose, ci sono delle convinzioni. La tendenza sarebbe quella di voler evitare quei pensieri, quelle convinzioni che ci sono dietro le nostre paure, ma non si possono evitare le convinzioni. Le convinzioni, piuttosto, vanno indagate, ricercate per essere conosciute.
Una volta indagate le nostre convinzioni, possiamo ritornare alla razionalità, ai dati di realtà per poter gestire gli impulsi della paura. Una strategia utile in questo senso potrebbe essere quella di prendere le misure alla paura, andando verso ciò che ci spaventa in maniera graduale.
Un altro passaggio fondamentale è comprendere che non sempre è importante risolvere tutte le nostre paure. A volte basta imparare a stare con le paure e viverle proprio come un luogo di passaggio in cui stare per poi poterle affrontare.
Le paure sono delle emozioni, mentre le convinzioni sono dei pensieri e entrano in relazione tra loro in questo modo: il pensiero crea un’immagine che attiva una emozione. In questo meccanismo spesso noi andiamo poi ad alimentare le emozioni costruendo nuovi pensieri. E diamo vita ad un circolo.
Per poter interrompere questo ciclo e smettere di vivere costantemente nella paura possiamo mandare avanti il film delle nostre paure. Ho paura di…manda avanti il film. Che succede? E infine confrontare le paure con quelli che sono i dati di realtà.
La paura principale nascosta dietro le nostre paure è la paura della sofferenza. Quando iniziamo a stare nel flusso e a stare nelle nostre emozioni, nelle nostre paure, smettiamo di credere di poter evitare la sofferenza.Fri, 18 Nov 2022 - 233 - Episodio 232 - Affrontare la paura oltre le convinzioni
Come possiamo gestire le nostre paure al meglio? Spesso non riusciamo ad affrontare le nostre paure perché siamo bloccati dalle convinzioni che abbiamo riguardo noi stessi e le nostre capacità di gestire la paura.
Cosa possiamo fare per lavorare con le nostre convinzioni e superare le nostre paure?
Esistono le paure naturali e le paure che nascono dalla mente.
Le paure naturali riguardano l’incolumità (per es. l’altezza); tutto ciò che invece non è legato all’incolumità è una proiezione di queste paure naturali, è una copia della mente delle paure naturali (per es. paura del giudizio, di non piacere, di rimanere soli, di essere abbandonati, etc.). La mente ce le fa passare per paure reali.
Cosa alimenta le paure? Una convinzione. Tutte le paure più grandi hanno dietro una convinzione, ossia un pensiero a cui diamo valore di verità. Rintracciare le convinzioni che sono dietro le paure è un passo molto importante per poter iniziare ad affrontare la paura.
Come possiamo trovare queste convinzioni?
Ecco una pratica utile.
• Individua una paura: ho paura di…
• Manda avanti il film: ho paura di…perché se accade…
Ciò che emerge da questa semplice pratica sono le convinzioni dietro le paure.
Una volta individuate le nostre paure e mandato avanti il film ci renderemo conto del gioco della mente che cristallizza i momenti e amplifica in questo modo la paura, generando convinzioni che poi ci bloccano.
Quando invece affrontiamo la vita, la paura scompare.Fri, 11 Nov 2022 - 232 - Episodio 231 - Parapsicologia: oltre la realtà conosciuta
Parapsicologia: oltre la realtà conosciuta
Con un'ospite speciale, Paola Giovetti, scrittrice e giornalista, parliamo di parapsicologia.
Cosa c'è oltre la realtà come la conosciamo noi?
Ci sono molti aspetti della vita che hanno carattere di straordinarietà, fenomeni che per noi restano inspiegabili e incomprensibili. Ed è qui che la parapsicologia si colloca.
Quanto riusciamo a coglierne i dettagli e il senso?
Per poter cogliere questi segnali, approfonditi dalla parapsicologia e da alcune esperienze di medianità, è necessario avere una sensibilità che consenta di cogliere indizi, che aiutino a trovare risposte alla nostra ricerca esistenziale.
In questa ricerca la dimensione spirituale è fondamentale.
Spesso la medianità viene utilizzata con questo scopo: aiutare a comprendere, a conoscere questa dimensione spirituale presente nella nostra vita.
Quanto siamo disposti a fare spazio a questo?Fri, 04 Nov 2022 - 231 - Episodio 230 - Gestire lo stress psicologico
Molto spesso accade che siamo noi stessi ad alimentare il nostro stress attraverso pensieri, che generano in noi emozioni che magari alimentano altri pensieri e così lo stress che proviamo aumenta.
Uno dei passaggi da fare per imparare a gestire lo stress è quello di acquisire la capacità di tranquillizzarci, trovando dentro di noi le risorse necessarie per farlo e attingendo ad esse nei momenti di bisogno.
Un errore che invece produce in noi molto stress è quello di non riuscire ad avere il distacco necessario nei confronti di situazioni e di sofferenze che non sono una nostra responsabilità. Ci lasciamo risucchiare e proviamo stress per questo.
Un'altra fonte di stress comune a molti deriva dal conflitto che si genera in noi quando cediamo al ricatto emotivo nelle nostre relazioni. O ancora dalla nostra incapacità di gestire l’ansia nei diversi contesti di vita quotidiana. O quando ci lasciamo travolgere dalla preoccupazione per il futuro.
Questi sono solo esempi di situazioni di stress.
E tu, come gestisci lo stress?Fri, 28 Oct 2022 - 230 - Episodio 229 - Gestire e combattere lo stress: che fare?
Gestire e combattere lo stress: che fare?
Come si può gestire lo stress? Cosa possiamo fare concretamente per gestire lo stress?
Quando ci troviamo difronte ad un evento stressante la prima cosa da fare è distinguere i fatti (ciò che accade) da pensieri ed emozioni che scaturiscono dall’evento.
Un evento è definito stressante sulla base della percezione delle proprie risorse cognitive ed emotive adatte ad affrontarlo.
Lo stress dipende dunque dalla percezione che noi abbiamo dell’evento e delle risorse necessarie per poterlo gestire. Il modo in cui viviamo l’evento è legato a delle valutazioni soggettive: chi valuta l’evento? La parte bambina? Allora utilizzeremo degli atteggiamenti come lamentela, pretesa e accusa. La parte adulta? Allora saremo in grado di guardare ciò che accade, valutare e mettere in atto delle strategie per fronteggiare lo stress al meglio.
Come possiamo fronteggiare lo stress?
Per prima cosa è necessario prevenire lo stress. Come?
1) dedicarsi del tempo piacevole: se non coltiviamo il piacere saremo più esposti allo stress
2) coltivare relazione significative: le relazioni che sostengono, con cui puoi condividere, scaricare la tensione, potersi aprire ad un altro essere umano sentendosi ascoltati, visti, riconosciuti, in una dimensione di ascolto
3) alternare attività/passività: se non sappiamo alternare attività e passività siamo più soggetti allo stress; saper creare equilibrio tra il fare e fermarsi ci consente di gestire al meglio lo stress.
4) Dedicarsi al silenzio, alla meditazione e alla preghiera: vuol dire fermarsi e fare silenzio dentro e fuori, accumulare l’ energia necessaria per fronteggiare l’eventuale evento stressante.
Il secondo passaggio consiste nel monitorare lo stress. Come? Facendosi alcune domande chiave.
1) Ricavandosi del tempo per se stessi: quanto tempo dedichiamo a noi stessi? Tempo in cui non dobbiamo produrre nulla. Tempo non strumentale.
2) Qual è il nostro umore di base? La quota costante che abbiamo di umore….quanto tempo passo nella serenità? quanto nella gioia? Nella rabbia?
3) Qual è il livello di reattività emotiva: quanto siamo reattivi?
4) Quanta energia e vitalità abbiamo? Qual è il livello dell’energia? Quanta energia e vitalità ho in questo momento?
Quindi possiamo finalmente fronteggiare lo stress, in questo modo:
1) pensare ai successi passati: di solito tendiamo a tornare su eventi negativi, ma dobbiamo riportare la mente al ricordo di tutte le volte che abbiamo affrontato cose simili e siamo riusciti.
2) Sviluppare pensiero critico: tornare ai fatti, a ciò che è e rimanere sul fatto.
3) Saper chiedere aiuto, che non è lamentarsi, ma chiedere cose concrete.
4) Spostare il focus sulle soluzioni: razionalizzare, valutare i fatti, tornare adulti.
5) Occuparci della gestione dell’emotività: saper gestire le emozioni è una delle risorse principali per fronteggiare lo stress. È frutto di tutte le altre risorse.Fri, 21 Oct 2022 - 229 - Episodio 228 -Ridurre lo stress con la meditazione
Come ridurre lo stress con la meditazione?
Sono noti da tempo i grandi benefici della meditazione in tante aree della nostra vita. Tra questi, senza dubbio, rientra la gestione e la riduzione dello stress.
In particolare lo stress psicologico provoca in noi un’enorme sofferenza. Si tratta di stress che, poiché cronico, ci tormenta proprio perché si alimenta della continua preoccupazione. La nostra preoccupazione consiste in un’ansia di anticipazione, un’ansia riferita al futuro, che però non è reale: anticipiamo qualcosa che non esiste e proprio per questo non possiamo fermare questa preoccupazione che ci arriva. Questo è il turbinio della mente, che stressa anche il corpo. Il corpo, infatti, non distingue tra quello che succede realmente e quello che noi pensiamo stia succedendo. Spesso, anzi, pensiamo che se non ci preoccupiamo non stiamo dando abbastanza importanza al problema.
Cosa possiamo fare? La pratica di meditazione può aiutarci a ridurre lo stress.
La pratica ci aiuta a vedere le nostre preoccupazioni, la nostra ansia. Occorre fermarsi e osservare cosa succede nel corpo quando proviamo la sensazione di preoccupazione. In questo modo possiamo abbandonare la storia che abbiamo in testa, cioè abbandonare i pensieri che attraversano la nostra mente e che sono generati da uno stato d’animo e che trovano poi una corrispondenza nel corpo. In questo osservare non è necessario cambiare niente, dobbiamo solo studiare ed essere curiosi verso ciò che sta accadendo. Non possiamo prevedere il futuro e pensarci prima è solo inutile e dannoso.
Per riuscire ci vuole pratica, perché ci identifichiamo nei pensieri e nella nostra storia.
Il primo passo è tornare al corpo, perché il corpo è sempre presente. Il corpo è qui.
La mente è lo strumento più grande e potente che abbiamo. Possiamo decidere se utilizzarla per noi o esserne schiavi.
Il secondo passo fondamentale è fare amicizia con il fatto che le cose sono incontrollabili e impermanenti, quindi che cambiano a prescindere dal nostro volere. Provare a controllare ogni cosa e non accettare ciò che c’è può essere fonte di un notevole stress per noi.
Quindi possiamo appressarci alla pratica facendoci due fondamentali domande: qual è la sensazione fisica che proviamo? Qual è la storia dietro a questa sensazione?
AntonioFri, 14 Oct 2022 - 228 - Episodio 227 - Stress e felicità
Che relazione hai con lo stress? Come affronti lo stress?
Troppo spesso la parola stress viene sminuita ed usata impropriamente.
Lo stress può essere definito come una risposta aspecifica a qualsiasi sollecitazione ambientale.
Noi siamo continuamente sollecitati da fattori ambientali ad un adattamento. Nella gestione dello stress possiamo individuare tre fasi attraverso cui ci adattiamo alle sollecitazioni dell’ambiente: la prima fase è la fase di allarme, la seconda è la fase di resistenza (durante la quale impiego tutte le mie energie per affrontare questa sfida ambientale) e la terza è la fase di esaurimento (necessaria per riprendere le forze e riequilibrare il sistema).
Noi spesso viviamo uno stress cronico: portiamo il nostro sistema mente-corpo a stare sempre all’erta.
Lo stress è un nostro meccanismo di difesa: quando ci troviamo a dover fronteggiare una minaccia esterna, è necessario mettere tutte le nostre energie su quel fronte e quindi dobbiamo disattivare le nostre difese interne; ma se io sono costantemente sotto stress perché immagino di dover affrontare un pericolo, allora causerò danni a me stesso e danneggerò anche il mio benessere. Lo stress infatti genera uno stato di paura continuo, che determina una vita costantemente in chiusura: mi proteggo e mi chiudo, ma se mi chiudo ogni giorno con tutto il sistema allertato, in questo modo la crescita, l’apertura sono impossibili. Ed è per questo che lo stress è il portone per l’infelicità e il malessere.
Spesso cerchiamo di superare lo stress attraverso l’evasione, cerchiamo di allentare la tensione generata dallo stress con l’evasione, ma ciò ci può portare alle dipendenze, poiché pensiamo di compensare ma accresciamo solo il nostro malessere.
Cosa possiamo fare allora per iniziare a gestire lo stress?
Lo stress cronico è uno stress psicologico, quindi possiamo gestirlo poiché deriva dai significati che noi diamo alle relazioni e alle situazioni. Come iniziare a gestire lo stress? Fermandoci e chiedendoci cosa ci rende tesi o preoccupati, quali pensieri accompagnano le nostre tensioni.Fri, 07 Oct 2022 - 227 - Episodio 226 - Credere per provare
Cosa cambia concretamente nella nostra vita quando siamo disposti a credere?
Cosa vuol dire credere? Che significa avere fede, fiducia e capacità di affidamento?
Credere non vuol dire per forza avere una fede religiosa. Ha un significato più ampio e profondo.
Credere è una parola che racchiude dentro di sé un mondo. Possiamo utilizzare questo termine con diversi significati e a diversi livelli.
Ci sono le cose in cui crediamo, i contenuti della fede; c’è, poi, la fede che è il credere in Dio, che non riguarda più solo i contenuti della fede, ma la relazione di fiducia, riguarda quel sentirsi amati, il sentire che non siamo soli, che c’è qualcuno al di sopra di noi, o al nostro fianco, o dentro di noi che fa parte della nostra vita; poi c’è un credere ancora più aperto, che può essere considerato il guardare verso il futuro, cioè il credere per provare, che è un credere in qualcosa che ancora non è alla nostra portata, che è ciò che ci permette di fare un’esperienza, grazie alla capacità di proiettarci in qualche cosa in cui crediamo o che crediamo si possa realizzare, alla capacità di immaginare un futuro per avere qualcosa verso cui tendere, con una motivazione che ci spinge e ci trascina verso il raggiungimento di ciò che desideriamo.
La fiducia, la fede, la capacità di credere in questo senso aumenta la speranza e il benessere.
Per stare bene, il primo passo fondamentale, è l’accettazione di se stessi. Imparare a stare bene con se stessi. Anche questo implica fede, perché molto spesso siamo stati delusi da noi stessi, da ciò che abbiamo patito, dal modo in cui abbiamo reagito, delusi dai nostri difetti, vizi e recuperare la fede, credere che noi siamo fondamentalmente vita, vita che vuole fiorire, che vuole essere espressa, ci consente di esprimere quello che noi siamo. E quando esprimiamo noi stessi riusciamo a dare il nostro contributo positivo e questo ci da energia e motivazione.
Si tratta di trovare il senso, il significato che diamo a ciò che viviamo.
Se non accettiamo noi stessi, se ci giudichiamo, tenderemo a proiettare il giudizio sugli altri. Quando impariamo a non avere giudizio verso noi stessi, iniziamo ad avere relazioni appaganti.
Questo può essere fatto attraverso l’unità di corpo, mente e spirito.
Ed è proprio grazie ad un atto di fede, di fiducia che ci si può aprire all’ esperienza.Fri, 30 Sep 2022 - 226 - Episodio 225 - Le persone della nostra vita
Quante volte ti è capitato di chiederti: che ruolo ha, o ha avuto, questa persona nella mia vita?
Ognuno di noi attribuisce dei significati specifici alle proprie relazioni, investe di particolari compiti le persone più significative che incontra sul proprio cammino di vita e si relaziona ad esse secondo questi significati e compiti.
Della nostra vita fanno parte tante persone, ma molto spesso, non sappiamo come orientarci tra i ruoli che affidiamo loro. Spesso non abbiamo una mappatura di questi ruoli. Tra tutti i ruoli, per me, quattro sono particolarmente significativi: l’insegnante, il mentore, il maestro e i compagni di viaggio.
L’ insegnante è colui che può trasferirci delle informazioni, ha delle conoscenze, delle nozioni e le passa all’altro. Avere queste persone nella nostra vita è fondamentale. Il ruolo diventa distorto se l’insegnante diventa colui che ne sa di più e quindi vuole mettersi in una posizione di potere/dominio sull’altro.
Il mentore è colui che ha una relazione con te, una relazione profonda; può essere rappresentato o da qualcuno che ti conosce bene e che quindi contribuisce alla tua evoluzione, oppure da una persona che non per forza è presente nella tua vita, di cui ammiri le qualità, per cui vorresti farle tue. Il mentore incarna ciò che tu ancora senti di non aver raggiunto; è una persona che ti ispira, ti fa vedere oltre i tuoi limitati confini.
Chi è il maestro? Il maestro è colui che fa esperienza e, acquisendo la conoscenza che non è più teorica, astratta, cognitiva, ma è incarnata, te la trasferisce, dandoti sempre la libertà; un maestro vero ha a cuore la tua libertà e ama il confronto e il dialogo e la conoscenza. Ama fare esperienze. Si confronta con il proprio ego, per conoscersi meglio ed evolvere.
I compagni di viaggio: questa categoria è una delle più importanti. I compagni di viaggio sono quelli che non vogliono insegnarti la vita, non si danno il ruolo di mentori, sono coloro che sono consapevoli di fare un viaggio insieme a te e sanno mantenere questo tipo di relazione. Una relazione sempre dinamica in cui nessuno cerca il potere sull’altro. Sono relazioni di sostegno, condivisione, di compagnia attiva nel cammino. il compagno di viaggio è l’Amico. È lo stare con…
Nella relazione con queste persone è fondamentale comprendere qual è il livello della nostra responsabilità.
Per le prime tre figure tendiamo a dare la responsabilità all’altro; si tratta di responsabilità esterna. La nostra richiesta, più o meno esplicita, è ‘risolvi tu la mia vita’; in questo modo stiamo rinunciando alla nostra libertà, al nostro viaggio, al nostro libero arbitrio. Questo genera in noi sfiducia e il risultato sarà la debolezza e la mancanza di energia.
La responsabilità interna, invece, è la responsabilità della parte adulta. Ho fiducia in me e negli altri, costruisco la mia forza personale, accresco il mio potere personale, inteso come possibilità.
In ogni relazione noi svolgiamo un ruolo in maniera attiva, che ne siamo consapevoli o meno.Fri, 23 Sep 2022 - 225 - Episodio 224 - Ricominciare: cosa fare?
Ricominciare è un processo complesso, formato da molti elementi. Se impariamo a conoscere la complessità del sistema, diventa semplice capire e iniziare a fare il necessario per ricominciare.
Quali sono i passi per ricominciare?
1) Fare: finchè non agiamo, siamo nel pensare, nel mondo della mente che ci inganna, nel valutare per decidere, per capire se ne vale la pena o meno. Ricorda: l’azione fuga i dubbi che la mente crea!
2) Unificare: unire pensiero, emozioni, azioni, intenti, obiettivi e obiettivi. Come facciamo ad unificare? Focalizzando il nostro perché. Chiediti: qual è il mio perché? Se conosco il perché faccio le cose, allora inizio a farle. I perché razionali spesso sono lontani dalla vera spinta per cui facciamo le cose. Spesso noi non lo sappiamo.
3) Tempificare: molti dei nostri progetti restano astratti perché procrastiniamo. Dobbiamo darci una scadenza in cui prevediamo di iniziare e raggiungere i nostri obiettivi.
4) Ricordare gli apprendimenti del passato. Tendiamo a ripetere gli stessi errori, ci rimettiamo nelle stesse situazioni, facendo le stesse cose sperando che producano risultati diversi.
Ricordare il passato e apprendere ci consente realmente di ricominciare. Escludendo le cose già fatte. Se vogliamo ottenere qualcosa di nuovo, dobbiamo inserire qualcosa che non abbiamo fatto finora.
5) Organizzare: se abbiamo tante cose che vogliamo fare, e non siamo organizzati, non riusciamo a farle. Organizzare significa strutturare il nostro fare in modo che porti una novità nella nostra vita senza sconvolgerla.
6) Rinunciare: finchè non sei disposto a rinunciare a qualcosa non potrai ottenere qualcos’altro; è la base della scelta. Rinunciare a cosa? Per prima cosa alle abitudini; vuol dire iniziare a fare qualcosa di nuovo; rinunciare all’idea che abbiamo di noi. Dobbiamo metterci in gioco. Quanto sei disposto a scoprire cose nuove di te stesso?Fri, 16 Sep 2022 - 224 - Episodio 223 - Come coltivare il benessere
Nella società attuale siamo abituati al tutto e subito e vorremmo il benessere immediato ed istantaneo. Non esiste, però, la pozione magica per risolvere i problemi, avere benessere e stare bene.
Arrivare al benessere è un processo: non è istantaneo, non è per sempre, poiché ogni cosa è impermanente, ed è tangibile e reale, a patto che venga coltivato.
Ma come si può coltivare benessere? Ecco 5 passi:
- Primo passo: prepara il terreno. Cosa rende il terreno incoltivabile? La rigidità. Tutto ciò che è rigido ci impedisce di fiorire. Ci sono tanti comportamenti, atteggiamenti che accrescono le nostre rigidità; ciò che possiamo chiederci è: perché non fiorisce la vita dentro di me? Cosa impedisce la vita dentro di me? Trova le tue rigidità! Rendere il terreno pronto vuol dire imparare ad essere recettivi e flessibili.
- Passo due: scegli cosa piantare. Spesso noi non pratichiamo questo verbo: il verbo scegliere. È la prima responsabilità che la vita ci mette davanti; noi giudichiamo e pensiamo di scegliere, ma giudicare non è piantare. Per poter scegliere è necessario impegnarci e mettere energia nel discernimento, vedere le cose per come sono. Da dove si parte? Dal chiedersi: che cosa mi fa bene? Spesso questo non coincide con quello che ci piace.
- Terzo passo: impara come coltivare il seme scelto. Abbiamo bisogno di conoscere cosa uccide il seme e cosa lo nutre e imparare a discernere.
- Quarto passo: cura terreno e seme. Curare vuol dire essere attenti ai nostri nemici interni ed esterni: pensieri intrusivi, le svalutazioni, la convinzioni limitanti, etc… Bisogna saperle tenere d’occhio. E per farlo possiamo chiederci: che cosa è che mina il mio progetto di benessere? Prendersi cura vuol dire anche saper mettere e mantenere i confini.
- Quinto passo: goditi la pianta e i frutti. Molto spesso abbiamo incapacità a godere del nostro benessere e non sappiamo provare piacere. Appena raggiungiamo un risultato, appena stiamo bene, la mente ci proietta in un prossimo obiettivo e temiamo lo stare nel piacere quasi come quanto lo stare nel dolore. Anche il benessere non ce lo sappiamo godere. Quali sono i frutti del benessere? Più sto bene e più ho possibilità relazionali con me e con gli altri. Quando il benessere fiorisce i frutti sono maggiori possibilità di scegliere, di donare, di prendere, di vivere pienamente la vita che siamo.Fri, 15 Jul 2022 - 223 - Episodio 222 - Come superare il senso di inferiorità
Come possiamo andare oltre il complesso di inferiorità?
Il senso di inferiorità è una sensazione molto forte, che, appunto, ci sentiamo addosso. Ci sono degli elementi da considerare che caratterizzano il complesso di inferiorità:
• Omologazione: è quel concetto secondo cui tutti dobbiamo essere uguali. Se c’è un modello condiviso da seguire, quando ci discostiamo dal modello di riferimento, ci sentiamo diversi e quella diversità la valutiamo come inferiorità. Spesso l’omologazione è anche su fattori interni.
• Standard idealizzati (falsi): abbiamo elevati termini di paragone; i social hanno contribuito a creare standard irraggiungibili perché inesistenti. Viviamo nella società dell’immagine che rimanda ciò che non è reale.
• Generalizzazioni: nascono dal desiderio di piacere a tutti. Se non piacciamo a qualcuno ci sentiamo inferiori. Nessuno può piacere a tutti, ma sembra che non ce ne rendiamo conto. E spesso quando non sappiamo fare qualcosa, la facciamo diventare chi siamo.
• Convinzioni di amabilità: sono quelle convinzioni nucleari e sono non consapevoli. Sono nel nostro inconscio. Riguardano tutte quelle condizioni che mettiamo al nostro essere amabili: sono amabile solo se…non valgo se…
• Perfezionismo: se abbiamo standard idealizzati, ci fissiamo obiettivi che sono sempre superiori e irraggiungibili, non li raggiungeremo mai e ci sentiremo inadeguati.
Molto spesso il senso di inferiorità genera il bisogno di dimostrare agli altri chi siamo, che valiamo. Quanto più ci sentiamo inferiori, tanto più sentiamo il bisogno di dimostrare.
Sentirsi inferiore è un frutto della mente, dei nostri condizionamenti.
Cosa fare per iniziare a superare il senso di inferiorità?
Il punto di partenza è l’amore di sé, che comprende alcune caratteristiche:
• Unicità: devo riconoscere quando la mia mente fa paragoni con l’altro e iniziare a comprendere che ognuno di noi è unico. E che è necessario curare la nostra unicità.
• Standard realistici: dobbiamo darci degli standard realistici e realizzabili.
• Differenze di capacità: occorre riconoscere che, quando ci paragoniamo all’altro, è più sano farlo evidenziando quali sono le nostre capacità e non sminuendoci.
• Accettazione: sono amabile come sono; accettare come siamo. Guardarsi con occhio amorevole, equo, che distingue e non giudica.
• Amare la mia perfetta umana imperfezione: sono imperfetto come essere umano e questo mi rende unico e perfetto proprio perché sono imperfetto. Se lo accetto mi accorgo che non ho nessuna immagine da difendere e posso sciogliere le rigidità e mostrarmi per come sono.Fri, 08 Jul 2022 - 222 - Episodio 221 - Chi sei oltre la maschera?
Cosa è una maschera?
Molto spesso abbiamo un’ idea della maschera errata: crediamo che la maschera sia la parte che volontariamente mente, la parte che finge. La maschera in realtà si manifesta ogni volta che ci identifichiamo con una nostra parte.
Sostanzialmente, abbiamo 3 parti principali. Utilizzando il linguaggio di Eva Pierrakos, ( qui la lezione del Sentiero https://www.bibliotecadelsentiero.org/lez-14-se-superiore-se-inferiore-e-maschera.html) le suddividiamo in:
• Sé superiore: è la parte più pura, evoluta e connessa al tutto e agli altri, è la nostra parte elevata, che aspira all’amore e ha in sè le qualità umane più alte;
• Sé inferiore: è l’ ego, quella parte condizionata, impaurita e traumatizzata, che desidera difendersi e avere potere sugli altri. L’ego sente che, se non ha potere, muore.
• Il sé maschera: il sé inferiore e il sé superiore entrano in conflitto, poiché da bambini capiamo che il nostro ego non è ben visto dagli altri e se ne seguiamo le tendenze resteremo soli. Presto impariamo che abbiamo delle tendenze egoiche ma dobbiamo ben nasconderle per stare con gli altri. Piuttosto che affrontarle le nascondiamo. Per nasconderle agli altri, le nascondiamo anche a noi stessi. Ciò che è inaccettabile per noi, lo mandiamo giù nell’inconscio, non lo vediamo e lo subiamo.
Creare una maschera vuol dire non confrontarsi con il proprio ego, con il proprio sé inferiore. Creiamo, in questo modo, una spaccatura tra ciò che sentiamo e ciò che facciamo.
La consapevolezza è la via di uscita. Nella consapevolezza, pensieri, emozioni e comportamenti tendono tutti dalla stessa parte. Sentiamo le nostre parti, le riconosciamo e non le neghiamo. E ci confrontiamo con esse.
Il vero test per comprendere se siamo nella maschera sono i sentimenti e le emozioni. È quello che proviamo, senza ingannarci. Capiamo che siamo nella maschera, nella falsità, quando non esprimiamo ciò che sentiamo, quando le emozioni sono diverse da quelle che esprime un gesto sincero. Il test è quello che sentiamo, non quello che pensiamo.
Non bisogna uccidere l’ego, ma integrarlo, vederlo e portarlo a coscienza. Vedere le nostre parti ci permette di conoscerle e di conoscerci.
Quando iniziamo a conoscere le nostre maschere, non possiamo più ignorarle, ma ci possiamo lavorare per accrescere la nostra consapevolezza. Le scopriamo per conoscerle, e così ci liberiamo da quelle maschere, iniziamo a darci permessi e ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni.
Seguite le emozioni negative e scoverete l’ego. Trovato l’ego, confrontatevi con esso e le maschere cadranno.Fri, 01 Jul 2022 - 221 - Episodio 220 - Come rendere il cambiamento efficace?
Il cambiamento ha alcune caratteristiche fondamentali che lo contraddistinguono:
• il cambiamento è inevitabile e continuo: la vita è cambiamento; se cristallizziamo il tempo, ci opponiamo alla vita. L’impermanenza è una delle leggi fondamentali della vita.
• Il cambiamento attiva resistenze: una parte di noi non è mai soddisfatta e vuole cambiare oppure vuole che le cose restino così come sono; quindi queste parti entreranno in conflitto, attivando delle resistenze al cambiamento.
• Il cambiamento è desiderato e temuto allo stesso momento.
• Il cambiamento attiva significati e convinzioni profonde: ci rapportiamo al cambiamento in modo razionale, ma in realtà ci sono in gioco molti significati e convinzioni inconsce e profonde: non scegliamo razionalmente.
In realtà il cambiamento avviene sempre, che noi ne siamo consapevoli o meno.
La paura del cambiamento è uno degli ostacoli più grandi al cambiamento.
Spesso ci opponiamo al cambiamento perché non abbiamo le idee chiare su cosa vogliamo e perché.
Quindi è necessario porsi delle domande per poter dare una direzione al cambiamento:
• Cosa vogliamo davvero?
• Perché lo vogliamo? Cosa ci spinge, qual è la motivazione?
• Quali effetti speriamo di ottenere?
• Cosa ci fa stare bene e cosa no?
Bisogna scrivere le risposte a queste domande, perché è scrivendo che emergono i conflitti interni e le incoerenze che abbiamo.Fri, 17 Jun 2022 - 220 - Episodio 219 - Come si fa a cambiare?
Come si fa a cambiare?
Quante volte ci siamo posti questa domanda!
Il cambiamento in noi avviene continuamente, che ne siamo consapevoli o meno.
Cosa vuol dire cambiare? Non si può dare una definizione univoca del cambiamento perché assume un significato specifico a seconda delle persone, un significato che cambia anche in base alle convinzioni di ognuno.
Prima di approfondire 4 passaggi perché si possa cambiare davvero, è necessario vedere alcune caratteristiche principali del cambiamento:
• il cambiamento è inevitabile e continuo: tutto ciò che è vivo, cambia costantemente;
• Ogni cambiamento attiva delle resistenze: non esiste cambiamento privo di resistenze;
• Il cambiamento è desiderato e temuto allo stesso tempo: anche quando lo desideriamo fortemente, c’è qualcosa del cambiamento che ci spaventa;
• Il cambiamento attiva significati e convinzioni profondi: si tratta di significati e convinzioni inconsci ed è proprio per questo che anche quando vogliamo cambiare, restiamo bloccati e non ci riusciamo.
Molto spesso commettiamo due errori con il cambiamento:
1) Il primo errore è spingere il cambiamento, forzarlo, costringerci al cambiamento, sulla spinta del dovere e della morale;
2) Il secondo errore è quello di attendere passivamente il cambiamento, aspettare che le cose cambino da sole.
Ma il cambiamento possiamo produrlo solo noi, gettando i semi perché accada e aspettando che fiorisca.
Ciò che possiamo fare è rimuovere gli ostacoli che impediscono il cambiamento. E possiamo iniziare partendo da una pratica: scrivendo su un foglio, completiamo le frasi seguendo i passaggi indicati nel video
• io non sono in grado di…
• io non so ancora….
• io posso imparare a…
• io voglio imparare a…
Questi passaggi sono necessari al cambiamento poiché ci consentono di passare dal vincolo e dal blocco che sentiamo e che ci impedisce il cambiamento alla possibilità che il cambiamento accada davvero.
In quale di questi passaggi hai trovato maggiore difficoltà?Fri, 03 Jun 2022 - 219 - Episodio 218 - Come si esce dalla dipendenza emotiva?
Come si esce dalla dipendenza emotiva?
La dipendenza emotiva rappresenta un grande ostacolo alla felicità, poiché ci impedisce di costruire delle relazioni intime, autentiche e adulte.
Quando siamo nella dipendenza emotiva la paura e la convinzione di non meritare la felicità
ci bloccano e siamo sempre più spaventati, confusi e dipendenti.
La dipendenza emotiva nasce da un bisogno di approvazione.
Si tratta di un bisogno di approvazione che si è creato nell’infanzia e che la nostra parte bambina porta avanti fino all’ età adulta. Cerchiamo, per soddisfare il bisogno, una fonte esterna sbagliata, credendo che l’altro possa risolvere i nostri bisogni. Però, nessuna fonte esterna può soddisfare il nostro bisogno. Proprio per questo iniziamo a forzare la nostra relazione. La relazione naturalmente avrebbe il suo corso, ma la persona dipendente vuole forzare la relazione. Quando forziamo la relazione non lasciamo andare la relazione come dovrebbe andare ma iniziamo a pretendere che deve andare come vogliamo noi. E tutto questo si traduce nell’espressione: tu mi devi amare. E lo pretendiamo in tanti modi diversi. Ma più forziamo, più l’altro se ne va. Siamo condizionati dall’immagine che ci siamo costruiti della relazione….il nostro inconscio si aspetta che sia l’altro a renderci felici.
Ma nessuno ci può rendere felici…solo noi possiamo occuparcene.
Il primo passo è riconoscere la nostra dipendenza e dare spazio alla parte bambina e ai suoi bisogni.
La dipendenza emotiva può metterci in contatto con noi stessi, mostra le carenze e le pretese del nostro bambino. Ogni dipendenza indica che c’è una ferita, un area di miglioramento, da cui possiamo partire per lavorare su noi stessi.
E man mano che ci avviciniamo a noi stessi, non abbiamo bisogno di dipendere da nessun altro.Fri, 27 May 2022 - 218 - Episodio 217- Dipendenza emotiva: ostacolo alla felicità
Cosa vuol dire dipendenza emotiva?
In che modo ostacola la nostra felicità?
La dipendenza emotiva ci procura una grande sofferenza.
Per poter capire la dipendenza bisogna partire da un punto: la dipendenza emotiva nasce da un conflitto interno, da due forze che tirano in due direzioni opposte. Queste forze appartengono entrambe a noi, ma noi non siamo uno, con un'unica volontà, un'unica direzione, ma siamo fatti di diverse parti.
Abbiamo, innanzitutto, una parte bambina e una adulta. La parte bambina è dipendente, impotente e centrata sul voglio: il bambino dipende dai genitori, da chi si occupa di lui, per il cibo, la protezione, per il piacere e per la sopravvivenza in generale. Ha bisogno di ricevere, più che di dare.
L’adulto, invece, è interdipendente, responsabile e ha un equilibrio tra il dare e il ricevere, riesce a comunicare in modo assertivo; siamo tanto più adulti quanto più in una relazione abbiamo equilibrio, riusciamo a stabilire e mantenere confini, siamo in grado di scambiare e sappiamo cedere, essere flessibili, quando necessario.
Quando siamo nella parte bambina abbiamo una serie di convinzioni, alcune delle quali sono limitanti. Una delle convinzioni più forti che la parte bambina sostiene è “io non posso da solo”. Se questa convinzione è fondata per il bambino, poiché dipende davvero dall’altro, non lo è per l’adulto.
Questa potentissima convinzione dà vita al meccanismo della dipendenza emotiva. Vediamone i passaggi fondamentali.
*Se non posso da solo, allora cerco una fonte esterna (sbagliata) che mi dia quello che non riesco a procurarmi da solo, ma la fonte esterna non può soddisfare il mio bisogno.
*Per questo motivo sperimenterò un bisogno insoddisfatto e questo diventerà sempre più urgente: avrò la necessità sempre più impellente di risolvere e soddisfare il mio bisogno, quindi inizierò ad utilizzare la compiacenza per raggiungere il mio scopo.
*Inizio a perdere di vista me stesso, inizio a dire sempre si, tradisco me stesso e confermo la convinzione che da solo non posso e non riesco a farcela. La parte bambina è disperata e cerca speranza nel fatto che sia l’altro a soddisfare i bisogni e cresce la compiacenza.
*Questo significa che inizio a forzare la relazione. Ci sono diversi modi per forzare la relazione; ognuno trova un modo per poterlo fare: resistenza passiva (sto là, resisto ma non mi arrabbio), dispetti, mi raffreddo, intimidazione, rifiuto di cooperare, aggressione….sono tutte modalità di comunicazione violenta. Tutte queste modalità hanno un unico obiettivo: l’altro deve darmi ciò di cui io ho bisogno.
*Ma se io forzo, l’altro scappa.
*Se l’altro scappa io provo rabbia verso l’altro che non soddisfa il mio bisogno e nasce in me un desiderio di vendetta: il conflitto diventa sempre più grande e io comincio ad entrare in un meccanismo di odio-amore; ti odio perché non soddisfi i miei bisogni, ma non riesco a fare a meno della tua approvazione.
*Quindi mi sento in colpa perché provo sentimenti negativi e mi sto svalutando, e sento confusione perché non so più se ho diritto all’amore, al piacere, non so se merito di ricevere ciò che desidero.
*Quindi aumenta il dubbio e la confusione dentro di noi, ma più aumenta il dubbio, più sentiamo di aver bisogno di conferme esterne, che ricerchiamo nella fonte sbagliata. E questo ci toglie tanta energia e ci provoca enorme sofferenza.
Che fare per uscirne?
Innanzitutto occorre aprire gli occhi, accorgerci della dipendenza emotiva. Quindi renderci conto del fatto che la fonte giusta per soddisfare i nostri bisogni è dentro noi stessi. Questo non vuol dire non stare in relazione. Ma solo se ci curiamo di noi, se ci occupiamo anche delle nostre parti bambine, riusciamo ad avere relazioni adulte e sane.Fri, 20 May 2022 - 217 - Episodio 216 - Gestire le dipendenze (domande e risposte)
Ognuno di noi in qualche misura ha le proprie dipendenze.
E' fondamentale imparare a gestirle per poter modificare i nostri comportamenti dipendenti.
Cosa possiamo fare per gestire le dipendenze?
Per poter gestire le dipendenze è necessario imparare a conoscere alcune caratteristiche fondamentali.
La prima di queste caratteristiche è che la dipendenza ci porta a mentire a noi stessi e agli altri: cerchiamo tante scuse diverse per non riconoscere che siamo in una trappola e cerchiamo scuse per giustificare noi stessi e la nostra dipendenza. Se destrutturiamo queste menzogne, possiamo cercare altre soluzioni per poter uscire dalla dipendenza.
La dipendenza inoltre ha un’altra caratteristica importante da tenere in considerazione: promette di risolvere il problema che essa stessa crea. Prima di essere dipendenti vivevamo senza la dipendenza e la trappola della dipendenza ci fa credere proprio il contrario, ovvero risolvere il problema/malessere che crea. La via d’uscita non è assolutamente continuare con quella esperienza, ma vedere la trappola.
Come si vince l’astinenza?
1) Uno degli strumenti che spesso usiamo è la forza di volontà: ma con la forza di volontà si regge fino ad un certo punto e poi si regredisce. Non se ne esce con la forza di volontà proprio perché è una dipendenza.
2) Una via d’uscita potrebbe essere il non concentrarsi e non far concentrare sugli effetti negativi. Se proviamo a guardare ed esasperare gli effetti negativi, si alzano le difese, sminuendo i reali pericoli e minimizzando.
Il nucleo sta proprio nel comprendere come funziona la trappola, riconoscendola e vedendo che non ci sono effetti positivi nella dipendenza. Lo sappiamo che ci fa male, c’è il conflitto dentro di noi e lo sentiamo e viviamo. Il craving sarà gestibile se gli diamo il volto che ha: vediamo chiaramente che questa dipendenza ci sta rovinando la vita, non ci da effetti positivi, così da non desiderare più quella cosa, abbandonando l’ illusione che ci sia un lato positivo che crea la sensazione di mancanza. Per superarle si deve affrontare il craving.
Quando vediamo la trappola, possiamo lavorarci per poter uscire dalle dipendenze. I passaggi sono sostanzialmente i seguenti:
*acquisire la consapevolezza di trovarsi in una dipendenza
*decidere di uscirne
*Allenarsi a tornare presenti ( non stare nel turbinio della mente-osservare i pensieri)
*Estrarre le convinzioni limitanti senza giudizio.Fri, 13 May 2022 - 216 - Episodio 215 - Uscire dalle dipendenze con la presenza. Con Fabrizio Giuliani.
Come uscire dalle dipendenze? Come si può allenare la presenza per superare una dipendenza?
Allenare la presenza è necessario per poter gestire al meglio il craving, ovvero il desiderio, che si crea rispetto all’oggetto della dipendenza. Riuscire ad essere presente non significa non avere più desiderio, ma vuol dire non reagire al craving.
Come facciamo ad essere presenti nel craving?
Innanzitutto occorre comprendere che le nostre emozioni, i nostri stati mentali, sono impermanenti e impersonali per loro natura: questo significa che sono passeggeri, che hanno un inizio e una fine. Se non ne siamo consapevoli, però, se non siamo allenati alla presenza, non vediamo l’inizio e la fine di questi stati mentali e ci identifichiamo con essi e con la storia che la mente ci racconta rispetto a questi nostri stati mentali. Se non siamo consapevoli della loro impermanenza, questa storia diventa onnipresente e provocherà in noi emozioni spiacevoli, che avranno effetto sul corpo e che continueranno ad alimentare la storia e si crea un circolo vizioso di pensieri ed emozioni.
Per poter essere presenti è necessario dunque allenare la consapevolezza. In questo modo possiamo iniziare ad agire invece di reagire.
Ognuno di noi ha le proprie dipendenze. Alla base della dipendenza c’è la brama, il desiderio. Nel momento in cui c’è desiderio e ignoranza rispetto agli effetti che questo produce, ecco che proviamo sofferenza.
Cosa fare? Non bisogna distruggere il desiderio, ma vedere come si comporta la mente quando è posta difronte ad una cosa da cui è attratta. E Imparare a decidere. Poiché più cerchiamo di bloccare qualcosa più gli diamo forza. Se quando succede ne siamo consapevoli, non ne siamo più schiavi, perché siamo in ascolto di quello che succede. Non possiamo bloccare la brama. Ma se riusciamo a vederla possiamo scegliere. Lo vediamo e agiamo di conseguenza. Con la consapevolezza e la concentrazione cominciamo a vedere la vera natura delle cose e nell’esperire le cose cominciamo ad avere la saggezza.
Altre due qualità che è necessario sviluppare sono la pazienza e la compassione verso noi stessi: non dobbiamo giudicarci e pretendere di risolvere la nostra dipendenza o le nostre sofferenze in breve tempo.
E tu, come gestisci la tua dipendenza?Fri, 06 May 2022 - 215 - Episodio 214 - Uscire dalle dipendenze: come fare?
Ognuno di noi ha le proprie piccole dipendenze. Ma perché è così importante lavorarci su?
Poiché cambiando la comprensione che abbiamo dei nostri fenomeni interni, di come funzionano alcuni meccanismi interni, possiamo cambiare i nostri comportamenti.
Liberarsi dalle dipendenze vuol dire liberarsi da qualcosa che ci ruba la vita. Vuol dire iniziare a lavorare sul come ci procuriamo il nostro malessere. La dipendenza è una struttura di pensiero che si basa sul sistema della gratificazione.
Il sistema della gratificazione regola il piacere e permette al nostro cervello di apprendere nello specifico qualcosa di evolutivo per poterlo ripetere. Provando piacere, non fine a se stesso, ma finalizzato a registrare ciò che ci porta all’esperienza, c’è un apprendimento che motiva a ripetere l’esperienza.
Quando c’è una dipendenza questo sistema viene alterato in maniera artificiale. Quando il sistema è naturale, lo schema è provo piacere - lo voglio; quando il sistema è dipendente, lo voglio, ma non c’è piacere, che viene sostituito dal craving, dal desiderio smodato. A forza di provare quel tipo di piacere, si crea tolleranza e quindi avrò bisogno di più per avere lo stesso piacere. E allo stesso tempo proviamo meno piacere nelle attività che facciamo normalmente. Nella dipendenza l’oggetto da cui siamo dipendenti diventa l’unica fonte di piacere.
L’obiettivo è riequilibrare la chimica del cervello. Come possiamo ritornare all’equilibrio?
Per riequilibrarsi innanzitutto ci vuole il riconoscimento di quello che sta succedendo. È un processo, un percorso. Poi bisogna decidere di uscirne e ci vuole la volontà di farlo; il passo successivo è allenarsi al presente e a staccarsi dai propri pensieri; il passo seguente è trovare ed estrarre le proprie convinzioni; infine indagare le proprie convinzioni. Uno degli aspetti fondamentali per poter uscire dalle dipendenze è avere una rete sociale: la condivisione è fondamentale.
Qual è la tua dipendenza?Fri, 29 Apr 2022 - 214 - Episodio 213 - Libertà da automatismi e dipendenza
Ognuno di noi ha le proprie dipendenze. Ma come funziona la dipendenza?
La dipendenza ha una struttura ben precisa ed è legata al circuito della gratificazione: abbiamo una parte del nostro cervello che gestisce la gratificazione, la ricompensa, per certi comportamenti in modo da promuoverli. Questa parte dà un rinforzo al piacere. La finalità più intrinseca è la conservazione della specie. Abbiamo però anche un’altra parte del cervello, la corteccia prefrontale, più evoluta, che è preposta alla valutazione e previsione delle conseguenze, una specie di supervisore.
Il terzo elemento della struttura psichica della dipendenza a cui prestare attenzione è il craving, ovvero il desiderio smodato irresistibile di una esperienza, che leghiamo ad una sostanza, ad un comportamento, ad una persona. Il craving si gestisce imparando a riattivare la coscienza.
In particolare, quando parliamo di dipendenze si attiva in modo più forte il circuito della gratificazione/piacere e si abbassa l’attivazione della valutazione: so che qualcosa che mi farà male ma non riesco a non farla e non riesco a valutare correttamente se ci sono eventuali rischi nel farlo, né a gestire il craving.
Ma come fa il piacere a superare il controllo del supervisore? Lo fa attraverso delle convinzioni che diventano inconsce e bypassano il livello della coscienza.
Come possiamo uscire da una dipendenza? Ecco alcuni passi che ci possono aiutare ad uscire dalla dipendenza:
• Decisione: non si esce da una dipendenza se non si vuole farlo. Se non c’è la volontà di farlo, un preciso atto di volontà, non si può uscire dalla dipendenza.
• Allenarsi al presente: creare una nuova abitudine che ci riporti nel presente.
• Estrarre le convinzioni (senza giudizio): trovare il pensiero che c’è dietro l’azione che abbiamo compiuto spinti dal piacere/gratificazione. Non si può fare se sprechiamo la nostra energia nel giudizio. È necessario scrivere le nostre convinzioni per poterci lavorare.
• Indagare le convinzioni: una volta estratte le convinzioni, possiamo farci questa domanda: questa convinzione, questo pensiero, è vero? Bisogna, sempre sospendendo il giudizio, semplicemente indagare le nostre convinzioni per potare a coscienza le cose inconsce e poterci finalmente lavorare consapevolmente.Fri, 22 Apr 2022 - 213 - Episodio 212 - Cosa ruba la nostra energia? (seconda parte)
Cosa ruba la nostra energia? (seconda parte)
Continuiamo a parlare di cosa ci toglie energia.
Cosa è che ci toglie maggiormente energia nella relazioni con gli altri?
La prima cosa che ci toglie energia è la lamentela. La lamentela è uno stile di pensiero pericoloso e fortemente distruttivo. Infatti, il circuito della lamentela indebolisce noi e l’altro, creando conflitto. Finché non impariamo a gestire la lamentela, rischiamo di restarne schiacciati. La lamentela è spesso un chiedere, in modo indiretto, senza prendersi la responsabilità di ciò di cui abbiamo bisogno. Chi si lamenta, esprime che qualcosa va male, vuole una soluzione, ma non si attiva per cercarla e boccia tutte le soluzioni proposte dall’altro. Il vantaggio più grande che ne ricava è proprio la deresponsabilizzazione. Però nella lamentela tutte le persone coinvolte si sentono totalmente impotenti, perché non c’è la soluzione al problema.
Cosa possiamo fare concretamente quando siamo davanti alla lamentela? Possiamo abbandonare la relazione in quel momento, o allontanandoci dal lamentoso, oppure entrando in un dialogo interno per non dare corda alla lamentela. Possiamo, inoltre, chiedere in che modo aiutare l’altro in quello specifico bisogno. In questo modo spezziamo la lamentela e la persona si renderà conto che non ci sta facendo una richiesta concreta.
A differenza dello sfogo, che ha un fine-quello di condividere per stare meglio- e ha una fine-termina nel momento in cui finisce la condivisione-, la lamentela non ha né un fine, né una fine, poiché dietro la lamentela c’è un’incapacità di esprimere il proprio bisogno.
Oltre la lamentela, vi sono altri due virus che ci tolgono energia: la pretesa e l’accusa. Insieme alla lamentela, questi due comportamenti contribuiscono a scaricare esclusivamente sull’altro la responsabilità della relazione.
Un altro comportamento che ci toglie energia nella relazione con l’altro è l’incapacità a mettere confini. Non riuscendo a mettere confini ci sentiremo invasi e sentiremo di doverci difendere e ci allontaneremo dall’amore.
Cosa fare quindi?
Riconoscere le proprie lamentele, pretese e accuse e allargare la lista delle possibilità di azione in ogni situazione.Fri, 15 Apr 2022
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